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Dio Sempre Ti Vede


Un Nuovo Ordine Mondiale “Soprattutto Spirituale”

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L' Acta Apostolicae Sedis(la gazzetta ufficiale della Santa Sede e della Città del Vaticano.) del febbraio 2007 contiene il seguente passo di lode al Nuovo Ordine Mondiale con annessa teocrazia globale (la chiamano nuovo ordine mondiale spirituale):





"In verità, tutto il Concilio Vaticano II fu mosso dall'anelito di annunciare all'umanità contemporanea Cristo, luce del mondo. Nel cuore della Chiesa, a partire dal vertice della sua gerarchia, emerse impellente, suscitato dallo Spirito Santo, il desiderio di una nuova epifania di Cristo al mondo, un mondo che l'epoca moderna aveva profondamente trasformato e che per la prima volta nella storia si trovava di fronte alla sfida di una civiltà globale, dove il centro non poteva più essere l'Europa e nemmeno quelli che chiamano l'Occidente e il Nord del mondo. Emergeva l'esigenza di elaborare un nuovo ordine mondiale politico ed economico, ma al tempo stesso soprattutto spirituale e culturale, cioè un rinnovato umanesimo. Con crescente evidenza si imponeva questa constatazione. Un nuovo ordine mondiale economico e politico non funziona se non c'è un rinnovamento spirituale, se non possiamo avvicinarci di nuovo a Dio e trovare Dio in mezzo a noi.Già prima del Concilio Vaticano II, coscienze illuminate di pensatori cristiani avevano intuito ed affrontato questa sfida epocale. Ebbene, all'inizio del terzo millennio ci troviamo nel vivo di questa fase della storia umana, che è stata ormai tematizzata intorno alla parola “globalizzazione”."

pag. 61-62





Nonostante si parli di "umanesimo", il fatto che l'aspirazione sia "trovare Dio in mezzo a noi" ci toglie ogni dubbio sul fatto che il "nuovo ordine" che vuole il Vaticano non sia molto diverso da un regime teocratico.
Sulla nuova teocrazia globale ecumenica in via di formazione si veda anche il nostro Il Nuovo Ordine Religioso Mondiale.

Sull'espansione del cattolicesimo del futuro oltre i paesi occidentali, si veda il nostro Il Gesuitico Joe Biden vuole un Nuovo Ordine Mondiale.

Nell'elaborare tali documenti, le alte gerarchie vaticane si saranno sicuramente chieste come arrivare ad un "rinnovamento spirituale", all'interno di una "civiltà globale".

La nota sopra il Vaticano la scrisse nel 2007, cioè prima della grande crisi economica del 2008-2013.

Che la crisi economica fabbricata a tavolino sia intesa come un mezzo per un rinnovato fanatismo spirituale, cioè per una Nuova Teocrazia, non siamo noi i soli ad ipotizzarlo, ma è addirittura il banchiere ed economista cattolico Ettore Gotti Tedeschi, l'ex capo dello IOR, a spiegarcelo; in un'intervista a Il Sussidiario.net del 13 marzo 2013, dal titolo Gotti Tedeschi: un nuovo "ordine mondiale" può salvarci dalla crisi, egli afferma che vi sono due soluzioni alla crisi attuale: la prima soluzione, secondo il banchiere, è quella di ristabilire gli equilibri naturali dell'economia secondo le sue leggi; mentre:

Il miracolato Ettore Gotti Tedeschi


"La seconda soluzione è miracolistica e piacerà a padre Livio Fanzaga (direttore Radio Maria, ndr). Proverò a descriverla per fasi susseguenti. La crisi economica in Occidente provoca maggior sobrietà negli stili di vita. La paura per la perdita del lavoro e per la povertà porta le persone a cercare il senso della vita. Miracolosamente sono in ciò aiutate da preti che son tornati a insegnar dottrina e studiare le Encicliche dei Papi, il Magistero della Chiesa, e trovano nuovo vigore per insegnarlo, i seminari si riempiono e si torna a studiare il Tomismo. Si recupera il senso della vita e si comprende la natura e la dignità dell'uomo che per stare in equilibrio si deve sì soddisfare materialmente, ma anche intellettualmente e spiritualmente. Si torna a investire in Università e conoscenza anziché in supermercati. Si sviluppa più collaborazione all'interno delle nazioni e fra le nazioni.”



E tutto questo cosa ci dice?



Si capisce che se i mezzi si gestiscono senza fini sono destinati a non funzionare. La crisi, in pratica, è servita a salvare l'uomo. La prima soluzione, che presuppone una durata lunga, è determinata dalle leggi di mercato. La seconda, che è più duratura nel tempo, vede l'intervento provvidenziale che salva il mondo agendo sugli uomini anziché sugli strumenti. Benedetto XVI aveva visto giusto e bene. E la Madonna di Medjugorie aveva ragione...”



Domanda: Il nostro banchiere cattolico Gotti Tedeschi, che è stato, dal 2009 al 2012, a capo dello IOR, cioè, ricordiamolo, a capo di una delle banche più potenti, antidemocratiche e funeste del globo, e ha ricoperto diversi altri incarichi di alto livello nel mondo bancario e finanziario, ha forse dato una mano, dalla sua posizione di potere, affinché questa sua "idilliaca" visione si avverasse? Il suo rimarcare che la crisi è servita a “salvare l'uomo” non sembrerebbe dare adito a dubbi che, per Gotti Tedeschi, se questa crisi non ci fosse stata, avrebbero dovuto inventarla. Sul fatto che la crisi abbia salvato l'uomo, non possiamo che rimarcare la catena di suicidi che ogni giorno ha scosso, e scuote, i paesi più duramente colpiti, cominciando dalla Grecia:



(ANSA) - ATENE, 14 MAG - La crisi finanziaria greca sarebbe all'origine di una vera e propria ondata di suicidi registrata in tutto il Paese. Gli ultimi due a togliersi la vita: il proprietario di una panetteria ad Atene che si e' impiccato nel suo negozio e un meccanico della capitale che si e' sparato un colpo di fucile. Suicidi sono segnalati in diverse parti del Paese, a Creta, Trikala, Salonicco, Veria e Serres.

Aumentate del 70% le chiamate ai centri di assistenza psichiatrica."



Anche in Italia ogni giorno siamo testimoni di persone che si suicidano per la difficoltà di tirare avanti:




“Moglie e marito suicidi per la crisi, E il fratello di lei si getta in mare.



La tragedia a Civitanova Marche. Lui, 62 anni, era esodato. Lei, 68, prendeva 400-500 euro di pensione. “Non avevano più i soldi per l’affitto” A poche ore dalla morte della coppia anche il parente si toglie la vita"

fonte: La Stampa



"Imprenditori, specie di piccole e medie aziende, ditte a volte a carattere famigliare, che si suicidano. Un fatto nuovo, grave, preoccupante. Tragico. L’area geografica maggiormente colpita dal fenomeno è il Nord con 39 casi dal gennaio 2013, oltre il 40% dei suicidi censiti in Italia fino a metà marzo; di questi, ben 27 sono stati registrati nel solo Nord Est, cioè il 30% del totale nazionale. In questa (tragica) classifica seguono il Centro con il 25,8% degli episodi, le isole con il 15,7% e il sud con il 14,6%."




Se per Gotti Tedeschi "salvare l'uomo" significa mandarlo anzitempo in paradiso (o all'inferno, perchè il suicidio nel cattolicesimo è un grave peccato mortale), siamo certi che la crisi economica, così lodata dal nostro banchiere, ha avuto i suoi benefici effetti.

Interessante poi la sua affermazione che la crisi ci porterebbe ad investire in Università anziché in supermercati; a parte il fatto che i soldi, adesso, non li abbiamo né per l'una né per gli altri, dobbiamo amaramente constatare che i molti padri di famiglia che negli anni passati avevano fatto grandi sacrifici per far laureare il proprio figlio affinché trovasse un impiego che gli permettesse di esplicare al meglio le proprie capacità e nel contempo gli desse da vivere, adesso si trovano a mantenere un disoccupato di 30-40 anni con master e specializzazione, ma senza uno straccio di lavoro e senza alcuna prospettiva per il futuro, se non quella di dipendere ancora dal genitore e dalla sua sempre più magra pensione. Questa prospettiva, ne siamo certi, non spingerà certo i molti ad iscriversi ai corsi di laurea, soprattutto i figli di gente povera; e l'alta formazione ritornerà solo ad appannaggio delle classi ricche. Che l'uomo così spogliato e depredato del suo intelletto e della sua ricchezza, ritorni tra le braccia dei preti, e veda in loro dei salvatori, purtroppo, è un evento altamente probabile; in ciò Gotti Tedeschi ha pienamente ragione: ma questo è il loro obbiettivo! Questa è la “Nuova Evangelizzazione” con annessa “Autorità Mondiale” tanto sbandierata nei documenti papali, come nel Discorso Del Santo Padre Benedetto Xvi Ai Partecipanti Alla Plenaria Del Pontificio Consiglio Della Giustizia E Della Pacedel 3 dicembre 2012:



"Da una nuova evangelizzazione del sociale possono derivare un nuovo umanesimo e un rinnovato impegno culturale e progettuale. Essa aiuta a detronizzare gli idoli moderni, a sostituire l’individualismo, il consumismo materialista e la tecnocrazia, con la cultura della fraternità e della gratuità, dell’amore solidale. [...] Il beato Papa Giovanni XXIII ha motivato l’impegno per la costruzione di una comunità mondiale, con una corrispondente autorità, proprio muovendo dall’amore, e precisamente dall’amore per il bene comune della famiglia umana. Così leggiamo nella Pacem in terris: «Esiste un rapporto intrinseco fra i contenuti storici del bene comune da una parte e la configurazione dei Poteri pubblicidall’altra. L’ordine morale, cioè, come esige l’autorità pubblica nella convivenza per l’attuazione del bene comune, di conseguenza esige pure che l’autorità a tale scopo sia efficiente»



Come abbiamo già detto in un precedente articolo, la crisi non è servita a salvare l'uomo, ma a riconfigurarlo come suddito del potere temporale dell'azienda più ricca del mondo, la Vaticano & Gesuiti S.p.a.:



“La classe nobiliare ha valutato che lo stesso capitalismo (più o meno un regime oligopolistico di mercato dove le grosse aziende erano sempre in mano ad un'élite) è un regime che dev'essere superato; perché questo capitalismo, pur con tutte le sue imperfezioni e schiavitù, avrebbe a lungo andare creato un certo benessere diffuso, una classe media potente (lobby che avrebbe insidiato la nobiltà) e un barlume di democrazia partecipativa; tutti fattori che la nobiltà non voleva certo si sviluppassero nella società da essa controllata; tutti questi fattori erano una minaccia al potere secolare della nobiltà."

Nella povertà materiale e intellettuale gli uomini tornano invece a cercare i preti:

La Chiesa potrà quindi dedicarsi alla sua elemosina per i poveri con rinnovato fervore, facendoci cadere dall'alto della sua mano sinistra i beni per sopravvivere che ci avrà prima sequestrato con quella destra; la vera essenza dell'opera pia."


"In tal senso possiamo tranquillamente supporre che la crisi economica sia una benedizione per la Chiesa, perchè gli uomini "secolarizzati" ridotti alla fame, per mezzo degli aiuti della Caritas, ritornano a Dio, cioè nelle grinfie dei tentacoli Vaticani, che, sulle macerie dello stato sociale, spicca fra tutti per la carità effettuata con le tasche degli altri; ma attenzione, solo una minima parte dei soldi incassati serve a svolgere le attività assistenzialivaticane; ad esempio, per quanto riguarda l'otto per mille, secondol'Espresso del 16 maggio 2012, "la Chiesa ne spende solo un quinto in opere di carità: il grosso finisce per costruire parrocchie e stipendiare i sacerdoti"."

Il Nuovo Medioevo sta arrivando.

p.s. 
Ancora scandali dallo Stato più corrotto del mondo che vorrebbe imporre a noi tutti "un'autorità pubblica mondiale 'super partes' dotata di poteri necessari".

28 Giugno 2013
Ultime notizie sullo IOR:

da Il Secolo XIX

Ior, arrestato prelato e un funzionario 007

Roma - Un alto prelato, un funzionario dei Servizi segreti ed un broker finanziario sono stati arrestati nell’ ambito di un filone di indagine sullo Ior in corso alla procura della Repubblica di Roma. Le accuse sono di corruzione e truffa. L’indagine - è stato ribadito - nasce come filone autonomo della più ampia inchiesta sullo Ior.
Non si conoscono, per ora, i fatti specifici addebitati ai tre arrestati. I provvedimenti, dopo le indagini svolte dal nucleo valutario della Gdf, sono stati chiesti dalla procura di Roma. Le richieste sono state accolte dal gip della capitale, Barbara Callari.
Tra gli arrestati c’è monsignor Nunzio Scarano, responsabile del servizio di contabilità analitica dell’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica (Apsa), l’organismo che gestisce i beni della Santa Sede. Scarano, tra l’altro, è coinvolto a Salerno in un’altra indagine per ricettazione. Le altre due persone arrestate sono l’agente dell’Aisi Maria Zito e il broker Giovanni Carenzio.
Tra i reati contestati, oltre alla truffa ed alla corruzione anche la calunnia. La vicenda giudiziaria ruota intorno ad un accordo tra Scarano e Zito finalizzata a far rientrare dalla Svizzera 20 milioni cash di proprietà di alcuni amici del monsignore a bordo di un jet privato. Per questo «servizio», Zito avrebbe ricevuto 400 mila euro.


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"Chiesa Povera":Ior, arrestato prelato e un funzionario 007

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Ancora scandali dalla Città del Vaticato, lo Stato più corrotto del mondo, che vorrebbe imporre a noi tutti "un'autorità pubblica mondiale 'super partes' dotata di poteri necessari".


 
28 Giugno 2013Ultime notizie sullo IOR: da Il Secolo XIX

Ior, arrestato prelato e un funzionario 007

Roma - Un alto prelato, un funzionario dei Servizi segreti ed un broker finanziario sono stati arrestati nell’ ambito di un filone di indagine sullo Ior in corso alla procura della Repubblica di Roma. Le accuse sono di corruzione e truffa. L’indagine - è stato ribadito - nasce come filone autonomo della più ampia inchiesta sullo Ior.
Non si conoscono, per ora, i fatti specifici addebitati ai tre arrestati. I provvedimenti, dopo le indagini svolte dal nucleo valutario della Gdf, sono stati chiesti dalla procura di Roma. Le richieste sono state accolte dal gip della capitale, Barbara Callari.
Tra gli arrestati c’è monsignor Nunzio Scarano, responsabile del servizio di contabilità analitica dell’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica (Apsa), l’organismo che gestisce i beni della Santa Sede. Scarano, tra l’altro, è coinvolto a Salerno in un’altra indagine per ricettazione. Le altre due persone arrestate sono l’agente dell’Aisi Maria Zito e il broker Giovanni Carenzio.
Tra i reati contestati, oltre alla truffa ed alla corruzione anche la calunnia. La vicenda giudiziaria ruota intorno ad un accordo tra Scarano e Zito finalizzata a far rientrare dalla Svizzera 20 milioni cash di proprietà di alcuni amici del monsignore a bordo di un jet privato. Per questo «servizio», Zito avrebbe ricevuto 400 mila euro.
Ecco la "Chiesa povera" di Bergoglio!

 "Sono passati 100 giorni dalla sua elezione, ma la rivoluzione che tanti avevano pronosticato con l'elezione di papa Francesco non si è ancora avverata. Perché i problemi che c'erano sono rimasti sul tappeto, e per il momento non sembrano avere soluzione. Per di più, i tentativi di soluzione che il papa venuto “dalla fine del mondo” ha prospettato non sembrano adeguati. [...]  Quello che lascia perplessi non pochi in Vaticano è che, al di là di gesti indicati come rivoluzionari (le scarpe nere già portate da Wojtyla, la scelta di andare a vivere a Santa Marta, l'essere fuori dai giri di Curia, la croce di semplice ferro), in questi 100 giorni ben poco sembra essere cambiato rispetto al papato di Benedetto." fonte

Sappiamo che per il Vaticano contano più le campagne di marketing da dare in pasto all'opinione pubblica, piuttosto che i fatti concreti. La Santa Sede, cioè l'agenzia di spettacolo più grande del mondo, funziona proprio così.
D'altronde lo stesso ricoperto d'oro dalla testa ai piedi Benedetto XVI aveva detto che i soldi "sono niente, e tutte queste cose, che sembrano vere, in realtà sono di secondo ordine"....
Con quale superiorità morale codesti personaggi vorrebbero imporre a noi tutti un "un nuovo ordine mondiale politico ed economico, ma al tempo stesso soprattutto spirituale"?

Chi è monsignor Nunzio Scarano?
"Salerno - Sacerdote dal 1987, monsignor Nunzio Scarano prima di prendere i voti è stato funzionario di banca. Nei primi giorni di giugno è stato iscritto nel registro degli indagati della Procura della Repubblica di Salerno con l’accusa di riciclaggio in un’inchiesta su presunte donazioni, ritenute fittizie dall’accusa.
Secondo l’ipotesi investigativa, in realtà queste donazioni sarebbero servite a mascherare un maxi riciclaggio di denaro, che ruotava proprio intorno alla figura di Scarano. Il prelato - sempre secondo l’ipotesi investigativa - avrebbe contattato alcune decine di persone (56 gli indagati tra Salerno e provincia) e avrebbe chiesto a ognuno di loro la compilazione di un assegno circolare da 10mila euro, spiegando di dover ripianare i debiti di una società immobiliare titolare di alcune case nel centro di Salerno.
Quegli assegni, però, sarebbero stati solo una partita di giro, perché al momento della consegna i «donatori» avrebbero trovato sul tavolo l’equivalente in contanti, per risarcirli in toto dell’esborso. Monsignor Scarano, sospeso cautelativamente dal Vaticano dal suo incarico nei giorni scorsi, ha sempre negato ogni addebito. Nell’inchiesta della Procura di Salerno Mons. Scarano è difeso dall’avvocato Silverio Sica" Fonte: ll Secolo XIX 

L'Inganno di Don Villa e dei sedevacantisti, il nazismo e l'antisemitismo della Chiesa e i suoi legami occulti con la massoneria

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«Mi è stato rimproverato il modo in cui tratto la questione ebraica. Per 1500 anni la Chiesa cattolica ha considerato gli ebrei come esseri nocivi [Schadlinge], li ha confinati nel ghetto ecc., perché si sa cosa sono gli ebrei. Nell’età del liberalismo non si è più visto questo pericolo. Io non metto la razza al di sopra della religione, ma vedo come elementi nocivi per lo Stato e per la Chiesa gli esponenti di questa razza, e forse sto rendendo alla cristianità il più grande servizio”

Adolf Hitler


Dal punto di vista storico è molto interessante riscontrare una certa analogia tra la vecchia propaganda cattolico-nazista anti ebraica, il cui tragico esito fu, nel secolo passato, la seconda guerra mondiale, e la nuova propaganda portata avanti oggi da molti illustri siti “complottisti” cattolici, i quali, appresso alla denuncia del Nuovo Ordine Mondiale, non fanno altro che diffondere il millenario odio razzista e antisemita della Chiesa Cattolica.

Questi ultrafanatici, che a volte si definiscono sedevacantisti,e trovano spesso nell'antisemita Don Luigi Villa il loro faro di verità, affermano che Paolo VI e il Concilio Vaticano II tradirono e pervertirono la missione della Chiesa, perché questi non furono altro che l'espressione del potere dei massoni e degli ebrei, il cui obiettivo era la distruzione del cattolicesimo. Questi sedevacantisti vorrebbero pertanto ritornare al periodo "d'oro" del Cattolicesimo preconciliare, quando il papato era sinonimo di inquisizione, persecuzione degli ebrei, crociate, abusi sessuali, torture, smania di potere e violenze di ogni tipo nei confronti di tutti gli eretici e dell'intera razza umana [non che il papato sia cambiato di molto nei tempi moderni dopo il Concilio Vaticano II]. Troviamo quindi interessante che “il primo, però, a parlare esplicitamente di "sede vacante" fu ilgesuitamessicano padre Joaquín Sáenz Arriaga(scomunicato nel 1972), che così intitolò un suo libro del 1973.”Quando si tratta di strategie manipolatorie di dominio vaticano la mano dei gesuiti appare sempre presente.


Joaquín Sáenz (y) Arriaga(12 ottobre189928 aprile1976) è stato un sacerdotee teologomessicano.

Gesuitadal 1916 al 1952, è stato in seguito critico delle decisioni del Concilio Vaticano II e dei papi post-conciliari. Fu dichiarato scomunicato nel 1972 dalla Conferenza dei vescovi cattolici del Messico. Sáenz è considerato un promotore delle idee sedevacantiste."

...

"Quando il Concilio Vaticano II ha cominciato le riforme da attuare in Messico e Nord America, è stato p. Sáenz y Arriaga che ha guidato la lotta contro i cosiddetti "neo-modernisti". La sua intransigente lotta per il tradizionalismo cattolico lo ha portato ad un rifiuto della "Chiesa Nuova" e diventa il primo a proporre la dottrina del sedevacantismo,che sostiene che, dopo la morte di PapaPio XII, vi è stata una sede vacante a Romaperché i seguenti papi hanno sposato gli insegnamenti eretici del Concilio Vaticano II."

"P. Sáenz y Arriaga successivamente incorporata queste idee nei suoi libri La nueva iglesia montiniana (La nuova Chiesa montiniana) (1971), e la Sede Vacante: Paolo VI no es Papa legítimo (Sede Vacante: Paolo VI non è più un legittimo papa) (1973). In questi libri egli ha affermato che Paolo VI aveva perduto la sua autorità papale attraverso partenariati pubblici, pertinace e manifesta eresia, una posizione che aveva riferito tenuto per qualche tempo. Era un catalizzatore influenza sui laici e clericali tradizionalisti cattolici che si opponevano alle riforme del Concilio Vaticano II in Messico e Nord America,[...] Secondo il suo biografo, Antonio Rius-Facius, p. Sáenz è morto di cancro alla prostata il 28 aprile 1976. Nel suo testamento, scritto tre giorni prima della sua morte, Sáenz y Arriaga ha scritto: "La mia vita e tutto ciò che è più prezioso per me che ho sacrificato per Cristo, per la Chiesa e per il Papato".

fonte: Wikipedia

“Durante il Concilio Vaticano II, soprattutto in previsione della ratifica del Decreto Nostra Ætate, un documento dedicato ai rapporti con l'ebraismo e con le altre religioni non-cristiane, un'équipedi sacerdoti messicani, guidata dal gesuita Padre Joaquín Sáenz y Arriaga, iniziò a distribuire ai Padri conciliari alcuni documenti, uno dei quali è lo scritto raccolto in questo opuscolo. Lo scopo era di mettere al corrente la Gerarchia riunita in Concilio degli incontri segreti intercorsi tra il Cardinale Augustin Bea, presidente del Segretariato dell'Unità dei Cristiani, e i suoi collaboratori, e alcune potentissime lobby ebraiche come il B'nai B'rith o il Congresso Mondiale Ebraico. Obiettivo di questi accordi segreti era la rimozione di ogni responsabilità ebraica nella Passione e morte di Nostro Signore Gesù Cristo... "


Ecco da dove hanno avuto origine le idee antisemite e naziste di personaggi come Don Villa!

Nato a Lecco, il 3 febbraio 1918, Luigi Villa, dopo aver compiuto i suoi studi ginnasiali, liceali e teologici, fu ordinato Sacerdote, il 28 giugno 1942. Sebbene anch'egli divenne un critico del Concilio Vaticano II, da alcuni più duri e puri di lui venne criticato per non essere stato un sedevacantista al 100%. Ad esempio, sul sito Sodalitium, all'interno di un articolo per ricordarlo in occasione della sua morte, l'autore, oltre ad affermare che Don Villa peccava“spesso di totale mancanza di senso critico e di verifica delle fonti”, afferma:


Rimase a lungo tra coloro che accettavano sia il Concilio Vaticano II, sia la riforma liturgica ed il nuovo messale, che egli, tra l’altro, ha continuato a utilizzare abitualmente, anche quando la sua rivista, perdendo così appoggi e consensi, iniziò a criticare sempre più il Concilio stesso e la riforma liturgica.

[…]

L’altra incoerenza che a nostro parere ha minato il lavoro di don Villa è stata quella, già segnalata, di attaccare a ragione il Vaticano II e le sue riforme, e di rimanere però nello stesso tempo in comunione con gli autori di queste riforme, pur da lui denunciati apertamente negli ultimi anni, restando persino, ripetiamolo, inspiegabilmente legato al nuovo rito che pur condannava nei suoi scritti o in quelli dei suoi collaboratori.

[…]

Non sappiamo quale seguito avranno le opere che lui ha fondato durante il suo lungo apostolato terreno, opere che negli ultimi anni gli avevano attirato l’attenzione e il favore di tanti sedevacantisti stranieri, ignari delle autentiche posizioni di don Villa. ”

fonte: http://www.sodalitium.biz/index.php?pid=107



Resta comunque un fatto che Don Villa ricevette il suo incarico di combattere l'eresia Modernista e scacciare i massoni dalla Chiesa prima da padre Pio e poi dal pronazista e anticomunista Pio XII, un papa che tentò di comperarsi il giudizio della storia facendo vedere di aver salvato qualche ebreo;"Finché fu vivo Pio XII, padre Villa fu sempre molto ben accolto in Vaticano e molto rispettato e stimato.".

Nel numero 409 di Chiesa Vivadell'ottobre 2008, a pagine 15 leggiamo quanto segue:


"Più di 50 anni fa, Padre Pio incontrò un certo sac. Luigi Villa, al quale impose di dedicare tutta la sua vita per combattere la Massoneria ecclesiastica. In un successivo incontro, Padre Pio disse a don Villa: ‘Coraggio, coraggio, coraggio!.. perché la Chiesa è già invasa dalla Massoneria!’, aggiungendo poi: ‘La Massoneria è già arrivata fino alle pantofole del Papa!’. In quel periodo, regnava Papa Paolo VI!”.

Le cronache apologetiche e leggendarie ci riferiscono che Don Villa sfuggì a fantomatici “numerosi attentati”. Ma, come ci spiegò tempo fa avlesbeluskesexposed,"una massoneria che arriva alle pantofole del papa e non riesce a trovare un sistema efficace per far fuori il buon Villa evidentemente è soltanto uno spettacolo di puro Teatro Gesuita."

E' interessante constatare che Don Villa fugià Agente segretovaticanonominato da Papa Pio XII su richiesta di Padre Pio da Pietrelcina.” e “In tutti quegli anni, don Villa, lavorò come agente segretodel card. Ottaviani, con la specialità di documentare l’appartenenza alla Massoneria di alti Prelati della Chiesa cattolica e di occuparsi di certe questioni delicate della Chiesa.Questo ruolo fece di don Villa una persona di casa e molto conosciuta in Uffici di Polizia, di Questura e di altre Agenzie di Investigazioni Generali e Operazioni Speciali."

Quindi Don Villa fu un uomo appartenente alle alte sfere vaticane e ai servizi segreti papali, che lo istruirono di dovere su “certe questioni delicate”; questioni che, da quando esiste la chiesa, non sono mai cambiate: combattere il libero pensiero e perseguire tutti gli eretici e i liberali che possono insidiare il potere temporale del papato. Ma chi era Pio XII, colui che lo nominò come agente segreto? Da un'intervista al prestigioso studioso John Loftus leggiamo:


"Il seguente episodio è stato riferito da un testimone oculare, suor Pasqualina, una suora che era l'assistente personale (e ammiratrice devota) del Nunzio Apostolico a Monaco di Baviera, l'uomo che in seguito sarebbe diventato Papa Pio XII alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale:”Hitler giunse una notte alla santa dimora del Monsignor Eugenio Pacelli (poi Pio XII). A quell'ora tutti gli altri in casa dormivano, tranne [Suor] Pasqualina...Hitler disse a Pacelli che era apparso per controllare la diffusione del comunismo ateo...E per lei quindi non fu una sorpresa, alla luce dell'odio di Pacelli verso i Rossi, vedere il prelato regalare a Hitler una grossa somma di denaro della Chiesa per facilitare l'insurrezione rivoluzionaria e aiutare il suo piccolo gruppetto combattente di anticomunisti...” (Ibid.; pp. 294–295.)


Come abbiamo già detto, Pio XII sostenne Hitler prima della seconda guerra mondiale, e si adoperò per facilitare la fuga dei criminali nazisti dopo che la guerra terminò. Nel mezzo di questi suoi traffici criminali egli fece vedere però di aver salvato qualche ebreo [una magra consolazione].

La stessa propaganda del bis pensiero la troviamo nell'antisemita e finto antinazista Don Villa, del quale i tromboni sedevacantisti non fanno altro che riferire che "fu sempre pronto a salvare intere famiglie ebree, riuscendo a far passare in Svizzera ben 57 israeliti", ma che nelle sue pubblicazioni non faceva altro che rimarcare l'autenticità dei Protocolli di Sion che dimostravano il complotto mondiale della razza ebraica. Da un articolo intitolato I GIGANTI DEL MALE- DWIGHT DAVID EISENHOWER, apparso su Chiesa Vivadi Don Villa, estraiamo un passo significativo:

Eisenhower è totalmente al servizio dei cospiratori ebrei, e sta operando, in modo coerente, l’attuazione dei piani contenuti nei “Protocolli dei Savi di Sion; Egli si oppone all’emendamento “Bricker”, perché questo impedirebbe alle Nazioni Unite di modificare il destino dell’America, rendendoimpossibile l’attuazione del Governo Mondiale ebraico”

fonte:


Leggete anche un articolo a firma di Franco Adessa, apparso su CHIESA VIVA n°354 [vedi anche formato pdf], dove, tra e altre cose, si sbandierano come "conclusioni ineccepibili" quelle di un gerarca nazista antisemita e per giunta anticattolico, Alfred Rosenberg:

 “AUTENTICITA' DEI “PROTOCOLLI DEI SAVI DI SION”

Il finale, dunque, del processo di Berna era terminato con uno scacco totale delleintenzioni perverse della cricca giudaica. I “Protocolli” resteranno un documento che, grazie proprio a questo processo, sarà riconosciuto più che autentico e che il giudaismo, pur di rigettare tale autenticità, non aveva trovato di meglio che di incitare un magistrato ad emettere un giudizio erroneo, appoggiandosi, per di più, su di un articolo non applicabile della legge, violando la stessa procedura e utilizzando dei dati inesatti.

Negli scritti antisemiti si è fatto spesso valere - e questo per dimostrare l’autenticità dei Protocolli - che la politica giudaica vien fatta, su tutta la linea, secondo le direttive e i principi che vi si trovano enunciati in questo libro dei “Protocolli”. E questa coincidenza è servita come punto di partenza per numerose pubblicazioni.

Alfred Rosenberger* ne ha fatto uno studio assai approfondito in uno suo libro: “Les Protocoles des Sages et la Politique Mondiale juive”. Si legga questa sua conclusione ineccepibile: «Le tesi e i documenti che noi stiamo per citare non lasciano sussistere neppure il più piccolo dubbio sull’analogia di pensiero che esiste tra i “Protocolli” e gli altri scritti giudaici. La politica attuale è conforme, in tutti i suoi dettagli, alle citazioni e ai piani conosciuti ed esposti nei Protocolli».

Le tesi dei Protocolli, del resto, concordano perfettamente con certi testi dei Profeti d’Israele, là dove parlano di una egemonia mondiale per Israele; e lo stesso dicasi per la concordanza perfetta con la dottrina dei Talmudisti e quella dei Cabalisti.

La loro autenticità, poi, fu riconosciuta anche da altri giudei, come, ad esempio, dallo scrittore austriaco Arthur Trebitsch, giudeo al cento per cento, ma di tendenze di forte antisemitismo. Nella sua opera principale: “L’Esprit allemand ou le Judaisme” (Vienna, 1921), sui Protocolli egli scrive che la loro esistenza gli era stata rivelata dalla brochure di Beck: «Non si può avere il menomo dubbio sull’autenticità del testo del libro “Les Sages de Sion”. Colui che, come l’Autore (i. e . Trebitsch) ha saputo presentire nei fini e le intenzioni di tutta la nostra vita economica, politica e spirituale, le idee esposte in questi documenti segreti, può garantire con certezza che si tratta indubbiamente di dichiarazioni autentiche che portano l’impronta dello spirito strisciante dei Giudei che aspirano all’egemonia del mondo; così autentiche e così vere che mai alcun cervello ariano - anche se l’odio antisemitico lo spingesse alla falsificazione e alla calunnia - sarebbe mai stato capace di concepire, in alcun modo, questi metodi di lotta, questi piani, queste astuzie e queste frodi». (p. 74).

L’aspetto più interessante, circa l’autenticità dei “Protocolli”, è che questi sono quasi una copia identica di un altro documento che risale al 1773, un documento che si pone lo stesso fine di dominio mondiale ebraico e che ricalca i metodi di lotta, di astuzie e di frodi che si trovano nei “Protocolli”.

Secondo Guy Carr, in “Servant”, 27 s, i Protocolli risalirebbero a oltre un secolo prima delle deliberazioni del Congresso di Bále (1897). «Le mie ricerche personali - scrive - mi hanno portato a pensare che i documenti pubblicati in Russia nel 1905 dal prof. Nylus, sotto il titolo “Il pericolo ebraico”, e da M. Mardsen in Inghilterra, nel 1921, sotto quello di “Protocollì dei Savi di Sion”, sono il “piano” a lunga scadenza degli Illuminati, quello che era spiegato da Mayer Amschel Rothschild ai suoi soci nel 1773 a Francoforte. Rothschild non si rivolgeva a dei rabbini o anziani; egli parlava a banchieri, industriali, uomini di scienza, economisti, ecc. Perciò, non è giusto imputare questa cospirazione diabolica e criminale a tutto il popolo ebreo e ai suoi capi religiosi».

Il Virion, nel suo studio: “Presto un governo mondiale”, documentatissimo, le cui affermazioni non sono state mai state né smentite né attaccate, scrive: «Il temporalismo ebraico... vagliato dai millenni,continuamente messo a punto secondo l’evoluzione e l’apressarsi della fine... “I Protocolli dei Savi di Sion” sono una di quelle rimesse a punto, parallela all’elaborazione del piano sinarchico... i “Protocolli” fanno parte di un tutto, ma parte essenziale, emanante dalle potenze ebraiche, ove la Kabala ha più credito che l’Antico Testamento» (Virion, 235).


*nota aggiunta da nwo-truthresearch -nome corretto: Alfred Rosenberg(Tallinn, 12 gennaio1893Norimberga, 16 ottobre1946) è stato un politicoe filosofotedesco, membro del Partito nazionalsocialistae uno dei massimi esponenti della sua ideologia, oltre che uno dei principali imputati del processo di Norimberga, in cui è stato condannato per crimini contro l'umanità e crimini di guerra.



Bell'esempio di “coerenza” il conciliare il salvataggio di pochi ebrei con la propaganda nazista antisemita! Ma Pio XII gli aveva insegnato molto. Andiamo avanti.


“La bresciana Edizioni Civiltà era presente alla mostra mercato del libro a Verona nel 2001, con annesso convegno, dal titolo “Alla scoperta della cultura non conforme”; l’organizzatore dell’iniziativa era l’associazione Sinergie Europee, legata ad Orion, la rivista di Morelli e Colla.Le Edizioni Civiltà [fondate e dirette da Don Luigi Villa, ndr] si sono rese note per aver inviato in omaggio a comunità religiose e sacerdoti una nuova edizione de I Protocolli dei Savi Anziani di Sion, l’abbietto falso storico antisemita del 1918.Don Luigi Villa (che si cela talvolta sotto lo pseudonimo di Giuli Valli) risultava citato perfino dal sito antisemita Holywar, prima della sua chiusura, esempio di neonazismo di stampo cattolico.L’organizzazione di Don Villa svolge, inoltre, convegni di teologia con la partecipazione di studiosi conservatori. Don Luigi Villa è autore ed editore di numerosi libri e pubblicazioni; ricordiamo ad esempio il delirante dossier, realizzato con Franco Adessa, sui simboli del PCI, PDS, DS: stella a cinque punte, falce e martello e quercia sarebbero inconfutabili simbologie satanico-massoniche, a dimostrazione di un disegno generale di distruzione della civiltà cattolica; in particolare la falce e martello in realtà sarebbero le lettere G e T capovolte, incrociate e stilizzate per rendere irriconoscibile il loro significato “scabroso e immondo”, cioè la copula tra uomo e donna ed il culto del fallo (!). Il dossier (formato da estratti di articoli apparsi su Chiesa viva) era scaricabile sul già citato www.holywar.org, sito ad oggi oscurato ad opera della magistratura [nota di nwo-truthresearch: un sito che risulta però a tutt'oggi sorprendentemente attivo]. Il libretto scritto dall’ingegnere Franco Adessa si scaglia contro il monumento a Paolo VI al Sacro Monte di Varese, di Floriano Bodini che, secondo gli estensori, glorificherebbe la vittoria della massoneria contro il cristianesimo. E’ curato dall’associazione “Pro fide catholica et caritate”, affiliata a Editrice Civiltà (il numero di telefono dell’associazione è lo stesso della casa editrice) e si inserisce all’interno del lungo attacco che Edizioni Civiltà fa a Paolo VI. A questo proposito anche Don Villa ha pubblicato due libri contro Paolo VI, nel 1998 e nel 1999, con due titoli allusivi: “Paolo VI...beato?” e “Paolo VI, processo a un papa?”. […] E’ possibile, infine, farsi un’idea di cosa pubblica Editrice Civiltà scorrendo solo alcuni titoli rintracciabili in rete: “La massoneria, società segreta iniziatica”; “Don Lorenzo Milani - Trame sinistre all’ombra dell’altare”; “Incontri e scontri con don Lorenzo Milani”; “Educazione sessuale: tappa massonica verso l’annientamento dell’uomo”; “Un grande pontificato: Pio XII”; “Vita della Santa Margherita Maria Alacoque, apostola del Sacro Cuore di Gesù, 1647-1690”; “Eresie nella dottrina neocatecumenale”; “Anche Giovanni XXIII “beato”?”; La “Nuova Chiesa di Paolo VI”; “Paolo VI. Processo a un Papa?”; “L’islam alla riscossa (cos’è, cosa vuole)” e, per concludere, “Il vero volto dell’immigrazione: la grande congiura contro l’Europa”.

Dall'enciclopedia Treccani online leggiamo un estratto dal documento di Simon Levis Sullamdal titolo Per una storia dell'antisemitismo cattolico in Italia:


76 Il rapporto 1999 sull’antisemitismo in Italia dello Stephen Roth Institute for the Study of Antisemitism and Racismdell’Università di Tel Aviv segnala i periodici di area lefebvriana «Sodalitium» (per la precisione sedevacantista, edito in provincia di Torino, vedi infra nota 78) e «La Tradizione cattolica» (edito a Rimini), cfr. http://www.tau.ac.il/Anti-Semitism/asw98-9/italy.htm (23 ottobre 2010). Il rapporto del 2002 segnala anche «Chiesa viva», edito a Brescia, cfr. http://www.tau.ac.il/Anti-Semitism/asw2001-2/italy.htm (23 ottobre 2010). Su quest’ultimo, fondato nel 1971 e il cui editore Edizione Civiltà pubblicò e diffuse un’edizione dei Protocollidei Savi Anziani di Sion, cfr. N. Buonasorte, Tra Roma e Lefebvre, cit., pp. 144-145.

Don Villa, insieme ai suoi prodotti “Chiesa Viva” e “Edizione Civiltà”, è stato il degno erede di quei “preti cattoliciche [nel XIX secolo e prima del secondo conflitto mondiale] distribuivano con entusiasmo dei noti falsi come i Protocolli dei Savi di Sion, come prova di un complotto ebraico per dominare il mondo", come ampiamente documentato dallo studioso David Kertzer. Dal suo libro I Papi Contro gli Ebrei, leggiamo:


I Protocolli deiSavi anziani di Sionoffrono un ottimo punto di riferimento per cominciare a portare alla luce il ruolo dell'antisemitismo cattolico nel sorgere dell'antisemitismo nazista e fascista negli anni Venti. I promotori presentarono i Protocollicome un documento appena scoperto in cui erano contenuti i piani particolareggiati della conquista del mondo da parte degli ebrei. Benché fosse un rozzo falso, il libro divenne la bibbia dell'antisemitismo di quel decennio e vantò tra i suoi editori lo stesso partito nazista E' facile capire perché il libro avrebbe dovuto essere convincente per molti cattolici: i suoi argomenti di fondo erano gli stessi che le pubblicazioni ecclesiastiche, da quelle del Vaticano fino ai bollettini parrocchiali, avevano promulgato per decenni.

Sia in Italia sia in Francia i propalatori più noti di questo falso furono preti cattolici.In Italia fu addirittura lo stesso monsignor Umberto Benigni, che approfittò del libro per dare inizio a una nuova crociata antisemitica negli anni Venti. Benigni, ex capo del servizio segreto di Pio X ed ex membro di rango del segretariato di stato del Vaticano, aveva continuato a pubblicare denunce degli omicidi rituali ebraici fin dal 1890. Ma solo nel 1920 aveva cominciato a concentrarsi con accanita decisione sulla minaccia ebraica. Dal 1920 al 1921 pubblicò il suo “Bollettino antisemita”. Poi passò al giornale “Fede e Ragione”, fondato alla fine del 1919 da un altro prete, padre Paolo De Toth, ex direttore del quotidiano fiorentino “L'Unità Cattolica”. All'inizio bimestrale, nel 1923 “Fede e Ragione” divenne settimanale ed ebbe due redazioni, una a Firenze con a capo padre De Toth e una a Roma diretta da monsignor Benigni.

Nel 1921 Benigni pubblicò la prima edizione italiana dei Protocolli dei Savi anziani di Sionin una serie di supplementi a “Fede e Ragione” e li fece seguire l'anno successivo dalla pubblicazione di un volumetto separato con il titolo I documenti della conquista ebraica del mondo. L'altro importante editore dei Protocolli in Italia fu Giovanni Preziosi, che fece uscire la sua edizione nello stesso periodo. Preziosi, che aveva lasciato il sacerdozio nel 1913, divenne insieme con Benigni un instancabile propagandista dell'importanza dei Protocolli. Nel tentativo di non discostarsi troppo dalle posizioni ufficiali della Chiesa, sia Preziosi sia Benigni furono molto attenti ad affermare di non avere niente di personale contro gli ebrei. Come scrisse Benigni in un articolo del 1921:”Noi non scriviamo per sostenere una lotta contro la religione e neppure contro la razza di Israele. Noi rispettiamo la razza semitica e la sua religione mosaica. Combattiamo invece contro la degenerazione della religione mosaica costituita dall'insegnamento introdotto dal Talmud che ha creato il principio che il mondo debba essere di Israele.”

Quando la nuova “prova” della cospirazione mondiale ebraica cominciò a circolare in Europa occidentale, il quotidiano del Vaticano, “L'Osservatore Romano”, vi rivolse la sua attenzione. Anche questa pubblicazione ebbe cura di dichiarare che il problema non erano gli ebrei in se stessi, ma il modo in cui agivano. Bisogna distinguere, sosteneva l'autore dell'articolo, “la religione giudaica dalla potenza politica e sociale degli ebrei nel mondo”. L'ebreo aveva diritto alla tolleranza, ma solo se rinunciava alla “ostilità verso il cristianesimo, spinto dall'odio di razza e dalla sete di dominio”.

In Francia il principale sostenitore dei Protocolli dei Savi anziani di Sione l'esponente di maggior spicco dell'antisemitismo cattolico degli anni Venti fu padre Ernest Jouin, che aveva deciso di dedicare la propria vita a mettere in guardia i cattolici dalla minaccia ebraica, Pubblicando il falso in Francia nel 1920 ne firmò la prefazione come “E. Jouin, Prelato di Sua Santità” con l'evidente intenzione di stabilire l'autenticità del libello, in quanto Benedetto XV lo aveva onorato di quel titolo come riconoscimento della sua opera a favore della Chiesa.

La posizione di preminenza di monsignor Jouin nella campagna condotta dai cattolici francesi contro gli ebrei risaliva al 1912, quando aveva fondato la “Revue Internationale des Sociétés secrètes”. L'anno successivo fondò la Lega franco-cattolica, di cui sarebbe rimasto presidente fino alla morte. Sia il giornale sia la Lega erano motivati dal desiderio di servire la Chiesa. Jouin, sosteneva, cercava solo di seguire l'insegnamento del papa, secondo il quale le forze del clero dovevano battersi contro le forze che cospiravano per distruggere il cristianesimo. La sua ossessione particolare era la congiura giudaico-massonica, e in un discorso al Congresso della Lega antigiudaico-massonica del 1929 sostenne orgogliosamente di essere stato lui a coniare il termine “giudaico-massone” nove anni prima. Proclamò:”Israele è il re, il Massone è il suo ciambellano, il Bolscevismo il suo carnefice. L'ebreo crede che la sua razza debba dominare il mondo”.

L'insistenza di Jouin sulla presunta cospirazione giudaico-massonica era in perfetta armonia con gli sviluppi del movimento antisemitico in Germania. Negli anni successivi alla prima guerra mondiale la tesi che la Germania fosse stata sconfitta proprio a causa di una cospirazione di questo genere aveva cominciato a godere di una popolarità sempre maggiore. Massoni ed ebrei, considerati come parte di una rete internazionale di persone la cui fedeltà principale non era nei confronti del paese in cui abitavano ma solo nei confronti di se stessi, finirono con l'essere visti congiuntamente come cospiratori che complottavano contro la nazione.

[nota di nwo-truthresearch: un significativo esempio di consapevole proiezione dell'ombra: quale migliore strategia quella di accusare gli “eretici” delle strategie di potere temporale che la Chiesa stessa porta avanti a livello internazionale da due millenni! Ci si comporta falsamente da vittime di un complotto, per avere poi il diritto di agire come carnefici.]

Per Jouin la “scoperta” dei Protocollinon avrebbe potuto giungere in un momento migliore, perché forniva la prova irrefutabile, almeno così pensava, che la cospirazione ebraica segreta di cui aveva parlato per quasi un decennio era un dato di fatto. Come aveva scritto nel suo commento ai Protocolli, la lezione era chiara: “Dal triplice punto di vista della razza, della nazionalità e della religione, l'ebreo è diventato il nemico dell'umanità”. Vantando una biblioteca personale ricca di tremila volumi e una vita di ricerche sulla questione ebraica, Jouin continuò a ripetere il suo avvertimento sui “due obiettivi” che gli ebrei di ogni dove condividevano: “Il dominio universale del mondo e la distruzione del cattolicesimo per mero odio contro Cristo.” Nel 1925 elogiò Mussolini per aver salvato l'Italia, sottraendola alle mani del “sovietismo” giudaico-massonico. Ebbe parole di elogio anche per i tedeschi, che “meglio di noi hanno riconosciuto il pericolo ebraico.

Jouin presentò la sua opera, e il suo giornale, che ne era l'elemento portante, come se avessero ottenuto la benedizione pontificia. Il risguardo di copertina di ogni edizione degli anni Venti proclamava: “La 'Revue Internationale des Sociétés secrètes' fa quello che il Papa ha sempre prescritto: non solo smaschera la massoneria, ma anche […] tutte le ramificazioni della Controchiesa erette in opposizione alla Chiesa di Gesù Cristo per cercare di distruggerla.”

Nel 1918, sei anni dopo la creazione del suo giornale antisemitico, Jouin ricevette una speciale lettera papale di riconoscimento da parte di Benedetto XV:”Sappiamo infatti che voi compite il vostro sacro ministero in modo esemplare, che avete la più viva sollecitudine dalla salute eterna dei fedeli e che avete affermato con costanza e coraggio i diritti della Chiesa cattolica non senza pericolo per la vostra vita, contro le sette nemiche della religione, infine che non risparmiate nulla, né lavori né spese, per diffondere tra il pubblico le vostre opere in merito”. Un anno più tardi il cardinale Gasparri, segretario di stato, mandò a Jouin una lettera in cui manifestava l'apprezzamento papale per la sua battaglia contro la cospirazione massonica. Terminava con queste parole: “Sua Santità si compiace quindi di congratularsi con lei e di incoraggiarla nella sua opera, la cui influenza è così importante nell'avvertire i fedeli e nell'aiutarli a lottare efficacemente contro le forze tese a distruggere non solo la religione ma l'intero ordine sociale”.

Ma non era tutto, perché quando Achielle Ratti divenne papa, anche lui mostrò un'insolita simpatia per il crociato antisemita francese. Nel novembre 1923, in un periodo in cui Jouin stava attirando l'attenzione del mondo cattolico in veste di diffusore dei Protocolli dei Savi anziani di Sion, papa Pio XI gli concesse l'onore di un'udienza privata. All'udienza, secondo Jouin, il papa gli avrebbe detto:”Continui con la sua Revue, nonostante le difficoltà finanziarie, perché lei sta combattendo il nostro nemico mortale”. Due mesi più tardi il papa decise di concedergli un ennesimo onore. Jouin era già stato nominato prelato da Benedetto XV e portava orgogliosamente il titolo di monsignore. Pio XI lo innalzò ulteriormente nella gerarchia ecclesiastica, nominandolo protonotario apostolico.”

pagine 280-284



Don Villa, al fine di negare, con le arti del bis pensiero, quello che egli e la Chiesa Cattolica avevano da sempre rappresentato, nei suoi scritti si adoperò per scagionare Pio XII dall'accusa di filo nazismo e per esaltare l'enciclica cosiddetta antinazista Mit brennender Sorge di papa Pio XI; un'enciclica in cui “ci mise mano diretta l’allora Card. Pacelli, Segretario di Stato!", affermava lo stesso don Villa a pag. 50 della sua opera Pio XII “Il Vicario” di Hochhuth e il vero Pio XII [Editrice Civiltà – Brescia, edizione 2010]. Ma da Il Libro nero del Vaticanodi Tony Braschi leggiamo:



La chiesa attese ben sette anni, con l’uscita di Con viva ansia[l'enciclica papale Mit brennender Sorge], prima di mettere ufficialmente in discussione le tesi ultra-razziste del Rosemberg, che incredibilmente fa moderatamente sue [e che l'articolo sul numero 354 di Chiesa Viva invece esalta a più non posso, ndr], contestando invece la pretesa di proibire l’uso scolastico dell’Antico testamento e di sostituire le Sacre scritture con l’idolatria della razza.

Con viva ansiaè un documento sopravvalutatissimo dagli odierni assertori di un conflitto, peraltro mai seriamente esistito, a parte qualche incidente, fra chiesa cattolica ufficiale e nazionalsocialismo.

L’enciclica, in lingua tedesca e diffusa in decine di migliaia di copie, non fu affatto rivolta “contro il Reich nazista”, come annuncia la squillante biografia ufficiale del Vaticano alla voce “papa Pio XI”, ma solamente contro le tendenze neo-paganeggianti del regime, gli eccessi del nazionalismo e del razzismo, senza per questo denunciare le responsabilità ben più gravi e complessive del regime.



Rosemberg disse il vero, durante il processo di Norimberga, quando sostenne che il suo ruolo aveva una mera funzione culturale. Non fu lui “il massimo esponente dell’ideologia nazista”, come si sostiene sempre più spesso per accreditare l’inesistenza di un nazionalsocialismo cristiano. Il vero e unico teorico del nazismo fu solo e sempre Hitler col suo Mein Kampf, non il libro di Rosemberg, troppo neo-pagano e anticattolico per essere preso sul serio dal governo guidato da Hitler. Non è neppure lontanamente pensabile che una figura tutto sommato secondaria del Terzo Reich superasse il Fùhrer in campo ideologico.

Sia negli incontri appartati con l’alto clero cattolico, sia quando esponeva pubblicamente o privatamente il suo pensiero, mai il Fuhrer si espresse contro la chiesa, definita “meravigliosa istituzione e maestra”.

Il Mein Kampf di Hitler è uscito nel 1925: già allora conteneva espliciti messaggi antisemiti e razzisti; bisogna essere ben miopi per non vederli. Eppure non fu collocato all’Indice dei libri proibiti dalla chiesa cattolica, come ci si poteva aspettare, né fu bersaglio di critiche provenienti da Roma.

Pacelli non si dette da fare per condannare il vademecum dei nazionalsocialisti, non ci pensò nemmeno. Dopo l’opposizione iniziale di molti suoi esponenti, la chiesa finì con il concordare pienamente con il contenuto del Mein Kampf. E comunque va tenuto presente che né il libro di Hitler, né quello di Rosemberg preannunciavano esplicitamente l’intenzione di uccidere tutti gli ebrei e gli oppositori, limitandosi ambedue a parlare di “annientamento” politico, economico, sociale e culturale.

L’idea dell’Olocausto maturò durante la guerra e molto difficilmente la decisione di procedere con uno sterminio di tali proporzioni poteva essere presa senza la sicurezza di una sostanziale, tacita accondiscendenza dell’intero mondo cristiano tedesco, cattolici e protestanti compresi.

Questi pochi elementi di analisi basterebbero da soli a inquadrare l’atmosfera di apertura ecclesiastica che consentì a tanti fedeli di leggere il Mein Kampf e farlo proprio, preparandosi mentalmente all’Olocausto, spazzando via al tempo stesso qualsiasi dubbio circa una pretesa “resistenza” antinazista covante nel mondo cattolico. E come avrebbe potuto, il Mein Kampf, subire la pur meritata condanna da parte dei teologi?

Il suo autore non solo si proclama cattolico a tutti gli effetti, anche se non esagera in devozione per non dover turbare le altre componenti religiose del suo popolo, primi fra tutti i protestanti,ma nemmeno si risparmia nell’elogiare fini e organizzazione della chiesacattolica, così capace di forgiare il carattere dei popoli, in particolare di valorizzare l’essenza ariana dei tedeschi. La quale ultima, non doveva e non poteva essere disgiunta da una pressante missione rievangelizzatrice, fortemente avversa all’ateismo e al neopaganesimo.

Si tende troppo spesso a tralasciare che il nazismo di codesta missione si è dichiarato primo e assoluto garante. È tutto scritto nel vademecum del dittatore: se Hitler ha un “pregio” da vantare rispetto a tanti leader democratici, è di avere utilizzato i suoi ampi poteri per attuare scrupolosamente programma e filosofia senza mai scostarsi di una virgola dal Mein Kampf.

Addebitare tanta accondiscendenza e apparente debolezza alla necessità di non esporre i cattolici alle rappresaglie del regime incattivito è francamente fatica sprecata. La chiesa stessa aveva consentito a Hitler di salire “legalmente” al potere, nel progetto di assecondare palesemente tutti i regimi totalitari non comunisti e professando a chiare lettere la piena conciliabilità fra cristianesimo e nazismo."

pag. 35-36



Qui sotto riportiamo due citazioni di Adolf Hitler:



«Noi siamo i primi a riesumare questo insegnamento! Attraverso di noi soltanto, e solo da questo momento, questi insegnamenti celebrano la propria risurrezione! Maria e Maddalena stavano a fianco di una tomba vuota, perché cercavano l’uomo morto. Ma noi ci proponiamo di resuscitare i tesori del Cristo vivente!»(Henry Ashby Turner, Hitler: memoirs of a confidant, Yale University Press, New Haven and London, 1985, pp. 139-40) 
 

«Mi è stato rimproverato il modo in cui tratto la questione ebraica. Per 1500 anni la Chiesa cattolica ha considerato gli ebrei come esseri nocivi [Schadlinge], li ha confinati nel ghetto ecc., perché si sa cosa sono gli ebrei. Nell’età del liberalismo non si è più visto questo pericolo. Io non metto la razza al di sopra della religione, ma vedo come elementi nocivi per lo Stato e per la Chiesa gli esponenti di questa razza, e forse sto rendendo alla cristianità il più grande servizio”. (Renato Moro, La Chiesa e lo sterminio degli ebrei, Il Mulino, Bologna, 2002, p. 36)


La Chiesa, in quanto potere temporale da due millenni a questa parte,non è mai cambiata; la storiella dell'infiltrazione massonica nelle alte sfere del Vaticano, che avrebbe pervertito il suo originale messaggio evangelico di pace [che nella pratica non c'è mai stato], è solo una trovata vecchia di secoli per intraprendere nuove crociate e inquisizioni. Intendiamoci: che la Chiesa, in tempi recenti, sia sia servita di una parte della massoneria, così come di una corte di sionisti sabbatiano-frankisti, al fine di portare avanti i suoi piani di potere temporale, è un dato di fatto; ad esempio, molti affiliati alla loggia massonica P2 erano anche membri del Sovrano Militare Ordine di Malta Cattolico;le due appartenenze si sovrapponevano. Da “Il Principe Nero Italiano: Terrore e Guerra Contro lo Stato Nazione"diAllen Douglas, leggiamo:



“Numerosi capi dell'organizzazione di intelligence militare in Italia erano membri sia dello SMOM che della P2, incluso il Generale Giuseppe Santovito (ex capo del SISMI, che sostituì il SID dopo il 1977), l'ammiraglio Giovanni Torrisi, capo dello Stato Maggiore dell'Esercito, e il Generale Giovanni Allavena, capo del SIFAR. Un altro membro chiave della P2 che era Cavaliere fu il Conte Umberto Ortolani, membro del consiglio dirigente interno dello SMOM e veterano del servizio di controspionaggio di Mussolini."

[...]

"Numerosi membri dello SMOM erano anche membri importanti della loggia P2; tuttavia, tra le due organizzazioni, lo SMOM è incomparabilmente più vecchio e potente.Infatti, dalle prove disponibili, si deve pensare in modo più appropriato alla P2 come ad un sottoprodotto "operativo" dello SMOM."


Però, quando arrivano le indagini giudiziarie e i giornalisti “freelance”, questi legami servono a creare utili capri espiatori, al fine di scaricare la colpa delle nefandezze del Vaticano, dei Gesuiti e dello SMOM sui loro nemici di sempre: gli ebrei e i massoni, che vengono in parte cooptati per adempiere alle trame occulte come uomini di facciata; molti hanno sentito parlare della loggia P2; ben pochi del Sovrano Militare Ordine di Malta; non è certo un caso.

Lo stesso è accaduto recentemente con l'ex uomo “più potente d'Italia” Luigi Bisignani, membro della cosiddetta loggia massonica P4 e “amico e socio spregiudicato dell’impavido monsignore Donato de Bonis, prelato dello Ior. De Bonis custodiva il conto corrente del senatore a vita [Giulio Andreotti]. E Bisignani annodava segreti. Uno tra tutti? Dopo aver riciclato proprio nei forzieri della banca del Papa la maxi tangente Enimont mai disse e mai seppe che una parte, qualche miliardo, di quella mazzetta era passata proprio dal conto di Andreotti", come afferma Gianluigi Nuzzi. “Il 7 gennaio '94 Bisignani viene arrestato [12]. Nel 1998 la Corte di Cassazioneconferma la sua condanna a due anni e sei mesi. A seguito della definitiva condanna, nel 2002 viene anche radiato dall'Ordine dei giornalisti[13].[...] Il 15 giugno 2011 è sottoposto a detenzione domiciliareper l'ipotesi di reato di favoreggiamentoe rivelazione di segreto d'ufficio, nell'ambito dell'inchiesta sulla cosiddetta associazione P4[15][16][17][18], condotta dai pubblici ministeridella Procura di Napoli Francesco Curcio e Henry John Woodcock[5][19]”:fonte

I gesuiti, i veri uomini più potenti d'Italia, difficilmente fanno la fine di Bisignani. Non è un caso che Bisignani, membro della “massonica” P2-P4, si spenda in lodi verso la Compagnia di Gesù:



In un passaggio del libro Bisignani parla anche delle mosse future di papa Francescoper trasformare lo Ior: “Secondo alcune autorevoli indiscrezioni lo riformerà trasformandolo in una vera banca della solidarietà al servizio dell’evangelizzazione. Uno strumento di aiuto per le chiese povere e per le missioni sparse nel mondo. I centri missionari saranno uno dei punti fondamentali di papa Francesco, secondo la miglior tradizione dei gesuiti”. Secondo Bisignani, la riforma dello Ior avverrà attraverso la riclassificazione di tutti i conti e saranno “autorizzati solo quelli che fanno capo ufficialmente a congregazioni e ordini religiosi. Nessuno potrà più gestire fondi, depositi e titoli se non nell’esclusivo interesse di enti religiosi”. Bisignani ha quindi spiegato che “la Curia conosce bene le sue intenzioni”. “Non fu un caso – ha aggiunto – se nel conclave precedente, per scampare il pericolo della sua salita al soglio pontificio come voleva il suo grande elettore di allora, Carlo Maria Martini, gesuita come lui, gli fu preferito Ratzinger. Meglio conosciuto nei palazzi apostolici e quindi considerato più malleabile”.



Anche se rimane aperta la questione delle riforme dello IOR [ancora tutte da vedere], è significativo che Bisignani, membro delle “massoniche” P2 e P4, lodi “una bancaal servizio dell'evangelizzazione”; ciòsignifica, ricordiamolo, potere temporale papale in tutto il mondo; il contrario di ciò che una massoneria dovrebbe desiderare; quella “Nuova Evangelizzazione” che la “Santa” Sede vuole affiancata ad una “Autorità Mondiale”, come sbandierato nel Discorso Del Santo Padre Benedetto XVI Ai Partecipanti Alla Plenaria Del Pontificio Consiglio Della Giustizia E Della Pacedel 3 dicembre 2012. P2, P4, Gesuiti e Vaticano vanno ancora a braccetto.

La massoneria, con tutte le sue logge occulte e perverse come la P2 e la P4, e il Vaticano, con tutti i suoi ordini militari cavallereschi satanici, sembrano apparentemente e teoricamente in contrasto, ma sono, nella realtà, [insieme alla corte papale sabbatiano-frankista] solo due facce della stessa medaglia in mano ai gesuiti.

E' utile tenere a mente anche questa citazione di Bill Hughes:

Perché i Gesuiti usano il loro nemico implacabile, gli ebrei, per favorire i loro progetti di dominio mondiale? I Gesuiti non fanno nulla apertamente, dove possono essere esposti. Se essi verranno riconosciuti come colpevoli, saranno maledetti e ne subiranno le conseguenze; ma se potranno usare qualcun altro come causa dei problemi mondiali, soprattutto un nemico che potranno distruggere in questo processo, allora porteranno a termine due obiettivi contemporaneamente. Il popolo ebraico è il perfetto capro espiatorio.Poiché i Rothschild sono agenti Gesuiti che operano sotto copertura ebraica, il loro utilizzo nella formazione degli Illuminati nel lontano 1776 getta effettivamente l'onere di questa cospirazione sugli ebrei. I Rothschild non sono i soli agenti dei Gesuiti che operano sotto un fronte ebraico."

Finiamo con una ovvia constatazione: cari sedevacantisti, è un dato di fatto, ignorato dal vostro miope fondamentalismo, che la vostra Chiesa non è stata pervertita in tempi recenti dal Concilio Vaticano II, ma molto più addietro. Per dimostrarvelo vi riportiamo un'introduzione al libro documentatissimo di Giovanni Filoramo, dal titolo La Croce e il Potere:


Settant'anni, e la Chiesa da perseguitata si trasforma in Chiesa di Stato. Settant'anni, e la croce si trasforma in simbolo di vittoria e di potere.

«I protagonisti di questa storia sono essenzialmente due: gli imperatori romani da Costantino a Teodosio, da un lato, e vescovi cristiani, da Eusebio e Atanasio ad Ambrogio e Agostino, dall'altro. In sintesi, i rappresentanti del potere politico e del potere ecclesiastico dell'epoca. Mentre gli imperatori in questione non hanno avuto successori, i continuatori del potere ecclesiastico, dopo milleseicento anni, sono ancora tra noi»: sono stati in particolare questi uomini a rendere possibili trasformazioni destinate a condizionare la storia del mondo in cui viviamo.

È infatti in un breve periodo, compreso tra l'editto di Costantino nel 313 sulla libertà di culto e il 380, quando Teodosio dichiara il cristianesimo unica religione ufficiale dell'Impero romano, che i cristiani da martiri diventano persecutori e la loro croce, fino a quel momento simbolo della passione e della morte di Cristo, diviene strumento di potere e controllo. Giovanni Filoramo racconta questa straordinaria storia, fatta di conflitti sempre più violenti tra i seguaci dei culti pagani e i cristiani, di divisioni interne tra i vari gruppi cristiani in Oriente, in Europa e in Africa, di relazioni sempre più strette tra capi religiosi e capi del potere politico. Fino a quando la Chiesa cattolica, sconfitti nemici interni ed esterni attraverso una serie di persecuzioni, si affermerà come l'unico potere religioso dell'Impero."



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Il Sole 24 Ore:"I Gesuiti possedevano degli schiavi"

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Qui di seguito vi riportiamo un articolo tratto dal sito web de 'Il Sole 24 Ore' che, una volta inserito nel nostro blog, diventerà, ne siamo certi, "complottista". L'articolo in questione si intitola "Schiavi della Compagnia" ed è stato pubblicato a firma di Michela Catto il 28 novembre 2009. Questo articolo parla del possesso di schiavi da parte dei gesuiti, un possesso più volte negato dalla storiografia apologetica e di stampo cattolico dell'Ordine fondato da Sant'Ignazio di Loyola; un ordine che ai giorni nostri ha posizionato i suoi uomini ai vertici della Chiesae in posizioni chiave del potere mondiale e che non è per nulla cambiato nei suoi obiettivi di schiavizzare e sottomettere popoli e culture in tutto il mondo [adesso la chiamano 'Nuova Evangelizzazione'].




Schiavi della Compagnia


di Michela Catto


28 novembre 2009



Dal loro arrivo sino alla loro espulsione dal Brasile, avvenuta nel 1759, i gesuiti utilizzarono, come gli altri ordini religiosi e i coloni europei, la manodopera amerinda e africana e praticarono il commercio degli schiavi dall'Angola, prima provincia degli ignaziani in Africa. Nel 1640 un visitatore contava nel solo collegio gesuitico di Rio de Janeiro la presenza di ben 600 schiavi, quasi tutti africani.


Come conciliare questa realtà storica con una storiografica, non solo apologetica, che ci ha abituato a pensare ai gesuiti come ai difensori della libertà degli indios, oppositori morali della loro schiavitù e promotori di una umanizzazione della schiavitù dei neri? In parte con le origini relativamente recenti della storia della schiavitù che ha dovuto affrontare tutta una serie di cliché, molti dei quali sorti nel XVIII secolo dallo scontro tra abolizionisti e filoschiavisti.

Per la storia della Compagnia di Gesù si aggiunge il fascino esercitato dalle riduzioni paraguaiane: da Ludovico Antonio Muratori e il suo Il cristianesimo felice nelle missioni dei padri della Compagnia di Gesù nel Paraguai (1743), con la sua esaltazione della Chiesa primitiva, alle interpretazioni che hanno fatto di questa particolare esperienza d'evangelizzazione una trasposizione delle teorie di Platone, Tommaso Moro, o di Campanella. Nel caso specifico del Brasile la figura dei gesuiti baluardi e difensori degli indios scaturì sia dagli studi dei testi prodotti dai teologi gesuiti (che si espressero sempre nei termini del pensiero scolastico tomista applicato, in maniera talvolta parossistica e cinica, alla casistica portoghese) senza indagare la realtà storica della missione brasiliana o africana, sia dall'antagonismo creatosi sin dall'inizio tra l'ottimo rapporto esistente tra i gesuiti in Brasile e la monarchia portoghese e il pessimo rapporto di quest'ultima con i paolisti, «gente ribelle e fuorilegge ... che vive senza freno e timore del castigo dei governatori». Il dettagliato, e privo di ogni intento polemico, studio di Zeron affronta da quattro diverse prospettive (storica. giuridica, teologica e storiografica) il modo attraverso cui i gesuiti "razionalizzarono" la loro pragmatica posizione verso la schiavitù.

Manuel de Nóbrega, primo superiore della missione brasiliana, contribuì a gettare le basi del gesuita giusto, moralmente e politicamente, rendendo la Compagnia di Gesù de facto mediatrice del potere politico portoghese. Tra i coloni, "diavoli" e responsabili dell'instabilità politica della colonia, i preti secolari "cattivi" e i gesuiti "virtuosi" fu posto l'indigeno "nudo" e "selvaggio" a cui si potevano offrire solo due alternative: il divenire protagonista di un processo di educazione religiosa e di civilizzazione promossi dai missionari o di una "perdita" definitiva a causa del suo coinvolgimento nei comportamenti illeciti dei coloni. Secondo il principio agostiniano, la cattività del corpo non implica quella della sua anima, così il lavoro forzato degli indigeni è strumento di inculturazione, il mezzo per trasmettere i valori essenziali della civiltà cristiana occidentale.
La schiavitù degli indigeni divenne in questo modo non solo sostentamento materiale delle missioni gesuitiche, spesso in competizione economica con le attività dei coloni, ma anche definizione della identità politica gesuitica. Dietro il regime "tutelare" degli indigeni si disegna un progetto di tutela di tutta la società coloniale che si giustifica a partire dalla potestas indirecta che la Chiesa deve esercitare legittimamente in caso di degenerazione dell'ordine morale, ostacolo alla salvezza. Il ruolo dei gesuiti in Brasile è l'educazione tanto dei «bambini senza barba» quanto dei coloni, del buon cristiano – l'indigeno – al pari del cattivo cristiano – l'europeo.


Ogni gesuita dissidente da questa linea fu rimpatriato e le numerose istruzioni romane contrarie alla schiavitù furono ignorate. Si iniziò a parlare di libertà degli indigeni solo quando si fece strada con certezza la possibilità di una loro sostituzione con gli schiavi africani: fu questo il compromesso dei gesuiti con il potere coloniale brasiliano.

Carlos Alberto de Moura Ribeiro Zeron, «Ligne de foi: la Compagnie de Jésus et l'esclavage dans le processus de formation de la société coloniale en Amérique portugaise (XVIe-XVIIe siècles)», Paris, Honoré Champion, pagg. 574, euro 67,00.
 






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Vaticano: la multinazionale più “tenera”del mondo

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E' la nuova frontiera del marketing: se un'azienda ha una cattiva fama per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani, l'illegalità del suo agire, la dannosità dei suoi prodotti...beh, metteteci un tenerone pacioccone come amministratore delegato e la sua immagine cambierà in positivo in men che non si dica. Non conta la sostanza, non conta che l'azienda cambi all'improvviso la sua politica orientata al profitto mentre viola i diritti umani, inquina l'ambiente e sfrutta i suoi dipendenti; basta che faccia credere che sia così. Il capo pacioccone dovrà dare l'apparenza di essere arrivato per cambiare tutto e dovrà recitare grandi atti teatrali; scherzare con i bambini, visitare gli ammalati e gli emarginati, baciare i piedi ai carcerati, fare battute scherzose ma mai volgari, rilasciare grandi e altisonanti dichiarazioni di cambiamento, ecc.; insomma, dovrà far apparire che dopo di lui nulla sarà più come prima; mentre l'azienda, in realtà, non è cambiata di una virgola nella sua essenza orientata al profitto e al potere, né mai cambierà. Tutto questo avrà un grande impatto, perché sappiamo che le masse nella stragrande maggioranza non leggono, né approfondiscono mai le notizie; per la maggioranza conta quello che appare in televisione; quindi, se a capo della multinazionale più ricca, sanguinaria e potente del mondo, la Vaticano & Gesuiti S.p.A., ci metti uno che recita la parte del cagnolino tenerone davanti alla tv, avrai le masse dalla tua parte; e Bergoglio recita proprio questo ruolo.



Anche se a seguito di questa campagna di marketing potrà saltare qualche testa all'interno dei "sacri" palazzi (come avvenuto con lo IOR), sappiamo benissimo che la Vaticano e Gesuiti S.p.A vuole solo agghindarsi per consolidare il proprio potere terreno e condurci, attraverso la “nuova evangelizzazione”, verso un “nuovo ordine mondiale 'soprattutto spirituale'”. La multinazionale Vaticano & Gesuiti S.p.A., al potere da 2000 anni, in tutto questo tempo ha accumulato un'esperienza di marketing che fa impallidire tutte le altre aziende. Ma con le seguenti proposte noi vogliamo colmare questo gap. Pertanto abbiamo selezionato una serie di aziende e istituti bancari con una cattiva immagine, al fine di proporre al loro staff dirigenziale di assumere una serie di amministratori delegati che sappiano conferirgli un look simile a quello raffigurato nelle foto che vedrete.

Monsanto

Microsoft 

Unilever


Goldman Sachs


Bae System


Gruppo Rothschild


Pfizer 






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Ratlines: I Criminali Nazisti Salvati dal Vaticano

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[nota di nwo-truthresearch: estraiamo interamente questo saggio, così com'e, dal sito del Coordinamento Nazionale Per la Jugoslavia; in questo sito potrete visitare inoltre una sezione dedicata che raccoglie documentazione su Ratline e Odessa. Al saggio abbiamo aggiunto solo due note. Tutti i link contenuti nel saggio riportano al documento nel sito originale. Buona lettura.]

Ratlines: La guerra della Chiesa contro il comunismo

Premessa

La storia che qui viene raccontata è quella delle reti di fuga dei criminali di guerra nazisti e ustascia nell'immediato dopoguerra. Questi loschi individui furono in ogni momento appoggiati dal Vaticano, nella persona di papa Pio XII e del sottosegretario Montini (che divenne in seguito papa Paolo VI), con la connivenza dei servizi segreti occidentali. Questi ultimi cercarono di utilizzarli come terroristi, nel tentativo di abbattere i regimi comunisti.
Due reti distinte (ma pur sempre collegate) erano state approntate: una per i tedeschi, diretta dal vescovo Hudal, ed una per i croati, diretta da padre Draganovic. Personaggi come il truce dittatore Ante Pavelic, che era stato messo da Hitler a capo dello stato fantoccio della Croazia Indipendente, sfuggirono ai tribunali che dovevano punirli per i loro sanguinosi delitti, attraverso la rete dei conventi e degli istituti religiosi che era stata predisposta all'uopo. Questi assassini furono poi riutilizzati nel tentativo di far cadere la Jugoslavia di Tito, formando un una banda di terroristi denotati "krizari" (crociati). Alla fine sono quasi tutti riusciti a rifugiarsi oltreoceano, in America Latina, in Australia e in Nord America.
Quelli che seguono sono degli appunti tratti dalla prima parte del libro Ratlines, scritto dai giornalisti Mark Aarons e John Loftus, australiano il primo e americano il secondo. Le parti ``tra virgolette''riproducono citazioni testuali dal libro. Tra parentesi, dopo ogni affermazione, è riportato il numero della pagina da cui l'affermazione è stata tratta. Talvolta sono state utilizzate fonti diverse, che sono sempre indicate.
In nessun modo questi appunti vogliono sostituirsi al libro. Ratlinesè ricco di dati e informazioni, tratti soprattutto dagli archivi dei servizi segreti americani. E sempre al libro si rimanda per la citazione delle fonti. Tuttavia, il modo con cui è stato scritto il libro è un po' caotico, e le informazioni non vengono sempre legate fra loro nel modo più efficace. Per questo motivo, l'uso di questi appunti sarà sicuramente di aiuto a chi si lancerà nella lettura di Ratlines.
Nella prefazione, gli autori dichiarano che non hanno voluto scrivere un libro che attaccasse la Chiesa; tuttavia la sensazione di chi legge è che si tratta proprio di un libro contro la Chiesa cattolica apostolica romana, oltre che contro i governi degli Stati Uniti, della Gran Bretagna, della Francia e dell'Italia. Altrettanto ambigua è la posizione degli autori nei confronti della Federazione Jugoslava di Tito: per quanto riguarda i fatti narrati, infatti, non c'è nulla da eccepire contro quello stato (l'unico che sembra realmente intenzionato a non lasciarsi sfuggire gli assassini, tra gli stati menzionati!), e tuttavia gli autori sono molto più severi contro quel governo che non contro il papato o contro quelle nazioni che fecero fuggire i peggiori individui che la cultura europea moderna potesse produrre.
Credo che gli autori abbiano cercato in questo modo di ostentare, nella forma, la loro fedeltà allo schieramento occidentale, pur raccontando fatti che infamano proprio tale schieramento. Forse tale impostazione è stata necessaria per trovare un editore disposto a pubblicare il libro? Se così fosse, ci sarebbe certamente da essere preoccupati per la democrazia americana, a 40 e più anni dall'epoca del senatore Mc Carthy!
Il libro è suddiviso in due parti, intitolate "La guerra della Chiesa contro il comunismo" e "La guerra del comunismo contro la Chiesa". Gli appunti per ora riguardano soltanto la prima parte. Terminato questo lavoro, mi metterò a studiare "La guerra del comunismo contro la Chiesa", e, se sarà interessante come la prima parte, produrrò un'altra serie di appunti.

Indice:


Il titolo

``Letteralmente, una ratline è la scala di corda che arriva fino in cima all'albero della nave e rappresenta l'ultimo luogo sicuro quando l'imbarcazione affonda. Pertanto ratline è diventato il termine generico con cui i servizi segreti identificano le reti o le organizzazioni istituite allo scopo di far fuggire qualcuno'' (7).

Note sull'olocausto

1. Il campo di Treblinka, comandato da Franz Stangl

``Al loro arrivo a Treblinka, gli uomini, le donne e i bambini, stipati nei loro carri merci chiusi, trovavano ad attenderli una normale stazione ferroviaria, graziosamente decorata con cassette di fiori. A distanza, si scorgevano alcune baracche dall'aria innocua. Franz Stangl ci teneva all'ordine. Ai passeggeri veniva detto di scendere dai carri per riposare e per farsi una doccia. Mentre si svestivano, veniva detto loro di mettere al sicuro i loro oggetti di valore in cassette numerate, di modo che, dopo la doccia, avrebbero potuto ritrovarli facilmente.
Tutto si svolgeva in maniera così rapida, organizzata, letale. Le docce erano, in realtà, camere a gas dove 900.000 persone, per la maggior parte ebrei, furono uccise immediatamente al loro arrivo. A differenza di Auschwitz, lì non si svolgeva alcun lavoro. Treblinka esisteva solo per uno scopo: lo sterminio'' (33-34).

2. La Croazia Indipendente di Ante Pavelic

La dittatura croata si macchiò di gravi crimini, ``tra cui gli orribili massacri di serbi, ebrei e zingari nel corso dei quattro anni [in cui stette in piedi il regime]: mezzo milione di civili innocenti trucidati per ordine personale [di Pavelic]. Molti erano stati giustiziati con metodi da pieno Medioevo: erano stati cavati loro gli occhi, recise le membra, strappati gli intestini e gli altri organi interni dai corpi ancora vivi. Alcune persone furono massacrate come bestie: venne tagliata loro la gola da un orecchio all'altro con coltelli speciali. Altre morirono in seguito a colpi di maglio sulla testa. In numero ancora maggiore furono semplicemente bruciate vive''(80). 

Ante Pavelic
``Durante i primi mesi del regime di Pavelic furono massacrate circa 150.000 persone di fede serbo-ortodossa. In molti casi -è un fatto documentato- fu offerta loro la salvezza se avessero rinunciato alla loro fede per divenire cattolici''(92). ``Le conversioni forzate [venivano celebrate]da preti cattolici sotto l'attento controllo di unità di polizia ustascia armate fino ai denti. Su tali cerimonie incombeva la minaccia di morte, poiché i contadini serbi erano perfettamente a conoscenza dei massacri condotti da quelle stesse unità nelle zone limitrofe''(106). A dirigere le conversioni forzate era padre Draganovic(106).

3. Le posizioni del Vaticano e dell'Occidente durante la guerra

``Nell'aprile del 1943 [...]il Foreign Office e il Dipartimento di Stato temevano entrambi che il Terzo Reich fosse disposto a fermare le camere a gas, a svuotare i campi di concentramento e a lasciare che centinaia di migliaia (se non milioni) di superstiti ebrei emigrassero in Occidente''(21).
Anche il papa, sebbene ne fosse a conoscenza, tacque sull'olocausto: ``Il terribile silenzio da parte del Vaticano nei confronti degli ebrei si accordò completamente con la politica occidentale''(22). Tuttavia, a fronte dell'indifferenza degli anglo-americani, per lo meno (magra consolazione) ``il papa tacque in pubblico, ma in segreto aiutò alcuni ebrei''(24).


[nota di nwo-truthresearch:quella di Pio XII era per lo più un'operazione di immagine per comprarsi il giudizio futuro della storia: sappiamo benissimo che PioXII sostenne il nazismo sia prima che dopo (con le ratlines appunto) questa magra opera di salvezza. Se Pio XII e la sua Chiesa satanicanon avessero contribuito in modo decisivo all'ascesa dei nazisti al potere, questo regime totalitario non avrebbe certo avuto la possibilità di uccidere alcun ebreo, ed egli, quindi, non avrebbe certo avuto bisogno di salvarne alcuno; il conteggio da imputare al nostro uomo "Pio", quindi, non è quello degli ebrei da lui salvati, ma semmai il numero totale di tutti quelli che sono morti per sua diretta responsabilità; e questo è un fatto che nemmeno molti studiosi ebrei, soffocati dalla propaganda vaticana, riescono a comprendere. Pio XII poi non ha solo la responsabilità della morte degli ebrei, ma anche dell'intera carneficina della seconda guerra mondiale. A fronte di ciò, l'operazione di salvataggio dal lui portata avanti verso alcuni ebrei appare proprio essere un'operazione di maquillage, operazione in cui la Chiesa cattolica ha un'esperienza di 2000 anni.]
Fu tramite il Vaticano, inoltre, che nel 1944 le SScercarono di ``stabilire contatti [...]con le potenze occidentali''per convincerle a ``troncare i rapporti con Stalin e a unirsi alla Germania nella lotta contro i bolscevichi''(25).
``Durante la guerra il Vaticano non si era pronunciato pubblicamente riguardo alle atrocità compiute dai sovietici e dai tedeschi''(qui Aarons e Loftus mettono Hitler e Stalin sullo stesso piano, cosa molto discutibile, dato che Hitler uccise 11 milioni di civili innocenti, metà dei quali erano ebrei). Ma nel 1945, a guerra perduta per i nazisti, papa Pio XII``capovolse la sua politica e decise che era giunto il momento di levare la voce della Chiesa contro i crimini commessi da Stalin'', mentre continuò a tacere quelli commessi da Hitler, approvandoli tacitamente (27).

Per ulteriori note sull'olocausto, leggere il numero di
Storia Illustratacitato in bibliografia.

Geopolitica vaticana

L'interesse secolare della Chiesa è sempre stato quello dell'evangelizzazione, ossia della trasformazione in cattolici di quanti più uomini sia possibile, e la contrapposizione a tutte le altre filosofie o religioni. In questo modo il Vaticano si assicura un vero e proprio controllo politico su territori e nazioni. Il papato ha dunque una sua politica estera che è ben definita, anche se per molti non percettibile: ``Pensano in termini di secoli e fanno piani per l'eternità; questo rende la loro politica inevitabilmente imperscrutabile, disorientante e, in certe occasioni, riprovevole per le menti pratiche e condizionate dal tempo''(lettera dell'ambasciatore inglese Sir D'Arcy Osborne, marzo 1947, riportata nell'epigrafe).
``Era desiderio del Vaticano aiutare chiunque a prescindere dalla sua nazionalità o dalle sue opinioni politiche, fintantoché quella persona possa dimostrare di essere cattolica. Il Vaticano giustifica inoltre la sua partecipazione col desiderio di introdursi non soltanto nei paesi europei, ma anche in quelli latino-americani, attraverso persone di qualsiasi convinzione politica, purché anticomuniste e favorevoli alla Chiesa Cattolica''(57).
L'obiettivo del papa per l'Europa era molto semplice: ``la creazione di un grande Stato federale danubiano''che raggruppasse le nazioni cattoliche d'Europa centrale (60), insomma in un certo senso un ritorno ai bei tempi del potere temporale della Chiesa; la creazione di una nazione sulla quale il pontificato possa esercitare la sua autorità. In questo quadro, è fondamentale la posizione della Croazia: ``La Santa Sede considerava la Croazia come la frontiera della cristianità; tra la Croazia e il papa esisteva un rapporto particolare che risaliva al 700 d.C.''(80). ``La Croazia è una delle nazioni più benvolute dalla Chiesa, un baluardo cattolico contro gli scismatici ortodossi''(66). ``Nell'isterismo che caratterizzò i primi anni della guerra fredda, il Vaticano considerava la Croazia come la propria roccaforte nei Balcani''(136).
Per raggiungere i suoi scopi, il papa optò per lo spionaggio (29) e sul reclutamento di ex-nazisti per combattere i comunisti, cioè coloro che gli contendevano i territori dell'Unione Danubiana (32). Il Vaticano cercò anche di riutilizzare l'organizzazione clandestina costituita durante la guerra dai disertori dell'esercito russo in Germania ed in Austria: Estoni, Lituani, Cechi e altri cittadini di cultura prevalentemente cattolica (30-31). ``Per essere ammesso, ogni membro doveva prestare giuramento di fedeltà alla Chiesa, impegnandosi a a metterne gli interessi al di sopra persino della propria nazione di appartenenza''(31).

Geopolitica europea

Le potenze europee avevano dei progetti molto simili a quelli del papato:

1. Francia

``Non appena cessarono le ostilità, De Gaulle indisse un'agguerrita campagna per ottenere la simpatia dei popoli dell'Europa orientale. Il suo scopo era quello di creare un contraltare ai piani inglesi. [...]Il leader francese riteneva infatti che fosse necessario prepararsi a una nuova guerra contro Stalin per ristabilire il "legittimo" ruolo della Francia nella regione''(62). De Gaulle aveva allacciato stretti contatti con il Vaticano, tramite il cardinale francese Tisserant (63).
``De Gaulle voleva l'aiuto del papa per creare una confederazione europea che riunisse, tra gli altri, i cattolici di Spagna, Francia, Italia, Austria, Germania, Polonia, Ungheria, Slovacchia, Croazia, Slovenia e Stati baltici. [...]La Francia avrebbe dovuto firmare dei trattati di amicizia con la Spagna e con l'Italia, stabilendo così un potente triangolo che avrebbe ricevuto in seguito, grazie all'influenza del papa, l'aiuto degli stati cattolici sudamericani''(63).
La riuscita di questo triangolo era legata a quella della ``creazione di uno stato federale della Germania cattolica, separato dalla maggioranza protestante. L'ultimo anello del piano di De Gaulle era rappresentato da una Confederazione Pandanubiana Cattolica dell'Europa centrale. Un'alleanza con la Polonia e con gli Stati baltici avrebbe permesso agli slavi cattolici di staccarsi dai loro compatrioti ortodossi e protestanti assicurando il crollo della Jugoslavia, della Cecoslovacchia e di gran parte dell'Unione Sovietica''(63).
In poche parole, la Francia auspicava esattamente quello che è accaduto negli ultimi anni!

2. Gran Bretagna

``Gli Inglesi erano convinti che presto sarebbe scoppiata la guerra contro i sovietici''(65). Il premier inglese Winston Churchill stava portando avanti sin dagli inizi del 1944 la politica di ``creare una confederazione di nazioni dell'Europa centrale sotto l'influenza di Londra. Quando finì la guerra il SISlanciò una sofisticata operazione spionistica per reclutare gli emigrati politici dell'Europa centrale e orientale. Il SIS mirava ad istituire un'unione politica contro il bolscevismo e a fornire un aiuto materiale con lo scopo di attirare gli esuli nella sfera d'influenza inglese per operazioni di controspionaggio antisovietico e paramilitari. Gli inglesi avevano anche istituito delle logge massoniche tra gli esuli, attraendo in tal modo i più importanti leader balcanici''(64).
Padre ``Draganoviccominciò a far pressioni sugli inglesi in favore della Confederazione Pandanubiana agli inizi del 1944, quando consegnò all'ambasciatore inglese presso il Vaticano una lunga nota, con cui inoltrava proposte fatte da alti ministri ustascia a Zagabria''(66).

3. Gli intrighi degli Inglesi

Il dato che emerge è la rivalità che c'era subito dopo la fine della guerra fra Londra e Parigi, entrambe nel tentativo di controllare l'Europa centrale. Tuttavia le loro politiche si concretizzavano in piani molto simili, e simili a quelli del papato: essenzialmente l'idea della Confederazione Danubiana. Molto presto gli inglesi riuscirono a togliere l'iniziativa ai francesi. ``Alla fine dell'estate 1946 i servizi segreti inglesi avevano ottenuto un innegabile predominio sui rivali francesi''(65).
``Esisteva almeno un importante punto di accordo tra Parigi e Londra: si sarebbero dovuti escludere gli Stati Uniti da queste operazioni clandestine. Fu adottato lo slogan "l'Europa agli Europei, senza Russi né Americani. Facciamo combattere gli Stati Uniti contro i Russi e sfruttiamo la vittoria"''(65).
Gli inglesi ``avevano fatto infiltrare alcuni agenti tra gli emigrati politici, istituendo così dei centri spionistici a Graz e a Klagenfurt, nella zona austriaca [da loro]controllata''(64). ``Gli inglesi diedero assistenza persino ai nazisti e agli ustascia e, fin dall'inizio, costituirono centri militari e terroristici tra tutti i profughi balcanici. Avevano fretta e non volevano perdere tempo, per cui ebbero presto una magnifica organizzazione che si estendeva fino alle parti più remote dei Balcani''(65).
``John Colville, del Foreign Office, [...]ammise di aver permesso deliberatamente a molti fanatici ustascia di sfuggire alla giustizia''(111). ``Nel maggio del 1945, gli inglesi avevano riconsegnato molti croati relativamente innocenti nelle mani del governo comunista di Tito, destinandoli a una morte sicura. Invece molti criminali di guerra colpevoli di orrendi delitti erano fuggiti''(98). ``Avvalendosi dei seguaci di Pavelic, gli inglesi avevano intenzione di rovesciare il governo comunista di Belgrado. Alcuni simpatizzanti americani collaboravano già a queste operazioni senza autorizzazione ufficiale''(94).

``La maggior parte delle volte, le operazioni occidentali [di arresto dei criminali di guerra]facevano fiasco in maniera spettacolare. La ragione di questo era molto semplice. Interi settori delle autorità alleate collaboravano, in realtà, con il Vaticano per garantire che a molti fuggiaschi fosse permesso di partire di nascosto da Genova. Un diplomatico statunitense scoprì che le potenze occidentali erano apparentemente conniventi con il Vaticano e con l'Argentina per portare al sicuro in quest'ultimo paese persone colpevoli di crimini di guerra. Le cose stavano effettivamente così. Sia Washington sia Londra erano scese a patti con la Santa Sede per aiutare molti collaboratori dei nazisti a emigrare verso il sistema di espatrio clandestino messo a punto da Draganovic. Il Vaticano veniva cinicamente usato come copertura per la condotta immorale dell'occidente''(119).
``In quel periodo si poteva quasi parlare di cariche dirigenziali interdipendenti tra i servizi segreti occidentali e il Vaticano''(123).

Intermarium

Intermarium era una ``rete ben organizzata di emigrati politici nazisti dell'Europa centrale e orientale, la quale riceveva segretamente sostegno da parte di una piccola ma potente congrega di cui faceva parte lo stesso Pio XII''(59). Le radici di quest'organizzazione anticomunista risalivano ``agli anni Venti, [...]sorta a partire da un cosiddetto gruppo di esuli russi bianchi che fuggirono a Parigi in seguito alla presa del potere da parte dei bolscevichi''(59).
``L'Intermarium proclamava la necessità di una potente Confederazione Anticomunista Pandanubiana, composta per la maggior parte dalle nazioni cattoliche dell'Europa centrale. Prima della guerra, essa aveva ricevuto grandi aiuti dai servizi segreti francesi e inglesi per operazioni anticomuniste. [Nella fase prebellica]lo scopo dell'Intermarium era quello di creare un cordon sanitaire sia contro i russi sia contro i tedeschi''(60).
Durante la guerra era stata uno ``strumento nelle mani dei servizi segreti tedeschi: [...]nel 1939 la maggior parte dei capi dell'Intermarium aveva unito le proprie sorti a quelle di Hitler. Dopo la guerra, riuscirono a non farsi punire aiutando gli inglesi contro i sovietici''(71).

``Il Vaticano aveva appoggiato [le operazioni relative all'organizzazione di movimenti clandestini contro i russi]lavorando ufficiosamente con i francesi e con gli inglesi affinché dopo la seconda guerra mondiale l'Intermarium tornasse in attività''(61). ``La grande maggioranza dei capi dell'Intermarium era composta da ex-capi fascisti che lavoravano per i servizi segreti inglesi o francesi''(67).
``Per iniziativa di Rohracher, [arcivescovo di Salisburgo,]il vescovo di Klagenfurt indisse un incontro per discutere l'opportunità di riunire, in questa Confederazione [Pandanubiana]le nazioni cattoliche dell'Europa centrale. Oltre a Rohracher e al vescovo di Klagenfurt, parteciparono all'incontro anche i vescovi Gregory Rozmandi Lubiana e Ivan Saric di Sarajevo. Questi ultimi due prelati erano stati collaboratori entusiasti dei nazisti''(136).
Il presidente di Intermarium era lo sloveno Miha Krek(67).. Il principale organizzatore era l'ungherese Ferenc Vajta. Secondo quest'ultimo, occorreva ``una Confederazione Danubiana in cui venisse riconosciuta la libertà di tutti i popoli attraverso una democrazia sana e tradizionale. [Secondo lui era]giunto il momento di creare la grande unità europea e una Confederazione Pandanubiana composta da popoli aventi la stessa cultura e le stesse tradizioni''(72).
``Sotto la direzione francese, Vajta formò dei centri spionistici ad Innsbruck, Friburgo e Parigi. Gli emigrati politici viaggiavano coi documenti dell'Etat Majeur, così da poter andare in giro in tutta sicurezza e costituire una sofisticata rete di spionaggio''(62). Erano coinvolti anche i gesuiti, ``come agenti chiave del Vaticano, coinvolti in un programma di penetrazione all'interno di zone occupate dai comunisti''(68).
``Molti personaggi di spicco dell'Intermarium guidavano i corpi d'emigrazione patrocinati dal Vaticano:''il vescovo Hudal, padre Draganovic, monsignor Preseren, il vescovo Bucko, e padre Gallov (68).
Il CIC, servizio segreto americano, indagando trovò ``tracce di questa confederazione pandanubiana nella rinascita postbellica del movimento ustascia. Formatosi alla fine degli anni Venti, questo gruppo fascista aveva condotto, negli anni Trenta, una campagna terroristica a livello internazionale. Poi, durante la guerra, fu messo al potere in Croazia dai nazisti e procedette allo sterminio di centinaia di migliaia di civili innocenti. Il 25 giugno, soltanto sette settimane dopo la conclusione della guerra, gli ustascia si erano messi in contatto con la missione papale a Salisburgo, nella zona dell'Austria controllata dagli Stati Uniti. Chiedevano l'assistenza del papa per creare un altro Stato croato indipendente, o almeno un'unione adriatico-danubiana in cui la Croazia, secondo le leggi di natura, avrebbe potuto avere la possibilità di svilupparsi''(60).
Intermarium sfociò, fra le altre cose, nel movimento dei krizari, ossia un'organizzazione di terroristi croati, reclutati nelle file degli ex-ustascia, al fine di destabilizzare la Federazione di Jugoslavia (136).
In Italia, il referente politico era la Democrazia Cristiana (68).

Strategia americana

Secondo Ferenc Vajta, dopo la guerra i servizi segreti americani avrebbero assoldato ``soltanto ebrei: sovietofili e idioti'', credendo i "profughi" dei paesi cattolici dell'Europa centrale essere ``tutti nazisti, tutti collaboratori, traditori e gente con cui non si poteva lavorare''(72). Questo era il motivo per cui i migliori esperti dell'Intermariumsi misero a disposizione dei servizi francesi ed inglesi, i quali a differenza degli americani li accolsero ``a braccia aperte''. La conseguenza per gli USA fu la perdita del controllo delle attività spionistiche in Austria e Germania (72).
Nel 1947, Vajta tentò di ottenere l'inversione di questa politica americana, cercando di convincere l'agente del CICGowen: ``ne abbiamo abbastanza dei piccoli intrighi inglesi e francesi. Ora, finalmente, è giunto il momento di riorganizzare l'Europa orientale in modo che la pace sia fruttuosa. [...]Gli inglesi e i francesi non ci possono più aiutare economicamente, ma gli Stati Uniti possono farlo''(72).
Alcuni agenti americani stavano già collaborando con gli inglesi al piano per rovesciare il governo comunista di Belgrado avvalendosi dei seguaci di Pavelic, ma questo avveniva senza autorizzazione da parte dei comandi a Washington (94). ``Nei primi giorni di luglio 1947, invece, Gowen cominciò a sostenere energicamente che i servizi segreti americani avrebbero dovuto assumere il controllo dell'Intermarium; non molto tempo dopo, il funzionario del CIC smise di dare la caccia ai nazisti, ed incominciò piuttosto ad ingaggiarli''(70). In particolare, gli americani rinunciarono a portare a compimento l'arresto di Ante Pavelic, marcando così la conclusione della loro alleanza con Vajta (92).
Nel settembre 1947, gli Stati Uniti aiutarono Vajta a fuggire dall'Italia verso la Spagna, e gli promisero ``che, se l'ungherese fosse riuscito ad organizzare un nuovo movimento, avrebbe avuto a disposizione i fondi statunitensi''(74).

L'Unione Continentale

Nell'autunno 1947 ``Vajtadecise di fondare un nuovo gruppo anticomunista, che battezzò Unione Continentale. Il suo scopo era quello di togliere all'Intermarium, controllato dagli inglesi, i capi degli immigrati politici, per attirarli nell'orbita di Washington''(74-75).
Vajta e Gowen ``ricevettero anche l'aiuto di un alto sacerdote cattolico ungherese, monsignor Zoltán Nyísztor. [...]Ciò consentì loro di procurarsi il sostegno del nunzio papale a Madrid, che giunse in loro aiuto con una lettera dai toni accesi di quattro pagine, indirizzata al ministro degli esteri [spagnolo]Artajo, avvertendo che l'Intermarium aveva subito delle infiltrazioni da parte della massoneria francese e inglese. In seguito all'intervento diplomatico del Vaticano, Artajo ordinò ai suoi funzionari di aiutare Vajta e la sua Unione Continentale''(75).
Insieme al suo ``vecchio amico''Marjan Szumlakowski, Vajta intavolò ``dei negoziati con alti funzionari del governo del generale Franco, il cui risultato fu l'istituzione di un nuovo centro di emigrati politici a Madrid''(75). Gli uomini dell'Unione Continentale avevano ``libero ingresso in Spagna [...]in cambio di informazioni segrete sulle operazioni sovietiche''(75).
Erano stati stabiliti contatti con l'arcivescovo di Toledo (68). Era inoltre coinvolto anche Joaquin Ruiz-Giménez, il quale poco dopo ``venne nominato ambasciatore del generale Franco presso la Santa Sede''(75). L'istituto culturale spagnolo diretto da Giménez costituiva la copertura ai finanziamenti governativi spagnoli (75).
L'Unione Continentale morì nel 1948, quando Vajta fu arrestato negli Stati Uniti (77).

La rete di fuga dei criminali di guerra tedeschi

I conventi, gli istituti religiosi e le organizzazioni caritatevoli costituivano nel 1945 la rete attraverso la quale i nazisti poterono sfuggire ai tribunali:
``Alcuni dei criminali di guerra più ricercati passarono da Rauff, a Milano, al vescovo Hudalnel Pontificio Collegio di Santa Maria dell'Anima a Roma, per finire poi dall'arcivescovo Siria Genova. Qui s'imbarcarono su delle navi e salparono verso una nuova vita in Sudamerica'' (48).
La rete era stata predisposta con un certo anticipo: Hudal incontrò Walter Rauff, assassino di circa 100.000 persone uccise nei furgoni a gas mobili, fin dalla primavera del 1943 (41). In quell'occasione ``furono stabiliti i primi contatti [...]che avrebbero portato, infine, all'istituzione, da parte di Hudal, di una rete per l'espatrio clandestino dei criminali nazisti'' (42).
``A seguito del crollo effettivo dell'esercito tedesco in Italia, Pio XIIavviò una campagna per ottenere il diritto di inviare i suoi rappresentanti personali in visita alle decine di migliaia di prigionieri di guerra e internati civili che allora si trovavano nei campi italiani'', con particolare riferimento a quelli di lingua tedesca (43-44). Ottenuto tale diritto, fu nominato ``per prestar soccorso alla popolazione nemica sconfitta [il vescovo antisemita]Hudal'' (44). La scelta ebbe il complice avallo degli Americani, che ``sapevano tutto sulle convinzioni politiche del vescovo austriaco'' e il cui servizio segreto aveva redatto un dossier sul libro filonazista che costui aveva pubblicato nel 1936 (45).
``Senza la diretta intercessione diplomatica del Vaticano [egli]non sarebbe mai riuscito a entrare in contatto con tanti criminali di guerra nazisti'' (45).
Lo stesso Hudal, molti anni più tardi scrisse:
``Ringrazio Dio per avermi permesso di visitare e confortare molte vittime nelle loro prigioni e nei campi di concentramento e di aiutarle a fuggire con falsi documenti di identità.
[...]La guerra intrapresa dagli alleati contro la Germania non fu motivata da una crociata, bensì dalla rivalità dei complessi economici per la cui vittoria essi avevano combattuto. Questo cosiddetto business [...]si servì di slogan come democrazia, razza, libertà religiosa e cristianesimo quali esche per le masse. Tutte queste esperienze mi fecero sentire in dovere, dopo il 1945, di dedicare la mia opera caritatevole principalmente ad ex-nazionalsocialisti ed ex-fascisti, soprattutto ai cosiddetti "criminali di guerra"'' (45).

Hudal era in grado di fornire qualsiasi tipo di documenti falsi:
``carte d'identità italiane, falsi certificati di nascita, persino dei visti per il paese verso cui si era diretti. I più utili erano i passaporti della Croce Rossa Internazionale'' (48).
``La Santa Sede patrocinava il traffico illecito di documenti della Croce Rossa, ottenuti con un falso nome o una falsa nazionalità. [...]Il perno di questa operazione era il prete ungherese Gallov'' (52).
I passaporti e documenti di identità e di viaggio occorrenti per aiutare i suoi amici nazisti erano forniti al vescovo Hudal da Montinitramite la Commissione Pontificia di Assistenza ai profughi e la Caritas Internazionale (43).
Il traffico illecito di documenti della Croce Rossa era noto ai servizi segreti americani (49), ed anche il fatto che il Vaticano stava agevolando la fuga di criminali di guerra, come è scritto nel "Rapporto La Vista" del 1947: vi erano elencate ``più di venti organizzazioni assistenziali vaticane implicate nell'emigrazione illecita o sospettate di esserlo. In cima alla lista degli ecclesiastici coinvolti c'era l'onnipresente vescovo Hudal'' (50). ``I burocrati di Washington decisero, alla fine, di inoltrare soltanto una protesta discreta e molto informale presso la Santa Sede'' (53). ``Il Dipartimento di Stato sembrava preoccuparsi maggiormente del fatto che i documenti falsi potessero inavvertitamente aiutare degli ebrei diretti in Palestina o degli agenti segreti comunisti [...]diretti verso l'emisfero occidentale'' (53).
Inoltre il capitale privato americano aveva preso, autonomamente rispetto al proprio governo, l'iniziativa di finanziare quest'emigrazione illegale (54). 
 
Alois Hudal
Le azioni di Hudal a favore dei nazisti non passarono inosservate, ed una serie di articoli apparsi sulla stampa italiana nel 1947 fecero scoppiare uno scandalo, mettendo in cattiva luce persino Pio XII (54). Hudal fu costretto a ritirarsi, ma non per questo terminò il traffico: ``da quel momento vennero prese misure straordinarie per nascondere i percorsi di fuga dei nazisti'' (55).
La rete fu riorganizzata meglio, e sempre con l'autorizzazione di alti funzionari ecclesiastici: ``Il Vaticano sceglieva, per questo lavoro, dei preti fascisti dell'Europa Centrale'' (55).

La rete di fuga di Hudal era inserita nell'organizzazione nota con la sigla ODESSA - Organisation der Ehemaligen SS Angehörigen (organizzazione degli ex-appartenenti alle SS). Troviamo ulteriori annotazioni nell'articolo "I segreti della ODESSA" su
Storia Illustrata:
``Segnando un giorno su un mappamondo gli itinerari percorsi nella loro fuga da alcuni tra i maggiori criminali nazisti, Simon Wiesenthal [un sopravvissuto del campo di concentramento di Mauthausen, diventato poi cacciatore di nazisti e direttore del Centro di Documentazione di Vienna sull'olocausto]si accorse che seguivano grosso modo tre direttrici principali. Il primo di questi itinerari conduceva dalla Germania in Austria, poi in Italia e di qui in Spagna. Il secondo collegava la Germania con i paesi arabi, il terzo con il Sud America, precisamente con l'Argentina. Questo paese infatti, fino al 1955 -l'anno in cui cadde la dittatura di Perón- fu uno dei rifugi preferiti dei criminali nazisti che in seguito si indirizzarono verso il Paraguay.
Wiesenthal constatò che molte fughe, iniziate nelle più diverse città tedesche, convergevano verso Memmingen, un centro medievale nel cuore dell'Allgäu (regione della Germania meridionale, tra la Baviera e il Württemberg); da qui i fuggiaschi si dirigevano a Innsbruck e, attraverso il Brennero, passavano in Italia.
[...]Alla fine della guerra, in piena occupazione alleata, era sorta in Germania una serie di reti di contatto tra i nazisti chiusi in carcere e gruppi clandestini che facevano capo a ex-gerarchi i quali vivevano nascosti sotto falsi nomi. Già molto tempo prima del crollo del Terzo Reich, infatti, i capi nazisti avevano ricevuto dal partito documenti di identità con nomi falsi e stabilito dei codici segreti da usare in caso di necessità.
[...]Le due principali vie di fuga andavano da Brema a Roma e da Brema a Genova. Lungo tutto il confine austro-tedesco, nel distretto di Salisburgo e in Tirolo, ogni 60 o 70 km di percorso c'era uno scalo costituito da un massimo di cinque persone, le quali conoscevano soltanto l'ubicazione dei due scali più vicini: quello da cui giungevano a loro i fuggiaschi e quello a cui dovevano indirizzarli. Questi scali erano mimetizzati nei luoghi più fuorimano: capanne isolate, fattorie vicine ai confini, locande nascoste in mezzo ai boschi. Qui i fuggiaschi giungevano accompagnati dai "corrieri", persone che si occultavano sotto le più impensate attività.
Tra questi corrieri, ad esempio, c'erano molti degli autisti tedeschi che gli Alleati avevano assunto per guidare sull'autostrada Monaco-Saliburgo i camion militari adibiti al trasporto del giornale dell'esercito americano "The Stars and Stripes". Così, spesso, nascosti dietro pacchi di giornali, viaggiavano criminali nazisti. Questi poi, con documenti falsi e talvolta accompagnati da donne e bambini che per sviare l'attenzione delle autorità di frontiera si dichiaravano loro parenti, riuscivano a varcare il confine.
[...]Fu grazie all'ODESSA -afferma Wiesenthal- che Bormann, Eichmann, Mengele e altri, riuscirono a fuggire dalla Germania e a far perdere così bene le loro tracce.
In seguito, da altre fonti, Wiesenthal apprese che uno dei principali organizzatori dell'ODESSA era un ex-capitano delle SS: Franz Röstel, che si nascondeva sotto il nome di Haddad Said, viaggiava con passaporto siriano e faceva la spola da Lindau a Zurigo o Ginevra e da qui verso la Costa Brava, in Spagna (altro rifugio prediletto dagli ex-nazisti), l'Oriente, il Sud America. Scoprì anche che l'ODESSA si era valsa più volte, tra l'Italia e l'Austria, della cosiddetta via dei conventi, servendosi cioè di case religiose, soprattutto di frati i quali, per carità cristiana, davano ospitalità per qualche ora o per qualche giorno ai fuggiaschi, come in passato avevano accolto gli ebrei braccati dai nazisti.''
L'ODESSA era finanziata con i fondi degli ``industriali della Renania e della Ruhr, che nel 1933 erano stati i sostenitori di Hitler, [i quali]avendo compreso che la guerra era ormai perduta, avevano deciso di buttare a mare il Führer. Si erano perciò accordati per impedire che le ricchezze del Terzo Reich cadessero in mano agli Alleati. Così cominciarono a trasferire cospicui fondi nei Paesi neutrali, sotto la copertura di uomini di paglia che, con operazioni commerciali legittime, diedero vita a colossali imprese.
Un rapporto pubblicato nel 1946 dal Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti riferisce che le società create in tutto il mondo con il denaro proveniente dai forzieri degli industriali nazisti erano allora 750, di cui 112 in Spagna, 58 in Portogallo, 35 in Turchia, 98 in Argentina, 214 in Svizzera, 233 in vari altri paesi. Ma il segreto bancario, inviolabile, copre questi trasferimenti di fondi e con essi i nomi dei finanziatori dell'organizzazione ODESSA.''

La rete di fuga dei criminali di guerra croati

``La maggior parte degli assassini non era neppure tedesca. Alla fine della seconda guerra mondiale, c'erano decine di migliaia di europei dell'Europa orientale e centrale che avevano collaborato con i nazisti ed erano altrettanto colpevoli. Erano capi dei governi fantoccio nazisti, funzionari municipali, capi di polizia e membri delle unità locali di polizia ausiliaria che avevano eseguito l'olocausto. Molti si trovavano sulle liste nere degli alleati'' (97).
Fra gli stati fantoccio di Hitler vi era la Croazia indipendente, governata dal movimento ustascia (fascisti croati) di Ante Pavelic. Se la rete del vescovo Hudalera specializzata nella fuga dei criminali di guerra tedeschi, esisteva una seconda rete specializzata negli ustascia.
``Padre Krunoslav Draganovic, segretario dell'Istituto Croato di San Girolamo, era il principale organizzatore delle ratlinesutilizzate da noti criminali di guerra per sfuggire'' alla giustizia (85). ``Gli ustascia furono i primi a beneficiare della protezione di Draganovic.'' Secondo gli storici ufficiali del Vaticano, infatti, si trattava di "profughi croati" (98). La maggior parte dei fuggiaschi finì per trovare rifugio in Gran Bretagna, Canada, Australia e Stati Uniti (97). 
Padre Draganovic
Non era per puri fini umanitari che il Vaticano metteva in salvo queste persone: ``Draganovic li reclutava per entrare a far parte dei krizari'', e per utilizzarli in azioni terroristiche contro la Federazione Jugoslava (131).
Anche i fascisti sloveni fuggivano: ``nell'agosto del 1944 [...]gli ecclesiastici sloveni stavano collaborando attivamente con i nazisti e già operavano a stretto contatto con Draganovic per fornire assistenza ai profughi'' (137).

``La Chiesa aveva conferito pieni poteri a Draganovic'' e, a dire di padre Cecelja, ne approvava il lavoro (105).
``Una volta, all'inizio di marzo del 1946, il sacerdote croato si appellò a eminenti figure ecclesiastiche in varie parti del mondo, tra cui i cardinali Griffin e Gilroy in Inghilterra e in Australia, richiedendo la loro assistenza. Poi fece pressioni sulla Segreteria di Stato affinché intervenisse ufficialmente. Infine, si rivolse direttamente a Pio XII.
L'oggetto del suo appello erano duecento ex-miliziani ustascia e numerosi membri delle scellerate divisioni SSPrincipe Eugenio e Handzar. I primi erano slavi tedeschi, mentre i secondi venivano raccolti tra la considerevole popolazione musulmana della Bosnia. Entrambi i gruppi avevano commesso delle atrocità contro civili innocenti. Tra le altre persone difese da Draganovic, figuravano gli ex-ministri del governo ustascia Dragutin Toth, Vjekoslav Vrancic, Mile Starcevic, e Stjiepo Peric, come pure l'ex-capo dell'aviazione Vladimir Kren. [...]Alcuni di questi uomini si nascondevano all'interno dell'Istituto di San Girolamo o in Vaticano.
Il Vaticano agì subito, sottoponendo questi casi all'attenzione dei diplomatici inglesi e americani e raccomandando alla loro cortese attenzione e considerazione l'appello di padre Draganovic. Fecero seguito molti altri interventi diplomatici da parte del Vaticano, la maggioranza dei quali in favore di uomini che avevano perpetrato di recente l'olocausto nazista'' (126-127).

Come nel caso della
rete di Hudal, i preparativi iniziarono con grande anticipo. Sin dall'agosto 1943 Draganovic cominciò ad intercedere per Ante Pavelicin Vaticano, e ad attuare ``i piani di Pavelic relativi all'istituzione di un sistema per l'espatrio clandestino dei nazisti'', coinvolgendo lo stesso papa Pio XII e ``alti funzionari della Segreteria di Stato vaticana e dei servizi segreti italiani. Il suo collegamento più importante era quello con monsignor Montini'' (66,98). Nel 1944, la ratline era già pronta per essere aperta (67).
``La maggior parte dell'organico [della ratline]era costituito da sacerdoti croati'', la maggior parte dei quali erano legati alla Confraternita di San Girolamo (107-108). ``Con l'aiuto di altri ecclesiastici, fanatici nazionalisti croati, [la Confraternita]divenne il quartier generale delle ratlines'' (66).
``Sebbene Draganovic fosse noto ai diplomatici occidentali come fanatico ustascia, i servizi segreti alleati gli diedero carta bianca'' per visitare i campi profughi, esattamente come avevano fatto con Hudal (98-99).
``Nel maggio del 1945, servendosi di documenti di viaggio americani, il sacerdote slavo si avventurò fuori di Roma. A bordo di un'automobile americana, visitò l'Italia settentrionale e le zone intorno a Klagenfurt e Villach, sul confine austro-jugoslavo. Lì prese contatto con i maggiori leader ustascia, nonché con altri sacerdoti fascisti che prendevano parte alle operazioni della ratline.
Il perno dell'organizzazione di Draganovic per l'espatrio clandestino era la Confraternita di San Girolamo, che prendeva il nome dall'omonimo istituto situato a Roma, in via Tomacelli 132, base principale delle sue operazioni. 
Il comitato centrale della confraternita era costituito da monsignor Juraj Magjerec, presidente e rettore dell'Istituto, da padre Dominik Mandic, vicepresidente e tesoriere, e dal suo assistente Vitomir Naletilic, nonché naturalmente da padre Krunoslav Draganovic, che ricopriva la carica di segretario. La confraternita fu presto riconosciuta Comitato ufficiale croato della Commissione Assistenziale Pontificia, il corpo papale di assistenza ai profughi.
[...]In apparenza, il comitato croato offriva assistenza morale e materiale ai profughi, ma attraverso la commissione pontificia manteneva anche stretti collegamenti con la Croce Rossa Internazionale e con le autorità alleate in Italia. Draganovic aveva rapporti particolarmente stretti con due ufficiali dei servizi segreti occidentali, il colonnello C. Findlay, direttore della sezione profughi e rimpatrio delle forze di occupazione, e il suo assistente, il maggiore Simcock.
[...]Draganovic aveva anche stretti rapporti con importanti funzionari italiani, specialmente col funzionario degli Affari Interni, Migliore, che dirigeva il servizio segreto italiano e la sezione di polizia che si occupava dei profughi in Italia. Draganovic raggiunse un accordo con Migliore per ottenere ufficiosamente l'appoggio dell'Italia -in particolare quello della sezione stranieri della questura- alla sua ratline.
Attraverso questa ragnatela di influenti contatti, Draganovic costruì una sofisticata organizzazione che si estendeva in Italia, in Austria e in Germania. Il comitato croato della Commissione Profughi del papa era in grado d'inviare i suoi agenti a far visita ai numerosi campi in cui si erano rifugiati i criminali di guerra nazisti che cercavano di fuggire. La maggior parte di questi agenti era costituita da sacerdoti cattolici croati e, anche se gran parte del loro lavoro spirituale e materiale consisteva nell'aiutare effettivamente i malati, gli invalidi, le vedove e i veri profughi, c'era tempo in abbondanza per aiutare anche i fuggiaschi'' (99-100).
Tra i fuggiaschi che ricevettero l'aiuto di Draganovic, il nome eccellente è quello dell'ex-dittatore croato Ante Pavelicin persona. ``Nell'ambito dei servizi segreti occidentali, quasi tutti sapevano che Draganovic stava proteggendo Ante Pavelic, che si nascondeva in Vaticano. Inoltre, all'epoca, la ratline di Draganovic era nota a tutti nell'ambito dei servizi segreti. Il sacerdote era tristemente noto per il suo vizio di aiutare i criminali di guerra a fuggire''(123). Del resto, gli anglo-americani non si limitavano a lasciarlo fare. ``Draganovic faceva regolarmente visita al quartier generale dell'esercito e dei servizi segreti a Roma, dove il maggiore Simcock gli rivelava i dettagli delle imminenti operazioni di arresto dei fuggiaschi'' (121).
``Gli Italiani vennero a sapere che, presso la Confraternita di San Girolamo, erano alloggiati molti criminali latitanti, tra i quali alcuni alti membri del governo di Pavelic. Tuttavia non venne intrapresa alcuna azione contro Draganovic né contro i funzionari italiani che gli davano una mano''(109-110). Ed infatti, erano stretti i legami del prete croato nei servizi segreti italiani (123).
Grazie all'aiuto di Montini e della Commissione papale per l'assistenza ai profughi, Draganovic ``ottenne una gran quantità di documenti di identità. [...]Migliaia di questi documenti aiutarono i fuggitivi ad eludere la giustizia'' (67). ``La ratline di Draganovic era una rete sofisticata e professionale. Era ottimamente organizzata e poteva occuparsi di centinaia di fuggitivi alla volta. [In tutto]furono fatte pervenire a Roma circa 30.000 persone provenienti dall'Austria, per poi farle proseguire fino a Genova e a nuove patrie nell'America settentrionale e meridionale e in Australia'' (96).

``Le operazioni di espatrio clandestino ebbero inizio in Austria, dove padre Ceceljafungeva da collegamento con Roma'' (100). Cecelja era il terminale austriaco di Draganovic, e aveva iniziato a lavorare alla preparazione della rete di espatrio sin dal maggio 1944 (102).
Cecelja si trovava a Vienna. L'armata rossa avanzava, e la sconfitta si avvicinava. Nella Pasqua del 1945 ``l'irriducibile "ustascia giurato" (Cecelja)lasciò Vienna e trasferì la sua base vicino a Salisburgo, dove, alla fine della guerra, si erano riuniti molti fuggitivi nazisti'' (102). 


Intervistato dagli autori del libro, ``Cecelja dichiarò con orgoglio [che il suo compito era stato quello di]fornire documenti alle persone che avevano perduto i propri. Non nascose di aver aiutato dei fuggitivi a cambiare identità:
Disponevo di moduli di domanda della Croce Rossa a pacchi, per mezzo dei quali fornivo una nuova identità a chiunque volesse cambiare il proprio nome e la propria storia personale'' (103).
``In Austria era la sua sezione dell'organizzazione a prendersi cura dei fuggitivi, dando loro i soldi, il cibo, l'alloggio e i documenti falsi di cui avevano bisogno per intraprendere il viaggio dall'Austria all'Italia. A Roma, invece, era Draganovic il centro nevralgico dell'operazione. Provvedeva ai documenti di viaggio internazionali e, attraverso i suoi contatti ad alto livello con i consolati sudamericani procurava i visti necessari, soprattutto per l'Argentina. Una volta a settimana Cecelja chiamava Draganovic per sapere quanti posti fossero disponibili per quella settimana, e poi inviava a Roma quel numero esatto di persone'' (105).
Draganovicforniva ai fuggiaschi croati ``il necessario aiuto morale e materiale, facendo in modo di farli fuggire in Sudamerica. Veniva aiutato in questa attività dai suoi numerosi contatti con le ambasciate e le legazioni del Sudamerica in Italia e con la Croce Rossa Internazionale, nonché dal fatto che la Confraternita croata del Collegio di San Girolamo degli Illirici, dove aveva il suo ufficio, emetteva false carte d'identità a beneficio degli ustascia. Con tali documenti e con l'approvazione della Commissione Pontificia per l'Assistenza ai Profughi, situata in via Piave 41 a Roma e controllata quasi esclusivamente dagli ustascia, si potevano ottenere passaporti della Croce Rossa Internazionale, di cui Draganovic riusciva a garantire l'emissione'' (109).
``Le carte d'identità false rilasciate ai criminali di guerra in fuga erano stampate nella tipografia francescana. [...]A organizzare tutto questo era [il francescano]padre Dominik Mandic, il rappresentante ufficiale del Vaticano presso la Confraternita di San Girolamo'' (109). ``Avvalendosi dei suoi collegamenti con la polizia segreta italiana, Draganovic fece sì che le carte d'identità francescane venissero accettate come documenti ufficiali sulla cui base venivano poi rilasciate le carte d'identità italiane e i permessi di residenza''(109).
Mandic ``mise anche la tipografia francescana a disposizione dell'apparato propagandistico degli ustascia. Gran parte della campagna, patrocinata dagli inglesi e intrapresa nei campi profughi come quelli di Fermo, di Modena e di Bagnoli, dovette il suo successo ai tipografi francescani. Lo stesso Mandic visitava regolarmente i campi per pronunciare discorsi d'incitamento ai militanti ustascia riuniti per ascoltarlo'' (109).

``La tappa successiva della sofisticata ratline del Vaticano era Genova, dove un altro sacerdote croato si occupava dei passeggeri: monsignor Karlo Petranovic'' (113).

``Draganovic gli telefonava regolarmente per dirgli di quanti posti avesse bisogno. Petranovic aveva già visitato gli uffici d'imbarco locali e prenotato delle cuccette. Diceva allora a Draganovic quante fossero le cuccette disponibili e, un paio di giorni prima dell'imbarco, veniva mandato a Genova un numero corrispondente di persone. Draganovic aveva già fornito ai passeggeri i documenti di viaggio e i visti necessari, perciò Petranovic non doveva fare altro che trovar loro un alloggio per pochi giorni e poi condurli alla nave. Alcune delle persone che aiutò erano senza dubbio profughi veri e propri; [tuttavia]molti importanti criminali di guerra fuggirono da Genova grazie al suo aiuto'' (116).
Gli inglesi conoscevano benissimo i movimenti di Petranovic a Genova, dato che lo tenevano sotto sorveglianza speciale (116).

I krizari

Il motivo per cui il Vaticano ed i servizi segreti occidentali lasciarono fuggire gli ustascia era la necessità di sconfiggere il nemico "ateo bolscevico", creando un movimento di resistenza clandestino per far scoppiare un'insurrezione nella neonata Jugoslaviadi Tito.
Oltre al compito di aiutarli a scappare, nel dopoguerra Draganovicaveva anche ``quello di coordinare e dirigere l'attività degli ustascia in Italia'' (108).
Poche settimane dopo la conclusione della guerra, il 25 giugno 1945, gli ustascia si erano messi in contatto con la missione papale a Salisburgo, nella zona dell'Austria controllata dagli Stati Uniti (60). ``Chiedevano l'assistenza del papa per creare un altro Stato croato indipendente, o almeno un'unione adriatico-danubiana in cui la Croazia, secondo le leggi di natura, avrebbe la possibilità di svilupparsi'' (60).
``Uno degli ecclesiastici che maggiormente si impegnarono ad aiutare gli ustascia fu l'arcivescovo di Salisburgo Andreas Rohracher [il quale]mise la Chiesa a disposizione della Confederazione Pandanubiana dell'Intermarium'' (136).
I servizi segreti occidentali conoscevano benissimo queste trame, ed un rapporto dei servizi segreti USA di quegli anni lo riassumeva con le seguenti parole: ``Stanno tentando di istituire lo Stato Intermarium o Inter-Danubio, composto da tutte le nazioni cattoliche dell'Europa sudorientale'' (149). Anche ``importanti politici e burocrati italiani aiutavano le operazioni terroristiche dei krizari''(135).

Nel 1945 gli ustascia formularono
``l'offerta di mettersi a disposizione del comando anglo-americano. [...]Gli inglesi avevano accettato immediatamente questa offerta'' (136).
``Sia gli inglesi sia, in un secondo momento, gli americani avevano assoldato quegli stessi nazisti che venivano protetti dalla Chiesa'' (128) per ``colpire con azioni terroristiche bersagli strategici e uomini al servizio dei comunisti'' all'interno della Jugoslavia (129). ``Questi agenti venivano presi dalle fila degli ustascia sconfitti di Pavelic. Riandando ai giorni della cristianità militante, il poglavnik chiamò questi guerrieri cattolici "krizari", ossia i suoi crociati'' (129). Tale nome derivava da quello di un gruppo ecclesiastico ufficiale degli anni Trenta, denominato anch'esso "krizari" (145).
``Il distaccamento del CICa Trieste riceveva informazioni sulle operazioni che inglesi e americani dovevano compiere congiuntamente, tra cui una campagna di reclutamento patrocinata dagli alleati al fine di procacciare volontari per il movimento krizari. Molti di questi volontari erano già stati portati in un campo di addestramento americano ad Udine o lì vicino, dove ricevevano la preparazione necessaria. Venivano dati loro approvvigionamenti e uniformi dell'esercito americano, più 700 lire al giorno di paga. Alla fine del loro addestramento, gli uomini venivano muniti di armi americane e portati in Austria, dai cui confini entravano in territorio jugoslavo. Potevano utilizzare i campi inglesi in Austria, nei quali si ritiravano periodicamente per riposarsi'' (145).
Uno dei principali collegamenti americani con la ratline di Draganovic``durante gli anni 1946-47 [era]il colonnello Lewis Perry, [che]faceva parte del distaccamento del CIC a Trieste'' (145-146). Costui manteneva rapporti in particolare con Srecko Rover(146).
``Pavelic e Draganovic collaboravano strettamente, impartendo di comune accordo i loro ordini ai gruppi terroristici'' (132). ``Pavelic e i camerati più vicini a lui s'incontravano regolarmente con elementi simpatizzanti delle forze armate inglesi, che avevano pagato per la riorganizzazione unitaria degli ustascia da usare, alla fine, contro Tito'' (136).
``I rifornimenti militari ai krizari provenivano quasi esclusivamente dagli inglesi e comprendevano mortai, mitragliatrici, fucili mitragliatori, radio ricetrasmittenti da campo e uniformi di fattura inglese'' (136-137). In Vaticano si trovava ``il centro del comando. Gli aiuti [...]armi e altri rifornimenti di base arrivavano dal Vaticano con metodi clandestini. [...]Le armi che giungevano in Croazia provenivano dalla Svizzera'' (137).
Il finanziamento del movimento avveniva attraverso le operazioni di riciclaggio di denaro sporco di sangueproveniente dal furto nei confronti degli ebrei e dei serbi durante la guerra; inoltre ``attraverso figure molto influenti in ambito ecclesiastico, il comando dei krizari riceveva dei fondi vaticani. Alcuni furono usati per indurre il governo italiano di Alcide de Gasperi a fornire le armi richieste per la loro crociata contro Tito'' (143).
``Il colonnello dei krizari Drago Marinkovic [...]aveva la responsabilità di procurarsi armi e fondi di provenienza italiana, viaggiando in lungo e in largo per le missioni tra Trieste, Venezia e Roma. Inoltre Marinkovic aveva contattato il Vaticano a Roma, dove [era]riuscito ad ottenere una grossa somma di denaro. [...]Questi soldi servirono per procurarsi delle armi: [...]un camion con rimorchio che trasportava fucili mitragliatori nascosti tra pezzi di mobilio [fu consegnato ad]un gruppo di persone in attesa di portare le armi in Jugoslavia'' (143).
``I criminali comuni, soprattutto spacciatori di droga e operatori del mercato nero, venivano spesso utilizzati per aiutare i krizari ad attraversare il confine jugoslavo'' (145). Il traffico delle armi avveniva ``dietro la copertura della Croce Rossa Italiana'' (145).
A dicembre 1945 ``padre Ivan Condric e altri quattro preti furono riconosciuti colpevoli di aver organizzato le azioni terroristiche dei krizari'' (131). Si trattava del primo processo contro i krizari in Jugoslavia: in seguito ne vennero altri.
``Nell'agosto del 1946, una quantità considerevole di opuscoli venne gettata sul territorio croato da alcuni aeroplani, decollati, a quanto pare, dalla zona inglese dell'Austria. Questi opuscoli, firmati da Pavelic, dichiaravano che la guerra sarebbe continuata senza tregua fino alla definitiva eliminazione di Tito [...]'' (136).
Negli anni 1946-47, i krizari si infiltrarono in Croazia a partire dalle loro basi in Austria: ``i loro ordini erano di rafforzare il movimento clandestino e di lanciare una violenta campagna di assassinii e sabotaggi, per prepararsi al momento in cui avrebbero finalmente regolato i conti coi loro vecchi nemici. Il loro scopo era quello di ricongiungersi coi potenti reparti che operavano sull'impervio terreno, distruggere le comunicazioni telegrafiche, telefoniche e ferroviarie, attaccare l'industria e assassinare i più importanti rappresentanti politici e militari. Invece di trovare un movimento clandestino ben organizzato di 300.000 uomini, s'imbatterono presto nell'efficiente e spietata polizia segreta di Tito. A pochi giorni, se non addirittura a poche ore, dal superamento del confine, la maggior parte di loro si ritrovò in mano ai comunisti'' (130-131).
Tra di loro ``c'erano alcune persone che avevano eseguito le stragi più brutali per conto di Ante Pavelic, uomini che avevano messo in atto i sanguinosi metodi politici e razziali del loro poglavnik con incredibile accanimento'' (130).
``Il contatto radio era mantenuto mediante una radio da campo fatta funzionare da Vrancic[...]e situata nella zona inglese dell'Austria. Si ritiene che al servizio di corriere ustascia all'interno delle zone austriache collaborasse la Chiesa cattolica romana in Austria [e in particolare]il cardinale di Graz'' (133).
``L'uomo al comando delle operazioni era uno dei più fedeli servitori del poglavnik, Bozidar Kavran, assistito da Lovro Susic'' (134).

``Gli Sloveni avevano istituito la loro sezione del movimento krizari'' sotto la leadership spirituale del vescovo di Lubiana Rozman, che si era rifugiato a Klagenfurt (137-138). Il capo dei krizari sloveni era Franjo Lipovec (143). ``Nel 1945 [Lipovec]fu arrestato dal SISa Trieste, dove [...]fu assunto e stipendiato'' dal servizio segreto inglese (143).
``Lipovec costituiva il principale legame tra i krizari e il governo italiano. Nell'agosto 1946, s'incontrò con alti ufficiali del servizio segreto militare italiano, i quali proposero di stabilire un certo grado di collaborazione. Lipovec accettò la loro offerta e vendette completamente se stesso e i suoi piani agli italiani. Tali piani vennero a loro volta forniti al capo di gabinetto di De Gasperi e, in seguito, il presidente del Consiglio italiano assicurò a Lipovec che il suo governo avrebbe fatto, in via ufficiosa, qualsiasi cosa in suo potere per rafforzare l'opposizione a Tito, promettendogli un appoggio incondizionato nel caso in cui la situazione si fosse fatta più favorevole.
Con il sostegno finanziario dei servizi segreti italiani, Lipovec e i suoi camerati lanciarono quindi una campagna di propaganda per procurarsi nuove reclute tra gli esuli politici a Trieste. Il passo successivo fu quello di armare le unità di krizari che si trovavano nella zona e, dopo diversi incontri col servizio segreto italiano, Lipovec raggiunse un accordo secondo cui armi provenienti dai depositi dell'esercito italiano sarebbero state messe a sua disposizione per essere inviate ad elementi krizari che si trovavano a Trieste. Nei mesi di febbraio e marzo del 1947, secondo l'accordo, [...]furono consegnati otto carichi d'armi, che comprendevano 500 armi automatiche, circa 4.000 granate a mano, 100 pistole e più di 30 bombe a orologeria. I servizi segreti italiani pagarono le spese di trasporto per portare le armi fuori dalla zona alleata di Trieste fino in Jugoslavia'' (143-144).
``Trieste [che si trovava sotto l'amministrazione militare degli inglesi]rappresentava il punto d'incontro tra le forze di resistenza all'interno della Jugoslavia e le forze che le stavano finanziando, controllando e dirigendo in Italia. Il principale collegamento era costituito dal professor Ivan Protulipac, [...]l'uomo di padre Draganovica Trieste'' (144-145). Protulipac ``dopo la guerra assunse un ruolo di primo piano [...]finché verso la fine del 1946 gli agenti comunisti non lo assassinarono a Trieste'' (145). 
 

``La sezione croata della Croce Rossa fondata da Ceceljaera, in effetti, sotto il controllo degli ustascia, che ne utilizzavano i vari uffici come agenzia per la raccolta di informazioni per operazioni clandestine in Jugoslavia e in Austria. Inoltre Cecelja era noto come uno dei principali organizzatori ustascia in Austria, dove [venivano organizzati]regolarmente raduni militari'' (104).
Una delle loro basi era a Trofaiach (Austria), ed era diretta da Bozidar Kavran e Srecko Rover(146). Quest'ultimo fu successivamente sospettato di essere una spia di Tito, in quanto tutte le operazioni da lui dirette si rivelarono disastrose: i suoi uomini venivano regolarmente arrestati appena mettevano piede in Jugoslavia, mentre lui la scampava sempre (147-148).
``Tanti dei criminali di guerra che vennero [tratti in salvo dalla rete di Draganovic]furono catturati in seguito durante missioni terroristiche compiute all'interno della Jugoslavia'' (121).
In luglio ed agosto del 1948, si tenne a Zagabria un processo giudiziario contro 57 imputati, per gli atti di terrorismo compiuti dai krizari. ``Il verdetto, dichiarando colpevoli gli imputati, li condannava a morte o a lunghi periodi di carcere'' (130).
In Ratlines, il procedimento viene chiamato sarcasticamente "processo pilotato", e viene manifestato chiaramente il disprezzo degli autori nei confronti della Jugoslavia di Tito. Dopo sei pagine di denigrazione del processo, tuttavia, gli autori arrivano alla seguente conclusione:
``È possibile che le strane accuse fatte dagli jugoslavi durante il "processo pilotato" ai krizari avessero, dopotutto, una certa sostanza'' (137).
Il Foreign Office smentiva le accuse che gli venivano formulate al processo, accusando invece l'alleato americano; tuttavia ``dietro la rinascita militare e politica degli ustascia c'era proprio il SIS'' (132).
``Nel 1948 le prove presentate durante il processo pilotato ai krizari lasciarono ben pochi dubbi sul fatto che la polizia segreta comunista si fosse servita di agenti doppiogiochisti per condurre una contro-operazione molto sofisticata. Erano riusciti in qualche modo a procurarsi i codici radio segreti usati dai krizari ed erano informati, con buon anticipo, sui dettagli precisi delle loro operazioni. Conoscevano gli itinerari esatti adoperati dai gruppi che cercavano di entrare clandestinamente in Jugoslavia, come pure la data e l'ora del loro ingresso nel paese. Grazie a questi vantaggi, era facile per la polizia segreta attirare i krizari inconsapevoli nelle loro mani, servendosi dei loro stessi codici radio. Una volta all'interno del paese, potevano catturarli quando volevano.
[...]Nonostante questi terribili rovesci, le operazioni proseguirono e si estesero addirittura in altri paesi comunisti. Per tutti gli anni Cinquanta, fino agli inizi degli anni Sessanta, il governo jugoslavo continuò a processare gli agenti catturati, molti dei quali erano presumibilmente finanziati da padre Draganovice agivano dietro suoi ordini'' (148-149).
``Altri eserciti cattolici clandestini erano stati radunati per disgregare e, se possibile, rovesciare i regimi comunisti dell'Europa centrale e orientale. In Cecoslovacchia, in Polonia, negli Stati Baltici e in Ucraina gruppi di nazisti clandestini operavano a stretto contatto con i krizari. [Fra i]complici dei krizari c'erano famigerati [fascisti ucraini, sotto il comando di]Stjepan Bandera, per costruire [...]il Blocco delle Nazioni Anti-bolsceviche. Cominciarono presto a lavorare per l'occidente'' (149).

Riciclaggio di denaro sporco (di sangue)

Oltre a nascondere i fuggiaschi ed a impiegarli nel terrorismo, alcuni funzionari ecclesiastici riciclavano i tesori rubati dai nazisti alle loro vittime (32). Erano coinvolte nelle operazioni numerose ``banche situate in Gran Bretagna, in Palestina, in Italia e in Svizzera.''
Inoltre Walter Rauff, dopo aver preso contatto con l'arcivescovo Siri``si impegnò a riciclare denaro falso con l'aiuto di Frederick Schwendt, un ex-collega di Rauff nelle SS. Schwendt è considerato tra i più grandi falsari della storia''(47).

Walter Rauff
``Con l'aiuto dei preti cattolici, all'inizio del 1944 Pavelicaveva cominciato a trasferire [a Berna]notevoli quantità d'oro e di valuta.''Il tesoro doveva ammontare a 2500-3000 kg di oro (142), ``ossia in realtà i valori delle vittime assassinate da Pavelic, rubati dagli ustascia in fuga''(127-128).
Una parte del tesoro fu portata a Roma con dei camion dal tenente colonnello inglese Jonson. ``Due autocarri [...]che trasportavano una parte del tesoro degli ustascia avevano [...]raggiunto l'Austria''e furono trasferiti in Italia ``per finanziare il movimento croato di resistenza in Jugoslavia''(133).
Inoltre, ``a Wolfsber erano stati nascosti 400 kg d'oro, del valore di milioni di dollari, nonché una considerevole quantità di valuta straniera, e lì si trovavano sotto il controllo dell'ex-ministro ustascia Lovro Susic.''Gli ufficiali ustascia ``dissero a Draganovicdi tenere [il tesoro]al sicuro. Il sacerdote obbedì fin troppo volentieri; contattò Susic e, con il suo accordo, prese 40 kg di lingotti d'oro e li portò a Roma, nascosti in due casse da imballaggio''(133).
``Susic nominò Draganovic membro di un comitato di tre persone incaricato di controllare il tesoro. [Gli altri due erano]l'ex-ministro ustascia Stjepan Hefer e il generale di gendarmeria Vilko Pecnikar''(134). Draganovic ``consentì a Pecnikar di avere accesso al tesoro accumulato per la sua ratline. [...]Parte di quel tesoro andò a finanziare anche una nuova campagna terroristica, appoggiata dall'occidente, all'interno della Jugoslavia'', ossia il movimento dei krizari(112).
Nella veste di ``tesoriere della sezione ufficiale croata della Pontificia Commissione di Assistenza Profughi [padre Mandic]provvedeva alla vendita dell'oro, dei gioielli e della valuta straniera depositati dagli alti ufficiali ustascia in cambio di valuta italiana''(127-128).
Nei primi mesi del 1948 il vescovo di Lubiana Rozmansi recò a Berna, dove ``2400 kg d'oro e altri valori rimanevano ancora nascosti. [...]Avrebbero dovuto essere usati per aiutare i profughi di religione cattolica'', il solito eufemismo per dire gli ex-ustascia. Gli alleati, e in particolare gli americani, erano perfettamente a conoscenza dell'esistenza di questo tesoro (142). ``Gli amici ustascia di Rozman erano impegnati in un'enorme truffa, in cui ci si serviva del mercato nero per convertire l'oro in dollari e, più tardi, in scellini austriaci''(142).

I personaggi

I preti



papa Pio XII (Eugenio Pacelli)


Fu papa dal 1939 al 1958, era un fervente anticomunista, e a causa delle sue posizioni politiche veniva detto "il papa tedesco" (54). Durante la guerra appoggiò la Croazia di Ante Pavelic (82-83). Era perfettamente al corrente delle ratlines organizzate da Hudal e Draganovic, in quanto era tenuto al corrente da Montini (122,126).

Giovanni Montini, il futuro papa Paolo VI


Assistente personale di papa Pio XII nella veste di sottosegretario di Stato per gli affari ecclesiastici (25-26). Durante la guerra fu coinvolto nelle trattative fra nazisti e occidente (25) e fu organizzatore, per conto del papa, del Servizio Informazioni del Vaticano (il servizio segreto vaticano) (26). 
Fu lui a rifiutare l'udienza a Bokun, inviato dalla monarchia jugoslava per trasmettere al Vaticano le prove delle atrocità di Pavelic, malgrado che ``non ci fossero dubbi che Montini fosse ben informato sulla reale situazione'' (82).
Aiutò e collaborò con Hudal per l'organizzazione della fuga dei nazisti (43). Era anche l'amico di Draganovic (67,94). Questi talvolta ``chiedeva a Montini di procurarsi più visti da paesi che non ne emettevano in numero adeguato, e il burocrate vaticano intercedeva presso i diplomatici competenti'' (125). Altre volte, invece, era Montini a chiedere a Draganovic di ``far espatriare clandestinamente certa gente'' (125). Era sempre Montini che nascondeva Ante Pavelic a Castel Gandolfo (87).
``In quel periodo Montini era il prediletto del papa e dirigeva l'opera caritatevole della Santa Sede a beneficio dei profughi. Dato che i due prelati s'incontravano quotidianamente per parlare del lavoro che la Segreteria di Stato doveva svolgere, è inconcepibile che Pio XII fosse all'oscuro di tutto'' (126).

Alois Hudal


Vescovo austriaco, amico di Pio XII (40), antisemita convinto (55), e principale organizzatore della rete di fuga (ratline) per i criminali di guerra tedeschi nell'immediato dopoguerra.
``Nato il 31 maggio 1885, divenne professore di studi sull'Antico Testamento all'Università di Graz nel 1919. Quattro anni più tardi, Hudal si trasferì a Roma come rettore del Pontificio Collegio di Santa Maria dell'Anima, situato su una strada che paradossalmente si chiama Via della Pace'' (37).
In tale veste, durante la guerra il vescovo aveva ``prestato servizio come commissario dell'episcopato per i cattolici di lingua tedesca in Italia [e] come padre confessore della comunità tedesca a Roma'' (37).
Il Pontificio Collegio, uno dei tre seminari per preti tedeschi a Roma (34), ``era stato fondato nel XVI secolo per la formazione teologica dei preti tedeschi, ma nel dopoguerra divenne un centro nevralgico per l'espatrio clandestino dei nazisti'' (37).

Hudal
``era un ardente anticomunista, convinto che la vera minaccia per l'Europa fosse rappresentata dal bolscevismo ateo. Era perciò favorevole al raggiungimento di un accordo con i nazionalsocialisti tedeschi, che rappresentavano l'unica potenza abbastanza forte da sconfiggere i comunisti. [...] Riteneva che questa fosse una lotta di importanza vitale per la Chiesa, una lotta che avrebbe deciso chi, fra il comunismo e la cristianità, sarebbe alla fine sopravvissuto'' (37-38).
``All'inizio degli anni Trenta [...] appoggiò apertamente Hitler, viaggiando in molte zone dell'Italia e della Germania per arringare le grandi folle di cattolici di lingua tedesca'' (37). ``Pensava di essere stato chiamato da Dio per stabilire dei rapporti fra i nazisti e la Chiesa Cattolica'' (37).
Nell'aprile 1933 negoziò con Franz von Papen, il vicecancelliere di Hitler, il concordato tra Berlino e la Santa Sede. ``Prima della fine di quello stesso anno divenne senz'altro l'alleato politico di von Papen e fu da lui consultato immediatamente dopo il fallito putsch nazista in Austria'' (38).
``Nel 1936 pubblicò un trattato filosofico intitolato I Fondamenti del Nazionalsocialismo'', libro che ottenne l'imprimatur (ossia il permesso ufficiale della Chiesa per la pubblicazione) da parte del primate della Chiesa austriaca, il cardinale filonazista Theodore Innitzer (38). ``Il cardinale lo approvò calorosamente come prezioso tentativo di pacificare la situazione religiosa del popolo tedesco'' (38-39).
Il libro fu bandito dal ministro tedesco della propaganda Joseph Göbbels, il quale ``non permetteva che i fondamenti del movimento venissero analizzati e criticati da un vescovo romano'' (39). Ciononostante, Hudal rimaneva ben visto alla gerarchia nazista, e ``portava un distintivo d'oro di appartenenza al partito di Hitler'' (39). Inoltre se ne andava ``orgogliosamente in giro per Roma con il vessillo di una Germania più grande sulla sua automobile; ma quando, nel giugno del 1944, gli alleati giunsero nella capitale italiana, Hudal fu il primo a cambiarla: improvvisamente la sua bandiera divenne austriaca'' (42).
``Nel 1945, dall'oggi al domani, Hudal, da ideologo fascista qual era, cominciò a manifestare le sue nuove aspirazioni democratiche. Abbandonando la sua posizione favorevole alla Germania, s'affrettò a unirsi al libero comitato austriaco di Roma, e collaborò persino all'organizzazione di una liberazione simbolica della legazione austriaca.'' Quest'atteggiamento ipocrita era molto diffuso fra gli Austriaci, popolo ``la cui percentuale di iscritti al partito nazista era più elevata di quella della Germania'' e che malgrado ciò ha ``immediatamente richiesto un trattamento speciale in quanto prima vittima di Hitler'' (42).

Dopo la guerra Hudal fece scappare numerosi criminali di guerra attraverso la
rete di fuga che aveva provveduto a predisporre sin dal 1943. Nel 1947 il suo operato fu scoperto e lo scandalo lo costrinse a farsi da parte. Tuttavia ``ci vollero quasi quattro anni per sostituire il vescovo austriaco come rettore del Collegio di Santa Maria dell'Anima. Infine, nel Natale del 1951 Hudal si arrese di fronte all'ineluttabile, annunciando che avrebbe lasciato il Collegio nel luglio seguente.'' (55).
``Convinto che la sua unica colpa fosse quella di avere una cattiva immagine presso la stampa, Hudal rimase a Roma fino alla sua morte, [che avvenne nel 1963 a Grottaferrata], senza pentirsi mai della sua opera a beneficio dei criminali di guerra nazisti:
Aiutare la gente, salvare qualcuno, senza pensare alle conseguenze, lavorando altruisticamente e con determinazione, era naturalmente ciò che ci si sarebbe dovuti aspettare da un vero cristiano. Noi non crediamo all'"occhio per occhio" degli ebrei'' (55).


Siri


Il vescovo di Genova Siri era il terminale genovese della rete del vescovo Hudal. ``Era uno dei principali coordinatori di un'organizzazione internazionale il cui scopo era quello di provvedere all'emigrazione di europei anticomunisti in Sudamerica. Questa classificazione generale di anticomunisti comprende, ovviamente, tutte le persone compromesse politicamente agli occhi dei comunisti, vale a dire fascisti, ustascia e altri gruppi del genere. [...] Siri rappresentava il contatto di Walter Rauff nella messa a punto del sistema usato da Hudal per far fuggire clandestinamente dall'Europa i latitanti tedeschi'' (117). 
 
``Anche se pensava soprattutto a mantenere la propria organizzazione, Siri sapeva tutto sulla rete croata'' e aiutava talvolta Petranovic``dandogli una mano ogni volta che poteva'' (117).

Krunoslav Draganovic


Prete croato, stretto collaboratore di Ante Pavelic, sia durante che dopo la guerra. In quanto ``rappresentante croato all'Intermarium in veste quasi ufficiale'' (65) si impegnò a far fuggire molti criminali ustascia ed a organizzare il movimento dei krizari. Era noto come "l'eminenza grigia dei Balcani" (123) ed anche ``come "il prete d'oro" poiché controllava gran parte del tesoro rubato'' alle vittime degli ustascia durante la guerra (133).
Nacque nel 1903 a Brcko, in Bosnia, e prese i voti nel 1928. Dal '32 al '35 studiò al Pio Pontificio Istituto Orientale e all'Università Gregoriana Pontificia, lavorando negli archivi vaticani (66). ``Divenne in seguito segretario del vescovo di Sarajevo Ivan Saric, che raggiunse una certa notorietà durante la guerra come boia dei Serbi'' (66,136).
``Quando i nazisti occuparono Zagabria nell'aprile del 1941, era professore di teologia all'università locale. In seguito raccontò:
Quando venne proclamato lo stato croato indipendente ero in attesa a Zagabria con le lacrime agli occhi. Pensavo che la nazione croata, dopo otto secoli, avesse finalmente realizzato il suo più profondo desiderio d'indipendenza e d'autonomia'' (106).


(In realtà lo stato croato non era per nulla indipendente: era uno stato fantoccio impiantato dai Tedeschi senza che i Croati avessero neanche dovuto combattere)
``Era vicepresidente dell'Ufficio per la Colonizzazione ustascia. Questo ufficio costituiva parte integrante della macchina usata dai nazisti per il genocidio, poiché disponeva dei serbi o degli ebrei destinati allo sterminio, oppure, se erano molto fortunati, alla deportazione'' (106).
``Draganovic era un criminale di guerra latitante: la Commissione Jugoslava per i Crimini di Guerra mise a verbale che il sacerdote era stato un alto funzionario del comitato addetto alla conversione forzata al cattolicesimo dei serbi ortodossi. Inoltre aveva scoperto il suo ruolo di primo piano nella requisizione forzata di cibo durante la sanguinosa offensiva anti-partigiana compiuta dai nazisti sul Monte Kozara, nella Bosnia occidentale, durante l'estate del 1942. Fu la stessa offensiva in cui l'ex-presidente austriaco Kurt Waldheim svolse un ruolo di primo piano come ufficiale nazista. Pavelic conferì a Waldheim un'importante decorazione per i suoi servigi e poi, alla fine della guerra, lo seguì in Austria'' (105-106).
``Nell'agosto del 1943, Pavelic e l'arcivescovo Stepinàc inviarono Draganovic a Roma [con la carica di] rappresentante ustascia in Vaticano [per] costruire la rete clandestina per l'espatrio dei nazisti'' (107). In tale veste, ed in quella di rappresentante della Croce Rossa croata, iniziò a preparare i percorsi di fuga per i criminali di guerra (66).
``Riceveva l'appoggio dell'arcivescovo di Croazia, Aloysius Stepinàc, che gli aveva procurato influenti contatti in Vaticano'': si incontrava regolarmente con il segretario di Stato Maglione, con il vicesegretario di Stato Montini (il futuro papa Paolo VI), e persino con papa Pio XII (66-67,94).
Divenne segretario della Confraternita croata di San Girolamo, situata a Roma, in Via Tomacelli 132 (65). ``Fondata nel 1453 con il patrocinio di papa Nicola V, la Confraternita di San Girolamo aveva sfornato alcuni dei più eminenti studiosi, scienziati, scrittori e preti della Croazia'' (66).

Nel dopoguerra sarà lui a coordinare e dirigere il movimento ustascia in Italia (108), facendo fuggire i criminali di guerra attraverso la sua
rete clandestina e reclutandoli per entrare a far parte dei krizari (131).
``Draganovic era non soltanto un capo del Partito Clericale Croato, ma anche uno dei maggiori leader dei krizari. Manteneva eccellenti contatti con le sue forze all'interno della Croazia e riceveva il sostegno della Chiesa Cattolica'' (137).
``Nell'estate del 1945, Draganovic fece personalmente un giro dei campi in cui erano stati sistemati ex-componenti delle forze armate e delle organizzazioni politiche ustascia. Avviò ben presto un'intensa attività politica e prese contatto con i principali rappresentanti ustascia. In questo era assistito da altri sacerdoti croati, con l'aiuto dei quali si mantennero stretti rapporti fra la Confraternita di San Girolamo e i gruppi ustascia in tutta Italia e anche in Austria. Ciò condusse alla formazione di un servizio di spionaggio politico che permise alla Confraternita di raccogliere resoconti e dati sulle tendenze politiche tra gli emigrati. È altresì probabile che le informazioni apprese da questi rapporti venissero poi trasmesse al Vaticano'' (107).
Si sospetta che Draganovic agisse nell'ambito del servizio segreto vaticano, agli ordini di monsignor Angelo Dell'Acqua; sono inoltre confermati ``stretti legami tra Draganovic e i servizi segreti italiani'' (123).

Draganovic
``dichiarava inequivocabilmente che coloro i quali hanno commesso crimini di guerra, soprattutto crimini contro l'umanità, devono essere puniti. Tuttavia sosteneva che proprio i più colpevoli non avrebbero dovuto essere classificati come criminali di guerra'' (119). ``Le uniche persone condannate da Draganovic come criminali di guerra furono i soldati che s'insanguinarono effettivamente le mani [...]. Egli escludeva [...] i politici che avevano effettivamente decretato le leggi razziali che avevano reso legale la strage'' (120).

Vilim Cecelja


``Schedato dal governo di Tito come criminale di guerra numero 7103'' (101), questo prete ustascia collaborò attivamente con il regime di Ante Pavelic durante la guerra, e dopo divenne il collegamento austriaco della rete di Draganovic (100).
``Dieci giorni dopo che Pavelic fu messo al potere dai nazisti, il quotidiano ufficiale ustascia "Hrvatsky Narod" (Nazione Croata) pubblicò una lunga intervista con Cecelja. L'articolo s'intitolava "Il prete ustascia Cecelja" e rivelava quelle che erano, all'epoca, le sue vere attitudini. Nel corso di esso, Cecelja si vantava dell'importante ruolo svolto, prima della guerra, nelle attività illegali del movimento a Zagabria, dove molti capi ustascia che operavano clandestinamente s'erano incontrati in segreto nella sua parrocchia.
Ammise [di fronte agli autori di Ratlines, che lo intervistarono nel 1989] di aver fatto parte segretamente del movimento ustascia, descrivendo con orgoglio il giuramento rituale che aveva compiuto davanti a due candele, a un crocifisso e a una spada e una pistola incrociate. Ciò gli valse il titolo di "Ustascia Giurato", concesso soltanto a coloro che militavano nel partito da prima della guerra. Successivamente il prete fascista offrì a Pavelic il suo crocifisso e le sue candele in segno di devozione. Cecelja parlò con orgoglio anche del suo ruolo di primo piano nel coordinamento di 800 contadini che combatterono a fianco dei nazisti invasori.
Quando ci fu bisogno di un sacerdote per officiare alla cerimonia del giuramento di Pavelic, Cecelja fu ben lieto di farlo, impartendo così la benedizione della Chiesa al regime fantoccio dei nazisti. Poco tempo dopo, in pubblico, Cecelja "salutò con gioia il momento di libertà", proclamando apertamente i suoi stretti collegamenti con i maggiori ministri del gabinetto ustascia, come Mile Budak. Qualche settimana più tardi Budak annunciò pubblicamente il destino di due milioni di serbi in Croazia: un terzo doveva essere ucciso, un altro terzo deportato e il resto convertito con la forza al cattolicesimo. Cecelja, tuttavia, non modificò il suo atteggiamento benevolo nei confronti di Budak'' (101).
Fece parte ``della delegazione ufficiale di Pavelic a Roma, benedetta in Vaticano da Pio XII il 17 maggio del 1941. A quell'epoca il dittatore croato aveva già promulgato le sue leggi contro i serbi e gli ebrei e il genocidio era in corso. La principale conquista della delegazione fu la cessione della costa dalmata all'Italia, cosa che non rappresentò certo un atto di patriottismo croato'' (101).
``Cecelja ha tranquillamente ammesso di essere stato cappellano militare nelle forze ustascia durante la guerra, [...] nominato da Pavelic in persona nell'ottobre del 1941 e più tardi confermato dal suo caro amico, l'arcivescovo (in seguito cardinale) Aloysius Stepinàc'' (101).
``Nel maggio del 1944 abbandonò finalmente la sua carica [di cappellano militare] per recarsi a Vienna, ufficialmente per prendersi cura dei soldati croati feriti in battaglia. In realtà, il suo compito era quello di preparare il capo austriaco della rete per l'espatrio clandestino dei criminali nazisti, per cui fondò anche la sezione locale della Croce Rossa Croata, che forniva una copertura ideale alla sua attività illecita'' (102). A proposito della Croce Rossa Croata, bisogna far notare che la stessa Croce Rossa Internazionale si rifiutò di riconoscerla, ``pur offrendole ufficiosamente notevole assistenza'' (102).
``Un diplomatico americano sollevò Cecelja da qualsiasi accusa di collaborazionismo con i nazisti. Il console americano a Zagabria affermò che il sacerdote era stato esiliato a Vienna da Pavelic per il suo ruolo in un complotto anti-ustascia.'' Queste affermazioni erano tuttavia smentite dal fatto che ``Cecelja continuò a viaggiare su aerei ufficiali degli ustascia tra Vienna, Zagabria, Praga e Berlino.'' Egli inoltre ``ricevette da Zagabria l'ordine di condurre un'intensa campagna propagandistica tra gli ustascia presenti in Austria'' (102).
Nel 1945, Cecelja si trasferì da Vienna a Salisburgo: ``il sacerdote ustascia era provvisto di documenti americani e della Croce Rossa che gli permisero di viaggiare liberamente attraverso la zona di occupazione statunitense'' (102-103). ``Il 19 ottobre del 1945 venne arrestato dal quattrocentesimo distaccamento CIC dell'esercito degli Stati Uniti. Rimase in carcere per i 18 mesi successivi.'' In agosto 1946 ``il governo jugoslavo richiese la sua estradizione come traditore, descrivendone accuratamente le attività in favore degli ustascia durante la guerra'' (103).
Tuttavia nel marzo 1947 Cecelja venne rilasciato e ciò malgrado la ``decisione da parte dell'Extradition Board americano in Austria di approvare la richiesta jugoslava'' (104). Avevano parlato a suo favore: l'arcivescovo Stepinàc; il vescovo americano Joseph Patrick Hurley, che si trovava in Jugoslavia come rappresentante del papa; il Foreign Office inglese, secondo il quale ``la maggior parte delle sue azioni [era] stata di carattere umanitario e non politico''; il console americano a Zagabria, per il quale Cecelja era un ``sacerdote di sani principi''; ed il Segretario di Stato americano George Marshall (103-104).

Cecelja partecipò anche alla costituzione del movimento dei
krizari: ``era noto come uno dei principali organizzatori ustascia in Austria, dove partecipava regolarmente a raduni militari e faceva infuocati discorsi ai fedeli riuniti'' (104).
``In seguito, fu direttamente implicato dalle autorità del controspionaggio australiano in una serie di azioni terroristiche intraprese da cellule ustascia operanti a Sidney e Melbourne'' (104). Nel 1957 ottenne un visto per visitare gli Stati Uniti (104).
``Cecelja morì qualche mese dopo aver concesso un'intervista'' agli autori di Ratlines (100). Ha ``trascorso i suoi ultimi anni di vita in un pittoresco villaggio appena fuori Salisburgo, dove le suore del convento Maria Pline si prendevano cura di lui'' (100). All'epoca dell'intervista aveva 80 anni ed ``era ancora molto fiero dell'importante ruolo che aveva svolto in favore della sua amata Croazia. Pur criticando gli ustascia per aver procurato una brutta reputazione ai Croati, non mostrava né senso di colpa né rimorso'' (100).
Nell'intervista rilasciata nel 1989, Cecelja ammise:
``Fui fiero di aiutare questi fuggiaschi, registrandoli e offrendo loro cibo, alloggio e documenti di immigrazione, nonché l'opportunità di spostarsi in giro per il mondo fino in Argentina. Ricevevo i documenti dalla Croce Rossa''(104-105).


Karlo Petranovic


Nel 1934 divenne parroco di Ogulin, ``un distretto composto sia da serbi sia da croati'' (114). ``Quando i nazisti invasero la Jugoslavia nell'aprile del 1941, Petranovic era cappellano nell'esercito'' (114). ``Si era unito al movimento [ustascia] subito dopo l'invasione'' (114).
``Fu chiamato a ricoprire cariche ufficiali molto alte e influenti. [...] Gli era stato conferito il grado di capitano nell'esercito ustascia e aveva accettato la carica di vice del capo ustascia di Ogulin. [...] Egli divenne un fattore molto importante nella politica locale del regime ustascia, che decideva della vita e della morte dei serbi di Ogulin e del distretto circostante. [...] Tale politica consisteva nel seminare il terrore tra la popolazione serba completamente innocente e si risolse nello sterminio di circa duemila serbi locali'' (114).
``Una volta aveva diretto l'arresto e l'esecuzione di eminenti personalità serbe. Un'altra volta il prete, a quanto si diceva, fu responsabile del prelevamento dall'ospedale di Ogulin di cinque o sei pazienti serbi che furono uccisi nelle circostanze più brutali. Un altro episodio fu l'assassinio del dottor Branko Zivanovic, avvenuto il 31 luglio del 1941. [...] Petranovic aveva collaborato all'organizzazione degli arresti di massa dei serbi di Ogulin e del distretto, che furono derubati e uccisi, alcuni a Brezno, gli altri vicino al villaggio di St. Petar. [Ebbe un ruolo] nella morte di circa un centinaio di serbi alla fine di luglio, un massacro compiuto in seguito a una decisione presa dal comitato ustascia di Ogulin, di cui Petranovic era un alto e influente membro. [...] Il comitato ustascia di Ogulin, di cui Petranovic era funzionario, fu responsabile dell'invio di centinaia di serbi e di croati del posto ai campi di concentramento degli ustascia, cosa che si concluse con lo sterminio della maggior parte di queste persone'' (115).
Nel 1947 gli jugoslavi ne chiesero l'estradizione agli inglesi (114), ma questa non fu concessa. Fino ad oggi, Petranovic ha continuato a negare i suoi crimini di guerra, affermando che non era stato messo al corrente di quanto accadeva (114).

Nel 1989 Petranovic fu intervistato dagli autori di
Ratlines. ``A domande relative alle sue attività postbelliche, Monsignor Petranovic rispose ammettendo senza problemi di aver aiutato un paio di migliaia di persone a lasciare l'Italia via Genova'' (115).
Al termine della guerra ``fu inviato al confine austro-jugoslavo, dove poteva muoversi liberamente tra gli ustascia in fuga. Si stabilì per un certo tempo a Graz, dove si nascondevano molti famigerati criminali di guerra. Lì fu aiutato nel suo lavoro dal vescovo Ferdinand Pawlikowski, che ottenne dal capo della polizia locale il permesso di far rimanere Petranovic a Graz. Da lì il sacerdote croato riuscì a scendere fino a Trieste, dove il vescovo locale provvide al suo alloggiamento; poi proseguì verso Milano, dove venne aiutato dal cardinale Schuster, per arrivare finalmente a Genova verso la fine del 1945. Voleva recarsi presso la Confraternita di San Girolamo a Roma, ma era già piena; perciò rimase a Genova e divenne l'agente locale di Draganovic'', dopo essere stato assoldato da questi in persona durante una visita a Genova (115-116).
Petranovic manteneva ``ottimi collegamenti nella gerarchia ecclesiastica, soprattutto con il vescovo di Genova Siri'', il quale era il terminale genovese dell'altra rete di fuga, quella del vescovo Hudal (117).
Monsignor Petranovic ``ha oggi quasi 80 anni e, negli ultimi tre decenni è vissuto a Niagara Falls, in Canada'' (113).

Gregory Rozman


``Durante la guerra, in assenza di Krek, [il vescovo di Lubiana] Rozman si era assunto la responsabilità del Partito Clericale Sloveno, stabilendo stretti contatti sia con i fascisti italiani sia con i nazisti'' (138). ``Verso la metà del 1942 andò in Vaticano per una missione segreta, consistente nel chiedere a Pio XII armi, cibo uniformi e altro equipaggiamento essenziale per il suo esercito anticomunista cattolico. Di conseguenza, gli italiani rifornirono le forze armate di Rozman. Dietro suo suggerimento, un certo numero di preti assunse anche ruoli chiave a livello militare e spionistico per conto delle potenze dell'Asse.
Quando, nel settembre del 1943, gli italiani capitolarono, Rozman fece in modo che il passaggio al dominio nazista fosse il più facile possibile, suggerendo al gauleiter di Hitler la formazione della Guardia Nazionale Slovena. Questa Guardia Nazionale era completamente sotto il controllo tedesco, poiché obbediva direttamente agli ordini del capo delle SS locali e della Polizia Superiore. Fu tristemente nota per i suoi massacri di civili, soprattutto sostenitori dei partigiani guidati dai comunisti, mentre la polizia segreta conduceva una campagna terroristica sotto la direzione della Gestapo.
Mentre avevano luogo queste atrocità, Rozman sosteneva entusiasticamente la causa nazista, emettendo numerosi appelli affinché gli Sloveni combattessero dalla parte della Germania. La sua Lettera Pastorale del 30 novembre 1943 rappresentò un'espressione tipica del tono filonazista che caratterizzava l'opera spirituale del vescovo. Dopo aver sollecitato i suoi fedeli a combattere per la Germania, sottolineò che soltanto "per mezzo di questa coraggiosa lotta e di questo industrioso lavoro per Dio, per il popolo e per la terra dei padri [gli Sloveni si assicureranno], sotto la guida della Germania, la [loro] esistenza e un futuro migliore, nella lotta contro la congiura ebraica"'' (138-139).
Nel 1943 fu ``fotografato sul palco con il comandante delle SS locali, [il generale Rosener,] durante una cerimonia ufficiale. La Guardia Nazionale aveva appena giurato di presentare servizio sotto la guida di Hitler, e stava marciando di fronte al suo ufficiale di comando. Il generale delle SS se ne stava rigido sull'attenti, facendo il saluto nazista, mentre il vescovo dava la pia approvazione al suo esercito collaborazionista'' (139).
(La stretta di mano fra Rozman e Rosener è raffigurata nella fotografia nei risguardi della copertina del libro.)
``Sei mesi prima della fine della guerra, Krek e monsignor Preseren perorarono la causa di Rozman presso il papa. Nel corso di un incontro con Pio XII tenutosi il 26 novembre del 1944, consegnarono al pontefice la lettera personale del vescovo. Rozman esponeva per sommi capi il suo piano per uno sforzo, appoggiato dall'Occidente, destinato a sconfiggere i partigiani di Tito e a instaurare un governo filooccidentale. Non appena cessarono le ostilità, il Vaticano intraprese una campagna per ottenere la libertà del suo vescovo, chiedendo ripetutamente che gli venisse concesso un salvacondotto dall'Austria per potersi rifugiare presso la Santa Sede. Si offrirono persino di inviare un sacerdote appositamente scelto fino a Klagenfurt, [nella zona di occupazione inglese,] per prendere Rozman. L'uomo scelto per questo compito fu nientemeno che padre Draganovic.'' La missione ebbe luogo nel maggio 1945 (139).
``Gli inglesi [con la complicità statunitense] gli permisero di fuggire e di svolgere un ruolo di primo piano nell'ambito del movimento dei krizari'' (139-140). La decisione degli inglesi di lasciar fuggire Rozman conseguì dalle pressioni di Krek ``sul Foreign Office, tramite i buoni uffici di un membro laburista del Parlamento'' (140). ``L'11 novembre del 1947 Rozman sparì dal palazzo del vescovo di Klagenfurt e [...] si recò a Salisburgo per mettersi sotto la protezione dell'arcivescovo Rohracher. [...] Aveva lasciato Klagenfurt in un'automobile del personale dell'esercito americano, guidata da un autista americano'' (142).
``Rozman, non appena fuggito da Klagenfurt, aveva ripreso con entusiasmo il suo lavoro per il movimento clandestino nazista. Il vescovo collaborazionista s'era unito ai krizari'' per finanziare i quali si dedicò al recupero del tesoro di guerra (142). ``Alla fine di maggio 1948, Rozman [...] viaggiò fino agli Stati Uniti e si stabilì a Cleveland, nell'Ohio'' (143).

Dragutin Kamber


Era ``legato alla Confraternita di San Girolamo, all'interno della quale aveva studiato dalla fine degli anni Venti ai primi anni Trenta'' (108). ``Dal 1936 era stato membro del partito ustascia'' (108). ``Il sacerdote era stato anche ufficiale della famigerata guardia del corpo personale di Pavelic'' (108).
``Padre Dragutin Kamber era un sanguinario responsabile di omicidi di massa'' (108). ``Dopo l'invasione da parte dell'Asse, fu messo a capo dell'amministrazione ustascia nella città di Doboj, [in Bosnia,] e uno dei primi provvedimenti che prese fu quello di istituire un campo di concentramento, di cui era comandante lui stesso. Introdusse nel distretto le regole razziali naziste e, di conseguenza, ordinò agli ebrei e ai serbi di portare intorno al braccio rispettivamente una fascia gialla e una fascia bianca. In seguito proclamò che i serbi e gli ebrei dovevano essere sterminati in quanto dannosi per lo stato ustascia'' (108).
``A Doboj, compì arresti in massa e fece internare i serbi. Molte delle vittime venivano spesso portate in casa di Kamber per essere interrogate e, dietro suo ordine, uccise nelle cantine. I primi ad essere assassinati in questo modo furono i sacerdoti e gli insegnanti serbi'' (108).

Milan Simcic


``Uno dei colleghi più vicini a Draganovic nella rete per l'espatrio clandestino dei criminali di guerra'' (100). ``Lavorava all'interno della Confraternita di san Girolamo e aiutava Draganovic nelle sue operazioni'' (110). ``Lavorò diversi anni per la ratline a Roma'' (122).
``Oggi Simcic è un alto funzionario vaticano e ammette apertamente che la Confraternita di San Girolamo protesse eminenti fuggiaschi ustascia. [...] Ha detto con assoluta chiarezza che il dottor Draganovic si prendeva cura a parte delle persone più importanti, tra cui ex-ministri del governo ed ex-capi di polizia'' (124). Sempre secondo la testimonianza di Monsignor Simcic, ``il dottor Draganovic e Montini s'incontrarono molte volte per parlare dell'operato della Confraternita di San Girolamo'' (125).

Dominik Mandic


Era ``rappresentante ufficiale del Vaticano presso la Confraternita di San Girolamo: [...] era, inoltre, un alto funzionario dell'ordine francescano, poiché ricopriva la carica di economo generale (tesoriere)'' (109). ``Mandic era l'alto funzionario francescano che mise la stampatrice dell'ordine a disposizione della Confraternita di San Girolamo in modo da poter fornire le carte d'identità false ai fuggiaschi'' (128). ``Padre Dominik Mandic controllava le finanze dell'istituto di san Girolamo con notevole destrezza [nella veste di] tesoriere della sezione ufficiale croata della Pontificia Commissione di Assistenza Profughi'' e provvide a riciclare il denaro sporco di sangue degli ustascia (127-128).

Josip Bujanovic


Sacerdote fascista croato (134) e criminale ricercato (95). ``Durante la guerra era stato il leader ustascia della città di Gospic'' (134-135). ``Prese parte al massacro dei contadini ortodossi'' (135). ``Bujanovic abbandonò la Croazia all'arrivo dei comunisti e divenne un alto ufficiale krizari'' (135). ``Organizzò il viaggio di Pavelic in Argentina e poi [sembra che] lo seguì in Sudamerica, prima di stabilirsi definitivamente in Australia'', dove oggi vive ancora serenamente (95,135).

I nazisti



Ferenc Vajta


Ferenc Vajta era un ``criminale di guerra ungherese, tirapiedi nazista'' (76), ``autore di spietati eccidi di massa'' (78).
Prima della guerra aveva studiato alla Sorbona e si era unito alla loggia Grand Orient, ``specializzata nelle faccende dell'Europa centrale e orientale'' e con vedute filofrancesi (62). ``È stato protagonista attivo della politica clandestina degli emigrati politici sin dal 1932, quando cominciò a impegnarsi in questi campi per ordine del Ministero degli Affari Esteri ungherese'' (73).
Fu ``uno dei principali propagandisti nazisti nei quotidiani patrocinati dalla Germania'' (71). Inoltre ``aveva lavorato per i servizi segreti ungheresi prima della guerra'' (71). ``Tra il 1941 e il 1944, i governi ungheresi filonazisti avevano inviato spesso Vajta in missioni speciali, anche a Berlino, a Istanbul e in numerosi paesi balcanici che, all'epoca, collaboravano attivamente con i tedeschi'' (71). Nel 1944 fu promosso a Console Generale a Vienna (71). Tentò poi di giustificare il suo collaborazionismo con la necessità di frenare l'avanzata comunista (71).
Alla fine della guerra fu ``console ungherese a Vienna, inviato per organizzare il trasloco dell'industria ungherese e stabilire itinerari di fuga per i "profughi". [...] Allestì più di 7.000 vagoni ferroviari carichi di macchinari e di pezzi di fabbriche per raggiungere la Germania occidentale e salvò dai sovietici la grande maggioranza dei borghesi e degli aristocratici ungheresi. I francesi scoprirono presto che Vajta era uno dei pochi uomini a sapere dove fosse stata trasferita l'industria ungherese. I francesi erano disperatamente a corto di soldi per finanziare le operazioni clandestine e il tesoro rubato di Vajta divenne, nel 1945, la principale base finanziaria della ripresa d'interesse per l'Intermarium da parte della Francia'' (61).

Subito dopo la guerra
``fu preso in una retata del CIC e detenuto a Dachau. Fortuna volle che uno dei suoi compagni di prigione fosse il principe ereditario del Siam; un funzionario inglese venne per liberare quest'ultimo, e riconoscendo il nome di Vajta fece uscire anche lui'' (70).
Vajta, infatti, era ``considerato troppo prezioso nelle operazioni di spionaggio da francesi e inglesi, per essere riconsegnato al governo del suo paese'' (71). E infatti nel 1945 ``fu assoldato dal Deuxième Bureau e dall'Alto Comando Francese in Austria'' (62). Lavorò ``per più di due anni sia coi servizi segreti francesi sia con quelli inglesi, organizzando due movimenti clandestini contro i russi'' (61). Sotto la direzione francese prima e inglese poi, fu il principale organizzatore dell'Intermarium (62).

Il 10 aprile 1947, Vajta fu arrestato a Roma dalle autorità italiane,
``ma il 26 aprile venne rilasciato, malgrado si trovasse sulla lista ufficiale dei criminali di guerra e l'Italia dovesse consegnarlo come tale alle autorità straniere. [...] Il rilascio di Vajta era stato congegnato da Pecorari, segretario generale della Democrazia Cristiana [e vicepresidente dell'Assemblea costituente] e da Insabato, capo del Partito Agrario Italiano'' (69).
In seguito cercò di ottenere l'appoggio degli Stati Uniti all'Intermarium, e nel mese di luglio fu assoldato dal CIC (70). Aveva ``eccellenti contatti in Vaticano, in Inghilterra, in Francia e in Spagna'' (73). Inoltre ``conosceva personalmente il generale Franco, il ministro degli esteri spagnolo Artajo e il cardinale primate di Spagna'' (74).
Nel 1947, Vajta intraprese un viaggio segreto con Casimir Papee, ``uno straordinario diplomatico polacco [...] presso la Santa Sede dal 1939, [...] un autorevole membro dell'Intermarium [che aveva] collegamenti con i servizi segreti occidentali. [...] Nel corso del loro viaggio i due s'incontrano con funzionari dei servizi segreti inglesi e francesi'' (73-74).
A seguito di pressioni da parte del governo ungherese, la polizia italiana emise un mandato d'arresto nei confronti di Vajta (73). Il 3 settembre, al ritorno dal suo viaggio con Papee, l'ungherese fu avvisato ``del suo imminente arresto. [...] Vajta si recò immediatamente a Castelgandolfo, la residenza estiva del Pontefice.'' La mattina del giorno successivo poté tornare impunemente a Roma, grazie alle sue potenti amicizie: ``Alcide De Gasperi, che era anche primo ministro, aveva personalmente garantito per la [sua] salvezza.'' Inoltre egli aveva ottenuto dei documenti falsi, rilasciati dai francesi. A Roma ottenne una breve ospitalità ``presso un padre gesuita ungherese nell'Università Gregoriana Gesuita'', e scappò poi per Livorno con l'agente del CIC Gowen, per poi scappare in Spagna (74).
Da quell'anno, si mise a lavorare per gli americani al progetto dell'Unione Continentale (74-75). Il 16 dicembre 1947 arriva a New York ``con un visto emesso dal consolato americano a Madrid e contrassegnato dalla dicitura "Diplomatico"'' (76). Negli USA, Vajta incontrò ``il cardinale Spellmann, il leader gesuita padre La Farge e un gran numero di capi politici emigrati'' allo scopo di ``procurarsi appoggi per l'Unione Continentale'' (77).
La visita di Vajta non passò inosservata, e grazie all'intervento dei due noti giornalisti Drew Pearson e Walter Winchell ``il governo fu sommerso dalla pubblicità negativa'' (77). ``Vajta fu immediatamente arrestato, e il 3 febbraio 1948 gli ungheresi chiesero la sua estradizione.'' ``Gli americani non volevano restituirlo all'Ungheria'' e finalmente fu ``cacciato dagli Stati Uniti nel febbraio del 1950 [e] dopo il rifiuto da parte di Italia e Spagna di raccoglierlo, andò in Colombia'' (77).
``Il Vaticano intervenne e fece in modo che la Colombia lo accettasse e che un piccolo collegio cattolico situato laggiù lo impiegasse. Trascorse il resto della sua vita a Bogotà come professore di economia'' (78).

Walter Rauff


Criminale di guerra, capo della Gestapo nella Repubblica di Salò e terminale milanese della rete di fuga del vescovo Hudal nel dopoguerra.
Partecipò direttamente allo sterminio degli Ebrei, mettendo a punto un'innovativa tecnica di morte: ``A seguito dell'angoscia provata da Himmler [ministro degli interni] nell'assistere a una fucilazione di massa di ebrei a Minsk nel 1941, Rauff aveva diretto lo svolgimento del programma per la messa a punto di furgoni a gas mobili'' nei quali morirono ``circa centomila persone, per la maggior parte donne e bambini dell'Europa orientale'' (41).
``In seguito alla caduta del regime di Mussolini, nel settembre del 1943 Rauff fu inviato in Italia settentrionale, dove prestò servizio presso le SS nella zona intorno a Genova, Torino e Milano. Ancora una volta il suo incarico era quello di sterminare la popolazione ebrea'' (41).
Nella primavera del 1943, il vescovo Hudal``entrò in contatto con questo famigerato autore di stragi'', incontrandolo a Roma, dove Rauff era stato mandato dal suo superiore Martin Borrmann per sei mesi (41-42). ``In quei mesi furono stabiliti i primi contatti col Vaticano, che avrebbero portato, infine, all'istituzione da parte di Hudal di una rete per l'espatrio clandestino dei criminali nazisti'' (42).

``Con l'aiuto di Rauff, i più alti funzionari della Wehrmacht nell'Italia settentrionale [ed in particolare l'Obergruppenführer Karl Wolff] intrapresero una serie di negoziati segreti per la resa. Allen Dulles, il capo del servizio segreto americano in Svizzera, concluse la resa con le forze tedesche con l'aiuto di intermediari del Vaticano. A questi negoziati venne dato il nome in codice di "operazione Sunrise" e, anche se non abbreviarono la guerra, gli ufficiali nazisti che vi parteciparono sfuggirono ad una dura pena'' (46).
Sull'operazione Sunrise, Il Secolo Corto ci fornisce ulteriori particolari (cap. 15).
L'operazione era condotta ufficialmente
``per risparmiare inutili morti'', ma il suo scopo reale era invece ``di evitare che fossero i partigiani democratici italiani a conseguire la vittoria sull'esercito tedesco, poiché ciò avrebbe rafforzato il loro potere.'' I contatti fra Dulles e Rauff erano cominciati ``già all'inizio del gennaio 1945. Nel marzo dello stesso anno, le trattative fra OSS e SS erano giunte a un punto talmente avanzato da giustificare una prova concreta di buona fede da parte tedesca. Il 3 marzo Walter Rauff ebbe un incontro a Lugano con Dulles. [...] L'incontro [...] servì per organizzare il rilascio dei prigionieri americani e inglesi che si trovavano nelle mani della Gestapo in Italia. Le trattative proseguirono poi a ritmo serrato.'' A metà aprile ``Wolff si recò in Svizzera contando sulla sua reputazione personale presso gli anglo-americani per ottenere garanzie da parte di Dulles che "gli elementi idealisti e rispettabili dell'esercito, del partito, e delle SS avrebbero potuto svolgere una parte attiva nella ricostruzione della Germania". Non si trattava quindi soltanto della resa delle truppe tedesche nell'Italia settentrionale, ma di qualcosa che implicava una connivenza futura con i quadri qualificati del nazismo. Dulles concesse in pratica un'amnistia ufficiosa alle SS. Quasi una pace separata, comprendente non solo la salvaguardia della vita, ma anche la libertà personale e la protezione dell'espatrio verso luoghi lontani e sicuri.''
``Quando, il 29 aprile del 1945, l'esercito tedesco si arrese, Rauff ottenne un falso passaporto a nome di Carlo Comte e affittò un appartamento a Milano. Poi prese la sua copia dei documenti della polizia segreta di Mussolini, che comprendevano le liste degli iscritti al partito fascista, e la seppellì di nascosto fuori città. Sapeva che quei documenti si sarebbero rivelati molto utili nei mesi a venire e la sua previsione si dimostrò corretta. Il giorno seguente, tuttavia, Rauff venne arrestato dagli americani e rinchiuso nella prigione di San Vittore a Milano. Nel giro di alcune ore, arrivò un sacerdote e fece in modo che l'ufficiale tedesco venisse trasferito in un ospedale dell'esercito americano'' (46).
``Rauff venne rilasciato per essere affidato alla custodia della "S Force Verona", un'unità dell'OSS che operava con la squadra di controspionaggio speciale anglo-americana in Italia, comandata da James Jesus Angleton. Tra le altre cose, la S Force era l'equivalente occidentale della sezione anticomunista di Rauff durante la guerra'' (46). NOTA: Angleton e Dulles divennero in seguito, rispettivamente, capo del controspionaggio e direttore della CIA, e mantennero per tutta la durata della loro carriera il controllo esclusivo sui collegamenti tra i servizi segreti americani ed il Vaticano (47).
[nota di nwo-tuthresearch: Angleton e Dulles erano entrambi Cavalieri di Malta]
Rauff fu rilasciato dopo un lungo interrogatorio sulle attività anticomuniste della Gestapo (47). Monsignor Giuseppe Bicchierai, segretario del cardinale di Milano Schuster, ``organizzò le cose in modo tale che questi potesse starsene nascosto nei conventi della Santa Sede'' (46).
``Rauff prese contatto con l'arcivescovo di Genova Siri e andò immediatamente [a Milano] a lavorare per il Vaticano alla creazione di un sistema per far fuggire clandestinamente i nazisti'' (47).
Secondo
Il Secolo Corto, dal 1945 al 1949 Rauff, agendo per conto dei servizi segreti americani ``sotto la copertura di un'organizzazione di aiuto ai rifugiati gestita dal Vaticano, avrebbe fatto partire clandestinamente verso asili sicuri più di 5.000 fra agenti della Gestapo e SS.''
Nel 1949 Rauff lascia l'Italia per il Sud America, senza neanche prendere la precauzione di usare documenti falsi: il nome sul passaporto era infatti proprio il suo. Visse tranquillamente in Cile, paese che ne negò l'estradizione anche dopo che fu eletto il socialista Salvador Allende.

Franz Stangl


Fu comandante del campo di sterminio di Treblinka (33). Verso la fine della guerra fu trasferito in Jugoslavia a combattere contro i partigiani (34). Catturato dagli americani, dal 1945 al 1947 fu rinchiuso nel campo di prigionieri di guerra di Glasembach. Intorno al Natale 1947 gli americani lo consegnarono agli austriaci, che lo trasferirono a Linz. Da qui evase nel maggio successivo, e si incamminò verso Roma (34).
``Dopo essere giunto a Roma, si mise alla ricerca del vescovo Alois Hudal, [il quale gli procurò] un alloggio a Roma, [...] gli diede [...] denaro, [...] un passaporto della Croce Rossa, [...] un visto d'entrata in Siria, un posto in una fabbrica di tessuti a Damasco, e un biglietto per la nave'' (34-35).
Fuggì insieme a Gustav Wagner e ``alla fine giunsero in Brasile entrambi e lodarono il vescovo Hudal per l'aiuto che aveva offerto loro'' (36).
Stangl fu catturato definitivamente da Simon Wiesenthal nel 1967 in Brasile (35-36). Nel 1970 venne condannato all'ergastolo in Germania, e morì in carcere un anno dopo.

Gustav Wagner


Comandante del campo di concentramento di Sobibor durante la guerra (36). Arrestato, fuggì dalle prigioni alleate e percorse insieme a Franz Stangl la strada per Roma. Fuggì infine in Brasile grazie all'opera caritatevole del vescovo Hudal (36).

Alois Brunner


``Uno degli ufficiali più spietati che portarono a compimento il programma di deportazione degli ebrei'', riuscì a fuggire ``attraverso la rete ordita dal Vaticano per permettere la fuga dei nazisti'' (36).
``Fuggì a Damasco, in Siria, dove vive ancora sotto il nome di dottor George Fischer, [...] impunito per le centinaia di migliaia di vittime che inviò a Stangl e Wagner affinché le processassero'' (36).

Adolf Eichmann


``Principale artefice dell'olocausto'' nella veste di ``capo del Dipartimento per gli affari ebrei'' (36).
Nel 1950, Hudal gli fornì ``una nuova identità, quella del profugo croato Richard Klement e lo mandò a Genova. Lì Eichmann [...] fu nascosto in un monastero, sotto il controllo caritatevole dell'arcivescovo Siri, prima di essere fatto fuggire clandestinamente in Sudamerica'' (36).
``La Caritas ha pagato tutte le spese di viaggio per permettere a Eichmann di raggiungere il Sudamerica'' (37).
``Alla fine, Eichmann fu rintracciato in Argentina dal servizio segreto israeliano, rapito, processato e giustiziato a Gerusalemme nel 1962'' (36).

Gli ustascia



Ante Pavelic


Detto "il poglavnik" (il duce). Durante la guerra fu leader dello "Stato Croato Indipendente" ustascia, nel quale mezzo milione di serbi, ebrei e zingari furono trucidati per suo ordine personale (80). Dopo la guerra si impegnò nella costituzione del movimento dei krizari, prima di fuggire in Sudamerica.
Su Ante Pavelic si confronti anche La politica dei papi nel XX secolo:``Nato nel 1889 in Erzegovina, laureatosi in legge nel 1915'', avvocato a Zagabria successivamente. ``Il 7 gennaio 1929, un giorno dopo la proclamazione della dittatura regia di Alessandro I, Pavelic [...] ed altri ustascia fondarono la lega per la lotta nazionalrivoluzionaria. [...] Ogni membro doveva giurare ubbidienza attraverso un pronunciamento al cospetto di Dio onnipotente e di tutto ciò che è sacro.''

(Si veda anche la descrizione del giuramento fatta da padre
Cecelja.)``Il loro precursore spirituale, il politico e pubblicista Ante Starcevic, morto nel 1896, capo del Partito della Destra Croata, sosteneva la tesi che [...] "i Serbi sono lavoro per il macello", [idea che gli valse il titolo di] Padre della Patria e maggiore ideologo politico croato.'' ``Ciò che si preparava [era] una guerra santa, una guerra di religione, che ammetteva qualunque Terrore ed includeva "la Bibbia e la Bomba l'una di fianco all'altra come distintivo e mezzo di lotta".
Neanche ebbe fondato il suo partito di ribelli, che Pavelic [...] con i suoi compari più prossimi si rifugiò a Vienna, poi in Bulgaria, ed infine il regime fascista italiano gli assicurò ricovero ed alimenti. Mentre un tribunale serbo lo condannava già a morte in contumacia, Mussolini metteva a disposizione della famiglia Pavelic una casa a Bologna, la quale servì poi per anni come quartier generale degli ustascia. Con l'aiuto del capo della polizia segreta Ercole Conti e del Ministro di Polizia Bocchini, il boss dei congiurati fece poi addestrare in Toscana e sulle isole Lipari gli emigranti croati ed i seguaci ustascia transfughi, per gli assassinii a venire. Egli disponeva di alcune trasmissioni di Radio Bari, pubblicava il giornale "Ustasa" in lingua croata, teneva contatti con centrali di propaganda nazional-croata a Vienna, Berlino, negli USA ed in Argentina, e rendeva noti i suoi piani gloriosi al mondo di volta in volta, attraverso l'esplosione di bombe sui treni Vienna-Belgrado, con un più rilevante tentativo -subito sedato- di rivolta nelle montagne del Velebit (1932), e con una serie di attentati particolari.
Tra le prime azioni degne di nota ci furono l'eliminazione del direttore del foglio filojugoslavo zagrebino "Jedinstvo" (l'Unità), Ristovic, freddato nell'agosto 1928 in pieno giorno in un caffè di Zagabria, e l'assassinio del redattore capo del giornale di Zagabria "Novosti", Slegl, il 22 marzo 1929. Pavelic lasciò che la polizia rinchiudesse il suo più stretto collaboratore, Gustav Percec, in una prigione di Arezzo, e lì gli sparò di propria mano, dopo un interrogatorio con sevizie.
Ma la sua vittima certo più eminente fu il Re di Jugoslavia Alessandro. Un primo attentato al regnante, uomo gradito in effetti a tanti croati, fu sventato nell'autunno 1933 a Zagabria dal servizio segreto jugoslavo. Tuttavia, quando un anno più tardi il monarca giunse a Marsiglia dagli alleati francesi, il 9 ottobre 1934, fu assassinato mentre era ancora nella zona del porto, assieme al Ministro degli Esteri francese Louis Barthou, da un emissario di Pavelic -subito sottoposto a linciaggio dalla folla. Di nuovo Pavelic fu condannato a morte in contumacia da Francia e Jugoslavia -ed era la seconda volta. Ebbene, i fascisti italiani, dopo una custodia preventiva, gli assegnarono una nuova residenza a Siena ed una pensione di stato di 5.000 lire al mese.''
In Ratlines troviamo che oltre agli italiani, ``prima della guerra [anche] i servizi segreti britannici mantennero stretti rapporti con la sua rete terroristica clandestina, anche dopo l'assassinio [...] del Re jugoslavo'' (80-81).

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La Politica dei papi nel XX secolo:``Uno scritto autografo, redatto da Pavelic nel 1936 e riguardante la causa croata, giunse al Ministero degli Esteri [tedesco] solo nell'aprile 1941, mentre erano in atto i preparativi della campagna di Jugoslavia. Il documento di 30 pagine [...] celebra Hitler come "maggiore e miglior figlio della Germania", loda la Germania hitleriana quale "potentissima combattente per il diritto vitale, la vera cultura e la più alta civiltà". [...] Il 6 aprile 1941, mentre Belgrado sottoposta al terrore incessante delle bombe tedesche cominciava a bruciare e la Dodicesima Armata del Feldmaresciallo Generale List attaccava il sud della Serbia dalla Bulgaria, Pavelic incitava le truppe croate per mezzo di un'emittente clandestina, acché puntassero le armi contro i serbi. "D'ora in poi combatteremo fianco a fianco con i nostri nuovi alleati, i Tedeschi e gli Italiani". [...] La Wehrmacht di Hitler era salutata in Slovenia e in Croazia amichevolmente ed anche con entusiasmo.
Il 10 aprile, [...] mentre i tedeschi occupavano Zagabria, capitale del vecchio Banato, avveniva la proclamazione della "Croazia Indipendente", sempre in assenza di Pavelic: [...] "Dio è con i Croati! Pronti per la Patria!". [La proclamazione era stata] firmata dall'ex-[...] colonnello Slavko Kvaternik, rappresentante del poglavnik e Comandante Supremo delle Forze Armate [...].
Il poglavnik fece tenere ancora una parata alla sua truppa di circa 300 uomini, lo stesso 10 aprile a Pistoia; la sera fu convocato a Roma da Mussolini; l'11 aprile assicurò a Hitler gratitudine e sottomissione con un telegramma; durante la notte del 13 oltrepassò il confine jugoslavo presso Fiume, giunse a Zagabria nella notte del 15, ed il 17 nominò il suo primo Gabinetto. Era adesso Capo dello Stato, del Governo e del Partito, nonché Comandante in Capo delle truppe, e governava da dittatore -certo con sudditanza rispetto ai suoi grandi alleati, dai cui regimi copiò ampiamente- alla testa di 3 milioni di Croati cattolici, 2 milioni di Serbi ortodossi, mezzo milione di Musulmani bosniaci e parecchi altri gruppi etnici minori, tra i quali 40.000 Ebrei.
Il 18 aprile l'esercito jugoslavo capitolava senza condizioni. La Serbia fu sottoposta all'occupazione militare tedesca, e quasi due quinti del Regno di Jugoslavia andarono a formare lo Stato Indipendente di Croazia, che si componeva del nucleo di Croazia e Slavonia insieme alla Sirmia, a tutta la Bosnia (fino alla Drina) e all'Erzegovina, con una parte del litorale dalmatino; in tutto quasi 102.000 km quadrati.
Però nel maggio seguente Pavelic regalò in tutti i modi quasi la metà della Jugoslavia ai paesi limitrofi: nel Nord ai Tedeschi, per cui i confini del Reich arrivavano a soli 20 km da Zagabria, nel Nordest all'Ungheria, nel sud alla Bulgaria e all'Albania, ed infine il Sudovest, l'Ovest (dove la popolazione croata era la stragrande maggioranza) ed il Nordovest all'Italia. Qui giunse Pavelic il 7 maggio con ministri e membri del clero, tra i quali il vicario generale dell'arcivescovo Stepinàc, vescovo di Salis-Sewis, ed offrì al Re Vittorio Emanuele III la cosiddetta corona di Zvonimiro (ultimo re indipendente della Croazia nell'XI secolo), destinata al meno significativo Conte Aimone di Spoleto, il quale in effetti non venne mai incoronato, non apparve mai nel suo regno, e tuttavia parlò in Vaticano già il 17 maggio quale re designato della Croazia (con l'appellativo di Tomislao II).
E lì, in Vaticano, il giorno seguente si presentò il poglavnik, colui il quale era stato ripetutamente condannato a morte a causa di svariati omicidi, accompagnato da una delegazione numerosa -Pavelic "circondato dai suoi banditi", annotava lo stesso Ministro degli Esteri Ciano nel suo diario solo poche settimane prima. Le concessioni territoriali del poglavnik all'Italia, che laggiù conduceva con brutalità la sua politica del "mare nostro", causarono sconforto in tutta la Croazia, come riferì il 21 maggio il generale Glaise von Horstenau. "Dovunque si vada si ascoltano minacce contro gli Italiani". Eppure la stampa cattolica del paese era molto commossa per l'attenzione e la cordialità di papa Pio XII, che salutò Pavelic ed i suoi gangsters durante un'udienza privata particolarmente festosa -un grande ricevimento- e si accomiatò da loro in modo amichevole, con i migliori auguri di buon proseguimento.''

Anche
Ratlines si sofferma sui rapporti fra il poglavnik e la Chiesa:``Le atrocità erano già in corso nel momento stesso in cui Pio XII ricevette il poglavnik in un'udienza privata alla fine di aprile 1941'' (80). ``Pio XII e i suoi consiglieri più anziani nutrivano opinioni estremamente benevole nei confronti del suo cattolicesimo militante. Durante la guerra Pavelic aveva convertito con la forza decine di migliaia di ortodossi serbi sotto la minaccia della pena capitale'' (80). In virtù di ciò ``agli occhi del Vaticano Pavelic rappresentava un militante cattolico, un uomo che ha peccato, ma che l'ha fatto per lottare a favore del cattolicesimo'' (92).
Il papa riceveva regolarmente gli emissari di Pavelic, ai quali forniva ogni volta ``delle assicurazioni relative al fatto che il Santo Padre avrebbe aiutato la Croazia cattolica'' (82-83). A Branko Bokun, giovane jugoslavo che tentò di segnalare alle autorità vaticane i misfatti del regime croato, non fu invece accordata l'udienza richiesta. ``Bokun era stato mandato a Roma da uno dei capi dei servizi segreti jugoslavi a chiedere l'intervento del Vaticano per fermare il massacro in Croazia. [Egli era] armato di un voluminoso fascio di documenti, di resoconti e di testimoni oculari, e persino di fotografie dei massacri. [...] Voleva consegnare il suo incartamento a monsignor Giovanni Montini, sottosegretario di Stato per gli Affari Correnti, ma non riuscì a ottenere udienza'' (81-82). ``A Bokun venne semplicemente detto che le atrocità descritte nell'incartamento erano opera dei comunisti, ma che erano state attribuite in mala fede ai cattolici'' (82).
``Allo stato di Pavelic fu negato il riconoscimento ufficiale da parte del Vaticano'' (82), ma ``quando Pavelic chiese un'altra udienza con il Santo Padre nel maggio del 1943, il Segretario di Stato Maglione gli assicurò che non c'erano difficoltà connesse con la visita del poglavnik al Santo Padre, se non per il fatto che non lo si sarebbe potuto ricevere come un Capo di Stato. Lo stesso Pio XII promise di dare nuovamente a Pavelic la sua benedizione personale, [malgrado il fatto che] in quel periodo la Santa Sede possedesse già abbondanti prove delle atrocità commesse dal suo regime'' (82).
Pavelic amava vantarsi dei suoi crimini, e si dice che esibiva sul suo tavolo una grossa coppa contenente ``circa venti chili di occhi di serbi inviatigli dai suoi fedeli ustascia'' (83).

Al termine della guerra Pavelic scomparve (83).
``Mentre i suoi uomini combattevano ancora, il poglavnik era scappato con il suo seguito di comprimari, tra cui circa 500 padri cattolici, a capo dei quali erano il vescovo di Banja Luka, Jozo Gavic, e l'arcivescovo di Sarajevo, Ivan Saric (morto poi a Madrid nel 1960). Fu accolto nel convento di San Gilgen, presso Salisburgo, insieme a quintali d'oro rubato'' (da La politica dei papi). Nel maggio 1945, Pavelic fu arrestato dagli agenti del SIS (133). Più che di un arresto, bisogna parlare però di una protezione. Infatti fu proprio il SIS ad aiutarlo a fuggire (129), nascondendolo ``a Klagenfurt, dove possedeva un appartamento e una villa'' (86). Il vescovo di Klagenfurt era un membro dell'Intermarium (136). Klagenfurt si trovava nella zona occupata dagli inglesi.
``Nel luglio del 1945 l'ambasciatore jugoslavo a Londra disse agli inglesi che Pavelic [...] era stato fatto prigioniero a Celovac (Klagenfurt) da truppe inglesi. Il Foreign Office si mostrò inflessibile nel sostenere che Pavelic non era mai stato in mano loro'' (83). Anche i ``serbi cetnici sostenevano che Pavelic era travestito da monaco in un monastero a Klagenfurt'' (84).
Londra negava, ma secondo rapporti statunitensi del 1947 gli ``alleati inglesi avevano sempre mentito. [...] Il servizio segreto jugoslavo aveva sempre avuto ragione. Secondo fonti attendibili, Pavelic era davvero riuscito a superare la frontiera austriaca e a raggiungere i confini inglesi, dove venne protetto dagli inglesi, nei settori sorvegliati e requisiti dagli inglesi, per un periodo di due settimane, [...] restò nella zona di occupazione inglese per almeno due o tre mesi, rimanendo in contatto con il SIS'' (86).
``Nell'aprile del 1946, Pavelic lasciò l'Austria e giunse a Roma, accompagnato soltanto da un tenente di nome Dochsen. Entrambi gli uomini erano vestiti da preti della Chiesa cattolica romana. Trovarono rifugio in un collegio situato in via Gioacchino Belli 3. Il compagno di viaggio di Pavelic era, in realtà, Dragutin Dosen, un ex-alto ufficiale della guardia del corpo del poglavnik'' (86). ``Subito dopo essere arrivato [...] a Roma, il poglavnik [...] aveva trovato rifugio presso Castelgandolfo, residenza estiva del papa'', dove aveva spesso l'occasione di incontrarsi in segreto con monsignor Montini'' (87). ``Sembra che molti nazisti gravitassero intorno a Castelgandolfo, [e] che Pavelic alloggiasse con un ex-ministro del governo nazista rumeno'' (87).
``Pavelic aveva ottenuto un passaporto spagnolo sotto il nome di Don Pedro Gonner, in previsione della sua fuga definitiva, probabilmente alla volta della Spagna o del Sudamerica'' (87). ``I gesuiti furono tra gli ecclesiastici che maggiormente l'aiutarono e appoggiarono i suoi piani per lasciare l'Italia organizzando il suo viaggio verso la Spagna sotto il falso nome di padre Gomez'' (89). ``Tuttavia, verso la metà del 1946 Pavelic temette di trovarsi troppo strettamente sotto controllo e [...] ritornò in Austria'' (87), e ritornò nuovamente a Roma alla fine dell'anno.
Sin dal momento in cui era fuggito, il poglavnik era rimasto in stretto contatto con padre Draganovic, segretario della Confraternita di San Girolamo dei Croati a Roma (88,94), il quale ``sin dal mese di agosto del 1943 [...] si era trovato a Roma a negoziare per Pavelic in Vaticano'' (98). L'agente segreto del CIC Robert Mudd, nel febbraio 1947, scrisse il seguente rapporto sull'istituto di San Girolamo:
``Per poter entrare in questo monastero, bisogna sottoporsi ad una perquisizione personale per verificare se si è in possesso di armi o di documenti, si deve rispondere a domande sulla propria provenienza, sulla propria identità, su chi si conosce, su quale sia lo scopo della propria visita e come si sia venuti a sapere della presenza di croati all'interno del monastero. Tutte le porte che mettono in comunicazione stanze diverse sono chiuse e quelle che non lo sono hanno di fronte una guardia armata e c'è bisogno di una parola d'ordine per andare da una stanza all'altra. Tutta la zona è sorvegliata da giovani ustascia armati in abiti civili e ci si scambia continuamente il saluto ustascia'' (110).


``In un'intervista registrata, Simcic ammise l'esistenza, all'epoca, di una strettissima sorveglianza all'interno dell'istituto [...] necessaria a causa della minaccia, sempre presente, di attacco da parte dei comunisti'' (110).
Il motivo di tante precauzioni era molto semplice. Fra l'Istituto di San Girolamo e ``quella che si riteneva fosse una delle biblioteche vaticane, in via Giacomo Venezian 17-C'' si trovavano nel 1947 numerosi ustascia ricercati. Si trattava del poglavnik Ante Pavelic e di membri del suo governo (111):
  1. Ivan Devcic, tenente colonnello
  2. Vjekoslav Vrancic, vice ministro
  3. Dragutin Toth, ministro
  4. Lovro Susic, ministro
  5. Mile Starcevic, ministro
  6. Dragutin Rupcic, generale
  7. Vilko Pecnikar, generale
  8. Josip Markovic, ministro
  9. Vladimir Kren, generale



Alcuni di questi assassini risiedevano in Vaticano: ``Gli ustascia che risiedevano in Vaticano facevano la spola tra i loro alloggi e la Confraternita [andando] avanti e indietro dal Vaticano varie volte la settimana, a bordo di un'automobile con autista la cui targa recava le iniziali CD, Corpo Diplomatico. [...] A causa dell'immunità diplomatica, era impossibile fermare l'automobile'' (113).

La realtà è che
``il Vaticano stava nascondendo il poglavnik, con la connivenza del SIS'' (132). Ovviamente, ``il SIS non aveva aiutato il Vaticano a salvare Ante Pavelic per malintesi concetti di benevolenza e carità. Voleva molto in cambio. Voleva degli agenti per infiltrarsi nella Jugoslavia comunista, per ottenere informazioni segrete e per colpire con azioni terroristiche bersagli strategici e uomini al servizio dei comunisti, soprattutto gli agenti della temuta polizia segreta'' (129). Fu solo 18 mesi dopo la scomparsa di Pavelic che gli inglesi ufficialmente "scoprirono" che costui si trovava in Vaticano. A quel punto scaricarono la responsabilità dichiarando che era fuori dalla loro giurisdizione (85).
All'inizio del 1947 Pavelic si trovava ``in un complesso extraterritoriale cinto da mura [che] si trova in cima al colle Aventino [e] che secondo l'opinione generale è crivellato di tunnel sotterranei che uniscono tra loro i singoli edifici.'' Tale complesso ospita varie organizzazioni della Chiesa, fra cui il Monastero di Santa Sabina, nel quale l'agente americano Gowen riteneva a quei tempi che avesse trovato ospitalità il poglavnik, e l'Ordine Militare Sovrano dei Cavalieri di Malta (87-88). Secondo l'autore de Il Secolo Corto, l'Ordine di Malta aveva anch'esso una sua rete per la fuga dei criminali di guerra. Ne faceva parte William J. Casey, che divenne capo della CIA negli anni ottanta.
Gli ustascia godevano di ottimi contatti con la polizia italiana (89). Un'altra delle loro basi si trovava in Via Cavour 210 (88).
In agosto Pavelic ``si nascondeva come ex-generale ungherese sotto il nome di Giuseppe [...] e viveva in una proprietà della Chiesa sotto la protezione del Vaticano, a Via Giacomo Venezian, [...] insieme al famoso terrorista bulgaro Vancia Mikoiloff (sic) e ad altre due persone. Nell'edificio vivevano circa altri dodici uomini. Erano tutti ustascia e costituivano la guardia del corpo di Pavelic. Quando Pavelic usciva, si serviva di un'automobile con la targa del Vaticano (SCV)'' (90-91). ``Andava regolarmente in giro a bordo delle auto ufficiali vaticane che, recando le speciali targhe dei corpi diplomatici, non potevano essere fermate dalle autorità occidentali, neppure quando Pavelic lasciava il territorio vaticano'' (91).
I servizi segreti inglesi e americani conoscevano i movimenti di Pavelic ed avevano ricevuto l'ordine di arrestarlo. Tuttavia, dopo un continuo scarica-barile fra i due servizi segreti, l'operazione fu ``lasciata morire'' (89-91). ``La posizione degli inglesi era cinica e disonesta; mentre il SIS proteggeva Pavelic, il Foreign Office protestava perché gli Stati Uniti si sforzavano di sabotare il piano per arrestare il poglavnik'' (89). ``Il motivo [...] era davvero molto semplice. Gli alti ufficiali statunitensi stavano formando, all'epoca, la loro rete di ex-nazisti, e cominciavano a coordinare le proprie attività con quelle del Vaticano e di Londra'' (92).

Alla fine Pavelic riparò in Argentina:
``salpò dall'Italia il 13 settembre del 1947, viaggiando a bordo del piroscafo italiano Sestriere sotto il nome di Pablo Aranyos, un presunto profugo ungherese, e giunse a Buenos Aires il 16 novembre'' (95). ``Pavelic si servì dei suoi contatti molto influenti all'interno dei servizi segreti italiani per attuare il suo piano di fuga'' (96). ``Padre Draganovic[...] fornì il passaporto della Croce Rossa di cui si servì Pavelic e organizzò i dettagli del viaggio in nave'' (95). Sembra addirittura che Draganovic ``accompagnò personalmente il criminale di guerra a Buenos Aires, dove rimase con lui per dodici mesi'' (95). Secondo un'altra versione dei fatti, tuttavia, la persona che accompagnò l'ex-poglavnik era ``un altro sacerdote croato, un certo padre Jole, che era in realtà padre Josip Bujanovic'' (95).
Quando ``riapparve in Argentina, [...] il dittatore Juan Perón lo assunse come consulente per la sicurezza'' (95). ``Un certo Daniel Crljen [mandato in Argentina da Draganovic per trovare una sistemazione a Pavelic] era giunto in aereo a Buenos Aires, grazie all'assistenza del Vaticano, per conferire con il generale Perón a proposito dell'organizzazione in Argentina di un movimento ustascia chiamato "Élite". Crljen era uno dei principali ideologi e propagandisti del movimento, dato che durante la guerra aveva incitato al massacro dei Serbi. La missione di Crljen ebbe certamente successo; l'arrivo di Pavelic servì solamente a completare il trasferimento in Argentina di quasi tutto il suo governo. Tra i veterani che l'attendevano per dargli il benvenuto c'erano quasi tutti i ministri del gabinetto sopravvissuti, come pure molti funzionari municipali, capi militari e della polizia. Erano per la maggior parte criminali di guerra ricercati'' (96).
Per il seguito della storia di Pavelic, leggiamo La Storia dei Papi del XX secolo:``Dopo la caduta di Perón, Pavelic sfuggì nel 1957 ad un attentato così come riuscì a sottrarsi alla polizia argentina; di nuovo finì in un convento, stavolta presso i Francescani di Madrid, e morì settantenne (alla fine del 1959) nell'ospedale tedesco (sic!) della capitale spagnola.''

Vladimir Kren


Durante la guerra fu generale e comandante in capo dell'aviazione dello "Stato Croato Indipendente": ``il generale Vladimir Kren, l'ex-ufficiale dell'aviazione jugoslava che, nell'aprile del 1941, aveva organizzato il passaggio ai tedeschi di molti dei suoi militari, era stato ricompensato con la carica di comandante dell'aviazione di Pavelic'' (118).
Vladimir Kren fu uno dei pochi amici di Pavelic che fu preso:
Nell'indagare sulla presenza di criminali croati a San Girolamo, l'agente americano
``Gowen organizzò un audace furto con scasso nell'ufficio di Draganovic. [...] Uno dei documenti più importanti era una lista di nomi di croati che venivano nutriti, vestiti, alloggiati e provvisti di ogni altra cosa nel monastero di San Girolamo. [...] In tale elenco erano inclusi anche i nomi di diversi criminali di guerra jugoslavi ricercati da tempo, dei quali Draganovic aveva continuamente negato la presenza: [...] almeno una ventina delle persone alloggiate all'interno dell'istituto si trovavano nelle liste nere occidentali'' (112-113).
In questo modo, i servizi occidentali avevano saputo che ``un gruppo di criminali di guerra ricercati [...] si era imbarcato sulla "Philippa" il 4 marzo 1947'' e che fra loro si trovava Vladimir Kren, che viaggiava sotto il falso nome di Marko Rubini (118-119). Kren fu arrestato dal maggiore Clissold, della British Special Screening Mission, la squadra alla ricerca dei nazisti. ``Questa fu una delle pochissime occasioni in cui lo spionaggio occidentale trionfò. [...] Qualche settimana più tardi, gli inglesi prepararono un'imboscata nello stesso istituto di San Girolamo, arrestando circa un centinaio di uomini che stavano andandosene al termine di un incontro'' (118). Alla fine, Kren fu consegnato al governo jugoslavo (118).

Vjekoslav Vrancic


Fu sottosegretario del Ministero degli Interni di Ante Pavelic. ``Tale ministero [...] era direttamente responsabile dei campi di concentramento nonché dell'apparato poliziesco particolarmente repressivo'' (112). Divenne poi il contatto radio in Austria per le missioni dei krizari (133).
Nel 1947, ``Vrancic doveva essere consegnato agli jugoslavi ma, tre giorni dopo questa decisione, egli sfuggì misteriosamente alla custodia degli inglesi. Riuscì quindi a mettersi al sicuro all'interno della Confraternita di San Girolamo, prima che padre Draganovic lo facesse espatriare attraverso la sua ratline. Nel novembre del 1947 [arrivò] in Argentina sotto il nome di Ivo Rajicevic; in quel paese Vrancic divenne una figura di primo piano nella rinascita dell'apparato terroristico ustascia'' (112).

Vilko Pecnikar


Genero di Ante Pavelic (134), Pecnikar era un ``veterano del movimento e organizzatore dei gruppi terroristici di Pavelic prima della guerra. Durante il conflitto raggiunse il grado di generale nella guardia del corpo personale di Pavelic e fu capo anche della brutale gendarmeria che operava in stretta collaborazione con la Gestapo'' (112).
Dopo la fine del conflitto ``Draganovic e Pecnikar lavorarono a stretto contatto per riorganizzare il movimento ustascia'' (112) ed entrambi gestirono insieme il tesoro degli ustascia (134). ``Manteneva contatti con diverse organizzazioni naziste clandestine e gestiva un sofisticato servizio segreto che collegava i gruppi italiani con quelli austriaci'' (134).

Ivo Omrcanin


Durante il breve periodo di vita della Croazia Indipendente, fu ``un funzionario del Ministero degli Esteri ustascia'' (127).
Successivamente, ``Lavorò a stretto contatto con Draganovic per dare una mano nelle vicende relative all'emigrazione dei profughi croati. [...] Lavorò direttamente sotto la guida di Draganovic nel Pontificio Comitato Croato di Assistenza tra il 1948 e il 1953, girando per i campi di profughi e inviando migliaia di fuggiaschi attraverso la ratline. [...] Si vanta anche di aver inviato attraverso la ratline 30.000 persone, tra cui molti scienziati e tecnici tedeschi'' (127).
``Omrcanin [....] vive oggi a Washington, da dove pubblica una serie di trattati di propaganda pro-ustascia'' (127).

Ljubo Milos


``Fu un alto ufficiale nel campo di concentramento di Jasenovac. Uno dei suoi atti esemplari fu l'uccisione rituale degli ebrei. Dopo l'arrivo al campo di un mezzo di trasporto, Milos indossava un camice da medico, ordinava alla guardia di portargli tutti coloro che avevano richiesto un ospedale, li conduceva all'ambulanza, li metteva lungo il muro e, con un colpo di coltello, tagliava la gola delle vittime, spezzava loro le costole e le sventrava.
Milos diresse anche altri brutali metodi di sterminio. Prigionieri nudi venivano gettati vivi nella fornace accesa della fabbrica di mattoni annessa al campo, mentre altri venivano percossi a morte con mazze e martelli. Decisamente, Milos non era un innocente patriota croato che si era limitato a prestar servizio nel governo di Pavelic per senso del dovere nei confronti della propria nazione. Era un volgare e sadico assassino, colpevole proprio di quel tipo di crimini che Draganovic riteneva meritassero una punizione. Eppure Draganovic estese anche a lui la sua carità cristiana.'' (120).
Il prete croato, infatti, fece fuggire Milos, e gli diede anche molti soldi (120). Milos scampò ``all'arresto da parte degli alleati proprio grazie a padre Draganovic, nonostante i suoi sanguinosi precedenti'' (132). ``Milos viveva in un campo italiano e stavano per arrestarlo. Draganovic fu avvertito segretamente da qualche agente dei servizi segreti inglesi e usò la sua sofisticata organizzazione per far sparire Milos, portandolo in salvo'' (121).
In seguito fu catturato in Jugoslavia nel corso di una missione terroristica (121): nel 1948 figurò come imputato al processo dei krizari (132).

Lovro Susic


Ministro dell'economia di Ante Pavelic (111), ``collaborò strettamente coi nazisti alla deportazione di lavoratori croati per lavori forzati in Germania, prestando servizio, in seguito, presso la sanguinaria divisione delle SS denominata Principe Eugenio'' (111).
Nel 1945 si trovava a Wolfsber, dove custodiva gran parte del tesoro ustascia, prima di affidare tale tesoro a Draganovic, Hefer, e Pecnikar (133-134). Nel 1947 si rifugiò nell'istituto di San Girolamo (111), e poi divenne uno dei comandanti delle operazioni dei krizari (134).

Dragutin Toth


Durante il conflitto il dottor Dragutin Toth fu Ministro del Commercio di Ante Pavelic, presidente della Banca Nazionale Croata e, infine, Ministro delle Finanze (111). ``Riuscì ad arrivare alla ratline di Draganovic e a raggiungere l'Argentina verso la metà del 1947'', e ciò malgrado il fatto che Londra e Washington avessero già raggiunto un accordo per consegnarlo a Tito (111).

Bozidar Kavran


``Prima della guerra [aveva fatto parte, insieme a Rover,] del movimento clandestino ustascia in Bosnia, [ed entrambi] furono coinvolti in un complotto per assassinare Re Pietro'' (146). ``In tempo di guerra fu il comandante del quartier generale ustascia'' (146).
``Dopo la fine del conflitto gli fu affidata la responsabilità della base austriaca dei krizari a Trofaiach. Lavorò direttamente agli ordini di Pavelic e Draganovic nelle operazioni terroristiche e spionistiche dei krizari'' (146). Finì imputato al "processo pilotato" del 1948 (146).

Srecko Rover


Ustascia sin da prima della guerra, i suoi camerati lo soprannominavano affettuosamente "piccolo lupo" (147). Fece parte, insieme a Kavran, di un complotto per assassinare Re Pietro (146). ``Quando nel 1941 arrivarono i nazisti, Rover entrò a far parte di una delle micidiali corti marziali itineranti di Pavelic, che giustiziavano in maniera sommaria i nemici razziali e politici degli ustascia. Dopo aver prestato servizio in questa squadra di sterminio itinerante, Rover fu inviato in Austria per essere addestrato come agente speciale e quindi promosso a prestar servizio nella guardia del corpo personale di Pavelic, un'unità di polizia repressiva simile alla Gestapo'' (146).
Divenne il contatto degli americani nei krizari: ``Dopo la guerra, Rover si unì alla moltitudine di criminali di guerra latitanti, dandosi alla macchia nella campagna italiana, e presto si arruolò nel movimento clandestino dei krizari. Alla Confraternita di San Girolamo, ottenne da Draganovic i documenti d'identità falsi che gli permisero di procurarsi dei certificati ufficiali, soprattutto quelli di residenza italiana.
Rover lavorò a stretto contatto con Draganovic, intraprendendo numerose missioni per conto dell'eminenza grigia degli ustascia, [ossia Draganovic,] e riuscendo ad arrivare, alla fine, ai vertici del comando dei krizari. All'inizio del 1946, Rover fu mandato a Trieste per lavorare nella rete spionistica di Draganovic. Contattò il colonnello Perry e stabilì stretti rapporti di lavoro con l'ufficiale dei servizi segreti americani. [...] Perry rimase impressionato dai progetti di Rover, dato che reclutò il capitano dei krizari e gli fornì documenti di viaggio e d'identità. L'americano lo inviò in Jugoslavia per creare un percorso clandestino attraverso cui si potessero far penetrare degli agenti all'interno di quel paese.
[...] Quasi ogni volta che [Rover] si trovava nei guai con le autorità occidentali, Perry veniva in suo aiuto. I reparti alleati specializzati nella caccia ai nazisti arrestarono Rover in varie occasioni, ma gli interventi di Perry ne garantivano sempre il rilascio. Il rapporto con gli americani permise anche al "piccolo lupo" di avere accesso a risorse e informazioni grazie alle quali fece rapidamente carriera tra le file dei krizari, fino a diventare, alla fine, comandante in seconda di Kavran della base di Trofaiach, in Austria.
[...] Da principio faceva il corriere e consegnava istruzioni top secret ai capi krizari. Divenne anche abile nel procurarsi e falsificare sofisticati documenti d'identità e di viaggio, permettendo a se stesso e ai suoi compagni di viaggiare liberamente persino all'interno della Jugoslavia comunista. Poi reclutò volontari per le missioni terroristiche e di spionaggio.
[...] Si recò a Roma per incontrarsi con Draganovic e riferirgli di persona i suoi ultimi successi. Cominciò presto a lavorare a stretto contatto con altri importanti membri della rete di Draganovic. [...] Fin dall'inizio del suo rapporto con Perry, sembrò che le cose andassero storte. Per esempio, la prima missione per conto dell'americano aveva condotto Rover a Rijeka e Zagabria. Questi tornò indietro senza correre rischi, ma la persona che percorse dopo di lui lo stesso itinerario venne immediatamente catturata.
[...] Quasi tutte le operazioni dei krizari in cui ci fu lo zampino di Rover si rivelarono un completo disastro. Lo stesso Pavelic arrivò a sospettare che Rover fosse un agente comunista che faceva il doppio gioco, o almeno una specie di agente provocatore. Tra i principali leader dei krizari, Rover sembra sia stato uno dei pochi a entrare più volte in Jugoslavia senza essere scoperto e arrestato dalla polizia segreta di Tito.
[...] Quando, verso la metà del 1948, furono varate le ultime disastrose operazioni, a Rover fu affidata la responsabilità di guidare i gruppi terroristici all'interno del paese. Per coincidenza, tutti gli uomini da lui portati oltre il confine furono uccisi o catturati, la maggior parte nel giro di poche ore, i dispersi entro pochi giorni. Nello stesso anno, i sopravvissuti si trovarono di fronte al tribunale di Tito a Zagabria. Sembra che Srecko Rover sia stato uno dei pochi tra i più importanti krizari a non trovarsi tra le loro fila. In seguito Rover riportò fiaschi simili anche in Australia'' (146-148).

Miha Krek


Presidente di Intermarium e amico intimo di Vajta (67). ``Capo del Partito Popolare Cattolico della Slovenia, [...] Krek lavorava per i servizi segreti inglesi'' (67,137). Lavorava in stretta collaborazione con monsignor Anton Preseren, ``assistente generale del potente ordine dei gesuiti'' (137).

L'agente statunitense William Gowen

Fu incaricato dal CICper indagare sulla rete clandestina istituita per permettere ai nazisti di fuggire ed arrestare i criminali ricercati presenti a Roma (57). Fu tuttavia convinto da Ferenc Vajta a premere sugli USA affinché collaborassero con Intermarium(73). Vajta gli aveva anche rivelato l'appoggio del SISai krizari(132).
Fu l'artefice della scelta americana di coprire i criminali in fuga. Consigliò ``all'America di chiudere un occhio sul fatto che il Vaticano proteggesse un nazista'', e cioè Vajta, giustificando la cosa ``in considerazione del contributo della Santa Sede alla causa anticomunista''(78). Il 6 luglio 1947, Gowen ``suggerì che i servizi segreti americani assumessero il controllo dell'Intermarium''(92).

Le sigle

  • Servizi segreti americani
    • OSS = Office of Strategic Service
    • CIC = Counter Intelligence Corps (militare)
  • Servizi segreti inglesi
    • SIS = Secret Intelligence Service
    • SOE = Special Operations Executive (militare)
  • Servizi di sicurezza della Germania hitleriana
    • SS = Schutz Staffel (braccio armato del partito nazista)
    • Ge.sta.po = Geheime Staatspolizei

Bibliografia

  1. Ratlines
    di Mark Aarons e John Loftus
    edizione inglese: 1991
    L'edizione da me usata è quella italiana, edita da Newton Compton nel 1993.
  2. Il Secolo Corto. La Filosofia del Bombardamento. La Storia da Riscrivere.
    di Filippo Gaja
    Maquis editore, 1994.
  3. Die Politik der Päpste im 20. Jahrhundert (La Politica dei papi nel XX secolo)
    di Karlheinz Deschner
    Rowohlt, 1991
    I brani qui riportati sono stati scelti e tradotti da Andrea Martocchia.
  4. Storia illustrata, supplemento al n.186, intitolato "La caccia ai criminali nazisti", 1973
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Sull'evoluzione attuale della situazione jugoslava, si rimanda al
Dossier Jugoslavia, a cura del Gruppo Romano Aiuti alla Bosnia Erzegovina.
Attenzione: si fa notare che per caricare il documento, potrebbe essere necessario un certo tempo. Si consiglia quindi di salvarlo localmente per poterlo leggere con calma.

Redazione de "L'indice puntato: viaggio nell'informazione negata" (Radio Città Aperta)
Franco Marenco - aprile 1995


Ritorna al sito del CNJ

link articolo originale: http://www.cnj.it/documentazione/ratlines.htm

Il Gesuitico Joe Biden vuole un Nuovo Ordine Mondiale

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Abbiamo già detto in passato che gli Stati Uniti sono una facciata dietro la quale agiscono gli uomini della Compagnia di Gesù.

La Compagnia di Gesù e il Vaticano hanno usato gli USA per compiere il loro lavoro sporco di guerre e imperialismo e per portare avanti l'edificazione di un Nuovo Ordine Mondiale; però è quasi certo che questo paese avrà un destino più o meno simile a quello della Germania nazista e dell'Italia fascista (altre due facciate dei gesuiti e del Vaticano). E' quindi scontato che nei prossimi anni l'economia non graviterà più intorno al dollaro e agli Stati Uniti, ma essa dovrà integrare le economie emergenti all'interno del Governo Globale gesuitico.

Il Cattolico Joe Bidenè l'attuale vicepresidente degli Stati Uniti; egli è anche il più potente uomo dei gesuiti nell'amministrazione Obama; costui possiede ben due lauree ad honorem gesuitiche: una presso l'Università di Scranton e una presso l'Università di Saint Joseph. Come agente vaticano egli porta avanti gli interessi del governo mondiale dei gesuiti, a discapito della sovranità nazionale degli USA.

L'occasione di parlare di Biden è la sua recente richiesta di un Nuovo Ordine Mondiale. In un articolo dal titolo Biden calls for 'new world order', pubblicato da WND money, leggiamo:




"In una conferenza sulle attività bancarie tenutasi venerdì, il vice presidente Joe Biden ha chiesto la creazione di un "nuovo ordine mondiale" con nuove istituzioni finanziarie, regole globali aggiornate, condizioni di parità e prosperità della Cina.

I suoi commenti sembrano riferirsi al cosiddetto perno verso l'Asia del presidente, una dichiarata strategia di porre una maggiore attenzione sulla regione dell'Asia"




Naturalmente il perno verso l'Asia e la prosperità della Cina vogliono dire la distruzione o il ridimensionamento delle economie Occidentali, compreso gli Stati Uniti, di cui Biden è vice presidente; tutta questa prosperità, infatti, sta avvenendo con il trasferimento di interi comparti industriali all'interno di tali paesi orientali, i quali verranno poi assorbiti nel Nuovo Ordine Mondiale delle economie unificate sotto la bandiera di Roma. L'articolo continua:



"Le sue dichiarazioni arrivano mentre gli Stati Uniti aumentano le proprie installazioni nel Pacifico, presumibilmente in risposta alle minacce della Corea del Nord.

Tali mosse militari hanno indotto molte speculazioni dei media sul fatto che alcune delle risposte della Casa Bianca verso la Corea del Nord possano essere collegate al più grande perno verso l'Asia che è stato un importante obiettivo politico dell'amministrazione Obama.

Le osservazioni di Biden arrivano anche la settimana dopo che Cina, Russia e altre potenze hanno annunciato la creazione di un nuovo ordine economico mondiale che avrebbe potuto competere con la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale dominate dagli occidentali.

Rilasciando il discorso alla Conferenza dell'Export-Import Bank venerdì a Washington DC, Biden ha affermato che "il compito positivo che abbiamo ora di fronte è quello di creare un nuovo ordine mondiale."

Egli ha continuato:"Siccome l'ordine mondiale sta di nuovo cambiando, le istituzioni mondiali, che hanno funzionato così bene per decenni nel periodo post-Seconda Guerra Mondiale, hanno bisogno di essere rafforzate, e alcune hanno bisogno di essere cambiate."

"Quindi noi dobbiamo fare quello che sappiamo fare meglio, dobbiamo guidare", egli ha affermato. "Dobbiamo aggiornare le regole globali del percorso, dobbiamo fare in modo di massimizzare i benefici per tutti, perché ovviamente, è prevalentemente nel nostro interesse. Questo non è un gioco a somma zero, è prevalentemente nel nostro interesse che la Cina prosperi, che la Mongolia prosperi, che le grandi e ampie nazioni, a Est e a Ovest (prosperino). Dobbiamo livellare il campo di gioco, di modo che le aziende e i lavoratori siano in grado di competere nel mondo e che la concorrenza sia leale e sana."



Il soldato di Roma Joe Biden sa bene chi siano questi "noi" che hanno tutto l'interesse a guidare il cammino verso questo nuovo ordine mondiale! Non certo i popoli e i lavoratori di tutto il mondo, che saranno ridotti a schiavi. Andiamo avanti:

[...]

"Nuovo Ordine Economico Mondiale

Lo spostamento militare degli Stati Uniti arriva mentre i cosiddetti BRICS – Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa – cercano di creare un sistema monetario che possa rivaleggiare ed anche surclassare l'Occidente.

Anche se ha ricevuto poca attenzione nei media degli Stati Uniti, la scorsa settimana il vertice della quinta edizione annuale il gruppo BRICS ha presentato quella che doveva essere una nuova banca di sviluppo con lo scopo di rompere il monopolio detenuto dalle istituzioni gestite dagli occidentali.

La banca avrebbe utilizzato 50 miliardi di dollari di capitale di avviamento, suddivisi equamente tra Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa, ma sarebbe chiaramente dominata dalla Cina.

Il presidente Russo Vladimir Putin ha dato il suo supporto per la banca, mentre il ministro per il commercio dell'India ha detto che i BRICS "avranno una forte influenza sull'ordine globale di questo secolo."

"E' fatta" ha detto il il ministro delle finanze Sud africano Pravin Gordhan martedì scorso, aggiungendo che "abbiamo fatto ottimi progressi" sulla formazione di un'agenzia di sviluppo analoga alla Banca Mondiale.

La Press TV iraniana ha definito l'accordo in questo modo:"La banca BRICS presenterà una soluzione alternativa a quella dominata dal sistema bancario globale degli occidentali che comprende le istituzioni di Bretton Woods – la Banca Mondiale (BM) e il Fondo Monetario Internazionale (FMI)."

"La nuova banca offrirà una riserva collettiva di cambio e un fondo per il finanziamento di progetti di sviluppo, al fine di soddisfare le esigenze delle economie emergenti e povere."

Press TV ha riferito che "i membri del BRICS dicono che l'attuale equilibrio del potere globale è impraticabile, con istituzioni come la Banca Mondiale, il FMI e il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che non sono adeguate al fine di affrontare le questioni riguardanti l'economia globale."

Secondo l'accordo, le due più grandi economie dell'emergente gruppo di potere, Cina e Brasile, hanno deciso di muovere quasi la metà dei loro scambi commerciali al di fuori dalla zona del dollaro – un colpo significativo per il dollaro statunitense.

Alcuni commentatori negli Stati Uniti sono scettici che le mosse del BRICS potranno mai funzionare.

Joseph S. Nye, un professore presso l'Università di Harvard, ha scritto sul quotidiano Australian:"Significativamente, la riunione a Durban non ha prodotto alcun dettaglio sulla struttura della proposta nuova banca per lo sviluppo, suggerendo che pochi progressi erano stati fatti nel corso dell'anno dall'ultima riunione del BRICS a Nuova Delhi, dove era stato annunciato il piano."

Nye continua:"In effetti, nonostante l'impegno per avviare 'negoziati formali' per istituire la banca, i disaccordi circa le dimensioni e le quote di capitale della banca non sono stati risolti."

Il New American ha preso le parti degli altri, sostenendo che la banca BRICS è un passo avanti verso il governo mondiale:"Eccetto una moneta planetaria regolata e una banca centrale, al centro delle macchinazioni dei regimi del BRICS, delineate nel loro accordo finale, c'è stata la costruzione di un vero e proprio governo mondiale."

La pubblicazione ha sottolineato che la dichiarazione del BRICS al termine del vertice della scorsa settimana includeva:"Ribadiamo il nostro forte impegno per le Nazioni Unite (ONU), come il forum multilaterale più importante incaricato di realizzare lo sviluppo della speranza, della pace, dell'ordine e dello sviluppo sostenibile del mondo."

La dichiarazione dei BRICS aggiungeva:"Noi ribadiamo il nostro impegno per la promozione del diritto internazionale, il multilateralismo e il ruolo centrale delle Nazioni Unite."

[...]



Come vediamo, anche se i paesi del BRICS vanno contro all'economia occidentale dominata dal dollaro degli Stati Uniti (che abbiamo già visto essere un paese destinato all'eclissi), essi vanno però apertamente incontro alle Nazioni Unite del Vaticano nella creazione di un Governo Mondiale; in tal senso l'opposizione agli USA significa l'accordo con Roma. Notizia Ansa del 9 aprile 2013:




CITTA' DEL VATICANO - Ci sono "idee e obiettivi comuni" tra la Santa Sede e l'Onu. Lo ha detto il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon a Papa Francesco nel colloquio che si è tenuto nello studio privato e che è durato circa venti minuti.

Il segretario generale era accompagnato da dodici persone al seguito tra i quali la responsabile del piano per il disarmo. Per Ban Ki-moon è stato "un grande onore" incontrare il Papa, "uno dei leader spirituali del mondo", ha detto.” 
 




Per capire come Il Vaticano e le Nazioni Unite lavorino per lo stesso governo unico mondiale e per un'unica religione sotto un unico leader mondialesi legga anche Lo Scopo Occulto delle Nazioni Unite rivelato dai loro stessi scrittida noi pubblicato. Sul sostanziale accordo di Cina e Russia riguardo ad una moneta globale si veda il nostro articolo Verso una moneta unica mondiale. A proposito dei BRICS e del loro ruolo nel futuro ordine mondiale, leggiamo come questo vada di pari passo alle "profezie" cattoliche; Philips Jenkins, in un articolo dal titolo Believing in the Global South , uscito nel dicembre 2006 su First Things, afferma:




"Anche se la profezia si presta raramente a verifica empirica, una eccezione potrebbe essere un'osservazione di San Vincenzo de Paoli, scritta intorno all'anno 1640. Questo fu uno dei più truci periodi della storia europea, i giorni più disperati della guerra dei Trent'anni. In questi giorni terribili Vincenzo osservò che Gesù aveva promesso che la sua Chiesa sarebbe durata fino alla fine dei tempi, ma senza menzionare l'Europa. La Chiesa del futuro, diceva Vincenzo, sarebbe stata la Chiesa del Sud America, dell'Africa, della Cina e del Giappone. Anche se potremmo discutere circa l'inclusione del Giappone in tale elenco, il punto fondamentale di San Vincenzo rimane fondato e profetico. Il Cristianesimo, una religione che è nata in Africa e in Asia, nella nostra esistenza ha deciso di ritornare a casa. Il nostro concetto tradizionale del mondo cristiano come un mondo prevalentemente bianco e di cristianità occidentale euroamericana, infatti, non è più la norma.

Il Cristianesimo dovrebbe godere di un boom in tutto il mondo nei prossimi decenni, ma la stragrande maggioranza dei credenti non sarà né bianca, né europea né euro americana. Secondo le tabelle statistiche prodotte dal Center for the Study of Global Christianity, circa 2,1 miliardi di cristiani erano presenti nel 2005, circa un terzo della popolazione planetaria. Il più grande blocco unico, circa 531 milioni di perone, si trova ancora in Europa. L'America Latina, però, è già vicino alle sue spalle, con 511 milioni, l'Africa ne ha 289 milioni, e 344 milioni di asiatici professano il cristianesimo. Il Nord America rivendica 266 milioni di fedeli. Adesso noi non abbiamo la necessità di accettare queste cifre nel loro dettaglio, e personalmente credo che le cifre asiatiche siano troppo alte; anche così, gran parte del mondo cristiano si trova già in Africa, Asia e America Latina. Altrettanto sorprendenti sono le tendenze a lungo termine. Il numero dei cristiani in Africa sta crescendo intorno al 2,36 per cento ogni anno, il che porterebbe a proiettare un raddoppio della popolazione cristiana del continente in meno di 30 anni. Estrapolando queste cifre per l'anno 2025, la predominanza del sud diventa ancora più marcata. Assumendo nessun grande guadagno o perdita attraverso la conversione, a quel tempo ci sarebbero circa 2,6 miliardi di cristiani, di cui 595 milioni vivrebbero in Africa, 623 milioni in America Latina, e 498 milioni in Asia. L'Europa, con 513 milioni, scivolerebbe al terzo posto. Africa e America Latina sarebbero quindi in competizione per il titolo di continente più cristiano. Entro il 2050 il cristianesimo sarà principalmente la religione dell'Africa e della diaspora africana. Da allora ci saranno circa 3 miliardi di cristiani nel mondo, e la porzione di coloro che saranno bianchi e non latini oscillerà tra un quinto e un sesto del totale. Se facciamo una proiezione delle più grandi popolazioni cristiane entro il 2050, gli Stati Uniti saranno ancora a capo della lista, seguiti da Brasile, Messico, Filippine, Nigeria, Congo, Etiopia e Cina. E anche negli Stati Uniti molti cristiani saranno ispanici, di origine asiatica o africana. A quel punto, un terzo di tutti gli americani avranno radici latinoamericane o asiatiche, radici che saranno prevalentemente cristiane. Questo non include quegli americani di origine africana, le persone che sono afroamericane o quelle di recente ceppo africano.



Da questo articolo del 2006 arriviamo al gesuita Bergoglio del 2013:



Nel scegliere Francesco, 76enne, che è stato l'Arcivescovo di Buenos Aires, i cardinali hanno mandato il potente messaggio che il futuro della chiesa giace nel sud globale, la casa della maggior parte dei cattolici del mondo.”




Ecco, molti anni fa, il giovane Joe con il suo vecchio maestro Giovanni Paolo II



E rieccolo pochi giorni fa insieme al nuovo maestro Francesco I, il Papa del Sud del Mondo!



"Sarà il vicepresidente cattolico Joe Biden a rappresentare gli Stati Uniti, e porterà con sé il governatore del New Mexico, Susan Martinez, oltre a Nancy Pelosi (leader della minoranza democratica alla Camera). Martinez è considerata un astro nascente, ispanico, del Partito repubblicano. Farà parte della delegazione anche John J. DeGioia, presidente della Università di Georgetown di Washington, un'università dei gesuiti in cui si sono formati anche alcuni presidenti degli Stati Uniti."






"Per il cattolico praticante Joe Biden, vicepresidente degli Stati Uniti, le ore del soggiorno romano sono state di “great time”, come scrive il Christian Science Monitor. Non è sempre stato così per un alto rappresentante dell’amministrazione americana in missione in Vaticano.

Fino agli anni ottanta non c’erano neppure relazioni diplomatiche tra l’America e la Santa Sede e fu solo nel 1984 che Reagan ruppe il ghiaccio, nominando il primo ambasciatore presso il Vaticano. Da allora, i rapporti sono diventati più che buoni, con ripetute visite di pontefici oltreoceano e grande considerazione politica nei confronti del Vaticano da parte di tutti i presidenti, democratici e repubblicani. Fino ad arrivare a oggi: ai massimi vertici dell’amministrazione Obama ci sono cattolici come Biden e come John Kerry, segretario di stato, e Janet Napolitano, segretario alla sicurezza interna. I cattolici americani nel frattempo sono diventati 77 milioni, la più folta singola denominazione religiosa del paese. E mai come in questo conclave l’America , anche quella non cattolica, si è tanto appassionata alla scelta del papa, tifando candidamente per un American pope.

Poi, ecco l’elezione di un papa proveniente dalle Americhe, e per la quale si sono spesi i cardinali americani e che è accolta dai nordamericani come la scelta di uno di loro. Non stupisce che la delegazione statunitense presente stamattina a san Pietro fosse di alto profilo istituzionale: oltre a Biden c’erano Nancy Pelosi, leader dei democratici alla House e Susana Martinez, governatrice repubblicana del New Mexico, più un folto drappello di parlamentari dei due partiti. Inoltre era presente John DeGioia, presidente della Georgetown University, ateneo prestigioso dei gesuiti. Anche questi segnali lasciano pensare che le relazioni tra il più piccolo stato e la più importante nazione del pianeta saranno ancora migliori."




I gesuitici Monti e Biden molto felici di incontrarsi



"(ASCA) - Roma, 18 mar - Il Presidente del Consiglio, Mario Monti, ha incontrato oggi a Palazzo Chigi il Vice Presidente degli Stati Uniti d'America, Joe Biden. Al centro dei colloqui, molto cordiali - riferisce un comunicato - l'eccellente cooperazione bilaterale, gli sviluppi della crisi globale e le politiche per il rilancio della crescita. Il Vice Presidente Biden ha voluto testimoniare del rapporto di personale stima, amicizia e collaborazione stabilitosi tra il Presidente Obama ed il Presidente del Consiglio, auspicando che il prossimo Governo possa continuare sulla via virtuosa di riforme strutturali delineata dal Presidente Monti, che hanno consentito di mettere il Paese al riparo da possibili contagi della crisi finanziaria."





"Durante i viaggi in Russia del Vice Presidente Joe Biden per incontrare il presidente Medvedev, il suo staff raggiunse il Padre Gesuita Janez Sever chiedendogli di celebrare il Mercoledì delle Ceneri insieme a Biden e al suo staff. Il gesuita russo ha accettato l'opportunità con grazia e umiltà "per fare questa quaresima un momento efficace nella vita [di Biden]." Durante la funzione Sever ha riflettuto sulla sua recente esperienza di ritiro di 30 giorni per la sua omelia e ha incoraggiato Biden e il suo staff a ricordare che la Quaresima è un momento di riflessione spirituale, un momento in cui ci si dovrebbe prendere del tempo per ascoltare Dio ed esaminare i propri desideri più profondi. Molti dello staff di Biden condividono con Sever il proprio background di aver frequentato le università dei Gesuiti. Sever ha anche regalato al Vice Presidente una copia del libro bestseller del Padre Gesuita James Martin “The Jesuit’s Guide to (Almost) Everything”, perché Sever trova lo stile degli scritti di Martin accessibile e di grande ispirazione per coloro che cercano di trovare Dio nella loro vita quotidiana. Biden ha detto a Sever che Padre Martin gli era molto familiare, avendo letto gran parte del libro del sacerdote popolare e ha accettato il dono di Sever con gratitudine e apprezzamento."

Fonte: Jesuit.org

Le radici dell'Unione "Ecumenica" delle Chiese Protestanti con la Chiesa Cattolica nel supporto all'Inquisizione nazista

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Il sostegno delle Chiese evangeliche e protestanti al nazismo e alle ratline per la fuga dei criminali nazisti è un fatto ampiamente documentato. Nella premessa del libro di Ernst Klee, dal titoloChiesa e il Nazismo, leggiamo:




Dopo il 1945 furono proprio le Chiese tedesche, e non una qualsiasi organizzazione di soccorso, ad aiutare nel modo più efficace i criminali nazisti. Questo aiuto venne fornito di nascosto, e tutto rimase segreto per decenni, come per esempio il primo memorandum della EKD* [Evangelische Kirche Deutschlands – Chiesa Evangelica Tedesca] in favore dei criminali nazisti, sostenuto dalla IG Farben. Anche aguzzini dei campi di concentramento e massacratori di ebrei trovarono assistenza e intercessioni presso vescovi e alti consiglieri ecclesiastici. Il presidente del Consiglio della Chiesa evangelica in Germania si adoperò instancabilmente, e il presidente della conferenza episcopale tedesca definì i criminali di guerra “sodati cui si è addossata la responsabilità di qualche (1) delitto”, agendo di conseguenza.

*La EKD, nata già nell'agosto 1945 e consolidatasi nel luglio 1948, costituisce tuttora la struttura organizzativa fondamentale del protestantesimo tedesco; essa è una federazione, su base regionale, che raccoglie le diverse Chiese evangeliche delle due (ex) parti della Germania [N.d.T.]”



Se è vero, infatti, che la Chiesa cattolica e i gesuitisono stati i principali sostenitori del nazismo e dell'antisemitismo, e hanno fatto in modo che Hitler raggiungesse il potere, risulta altrettanto vero che diverse Chiese evangeliche e protestanti seguirono la Chiesa Cattolica nella strada che condusse all'Olocausto.

Di questo sostegno ne parla anche Eric Jon Phelps. Nel libro Vatican Assassin III. Alla pagina 1180 egli riporta le seguenti foto:


Sopra:Ludwig Mueller, il Protestante “Vescovo del Reich” di Hitler, 1933



Sotto:Hitler saluta l'apostata protestante Mueller, il “Vescovo del Reich”, 1934, con il cattolico romano Abate Alban Schachleitner che osserva; un messaggio ecumenico di unità tra protestanti e cattolici che sostenevano il Terzo Reich.





Alle pagina 1185-86 egli riporta due foto con le seguenti didascalie:





La Nazi-Protestante Chiesa “Cristiana Tedesca (DC)”, 1933

Parente più prossima dell'anti ebraico Ku Klux Klan massonico americano, la fanatica filo nazista “Chiesa tedesca cristiana” si incontrava allo Sportpalast di Berlino il 13 novembre, il giorno dopo che Hitler aveva ricevuto un voto nazionale di fiducia. I suoi leader massonici controllati dall'Ordine tedesco dei Nuovi Templari di Lanz von Liebenfelds chiesero l'abbandono del Vecchio Testamento “con le sue storie di mercanti di bestiame e sfruttatori”, e la revisione del Nuovo Testamento che rendeva Gesù Cristo un sostenitore del nazi-fascismo gesuita. Con il dispiegamento di una malvagia “Sauvastika” al centro di una croce romano-babilonese, questi “cristiani tedeschi” perduti verso l'inferno chiesero “Un Popolo, un Reich, una sola fede”. Così essi cercarono di esigere che tutti i pastori protestanti prestassero giuramento di fedeltà a Hitler e istituissero un paragrafo ariano nelle loro dichiarazioni di fede, di modo da escludere i protestanti ebrei razziali dalla frequentazione delle loro chiese. Entrambe le richieste erano diametralmente in opposizione al Nuovo Testamento, ma il Protestantesimo Tedesco aveva respinto la Bibbia come sua autorità finale per la fede e la pratica da oltre 100 anni. “Il Movimento Tedesco per la Fede Cristiana” fu guidato da Ludwig Muller [egli venne imposto dal governo nazista come vescovo della Chiesa Evangelica della vecchia Unione Prussiana, e vescovo del Reich della Chiesa Evangelica Tedesca, nota di nwo-tr] , un'abietta creatura di Hitler, che sosteneva le dottrine naziste di odio razziale verso i non tedeschi, programmate segretamente da Roma per creare una furia anti-tedesca per generazioni dopo le Crociate. Mueller cercò di unire tutti i protestanti all'interno della Chiesa Nazionale del Reich, di cui egli era già stato nominato “Vescovo del Reich” dal Fuehrer nel mese di luglio. The Rise and Fall of the Third Reich: A History of Nazi Germany, William L. Shirer, (New York: Simon and Schuster, 1960) pp. 234-240



"Cristiani Tedeschi:" La spina dorsale della Chiesa del Reich , Berlino, 1933.

La Germania Luterana Protestante era stata, per oltre duecento anni, un rifugio per gli ebrei. Gli ebrei eccellevano nelle arti e nelle scienze e portarono una benedizione alla Germania e al Secondo Reich Protestante (1871-1919). Il rinato e credente nella Bibbia principe Bismark aveva coraggiosamente espulso i gesuiti (1872) ed emancipato 550.000 ebrei (1873). Ma i gesuiti non abbandonarono mai il loro grande gioco! Essi attaccarono la Germania con il razionalismo massonico e l'incredulità nella Bibbia come predetto dal nostro amato Martin Lutero. Conoscendo la maledizione della Genesi 12:1-3 su quelle nazioni che perseguitano gli ebrei razziali, essi cominciarono a diffondere una furia anti ebraica, cercando di unire protestanti e cattolici contro gli ebrei per mezzo di un basso e stravagante falso attribuito a Lutero, On the Jews and Their Lies (Degli ebrei e delle loro menzogne ). Corrotta con la Massoneria e l'incredulità, la Chiesa Luterana Protestante era ormai pronta per essere assorbita nel gregge della Madre delle meretrici e delle abominazioni della Terra. I "cristiani tedeschi" massonicamente guidati dal Papa, diedero alla luce la "Chiesa Nazionale del Reich" con l'obiettivo di unire il Protestantesimo con il Romanismo che supportava Hitler. Fatta eccezione per le poche “Chiese Confessionali” (anche apostate e colme di Neo-Ortodossia, pertanto, alla fine, distrutte dalla Gestapo), il piano fu un successo. La Chiesa del Reich di Hitler sarebbe servita inoltre ad adempiere il suo mandato papale di distruggere il cristianesimo protestante – ma non il “Cristianesimo” Romano! Uno dei 30 punti della Chiesa del Reich neopagana era “la cessazione della pubblicazione e della diffusione della Bibbia in Germania”, con la rimozione di “tutte le Bibbie” dalla Chiesa. Questo timoroso compromesso da parte dei protestanti tedeschi condusse all'omicidio dei suoi pastori, la distruzione della Germania Protestante di una volta e la fine della Riforma nella terra di Lutero. La stessa cosa è in serbo per l'apostata America.”



Phelps aveva già parlato del libro anti ebreo di Lutero On the Jews and Their Lies alle pagine 1172-73, affermando che questo libro del 1543 fosse un falso creato dai Gesuiti, ma la sola prova che egli fornisce è che questo libro è stato pubblicato postumo, nel 1546. Riguardo a queste ultime affermazioni di Phelps noi di nwo-truthresearch nutriamo però dei dubbi, concordiamo però pienamente con lui quando afferma che questo libro ha “favorito il papato unendo i cattolici e i protestanti lettori della Bibbia contro gli ebrei”. Phelps ha il merito di aver descritto il sostegno dei protestanti al nazismo, di non averlo quindi nascosto; però, per quel che riguarda la questione anti ebraica dei luterani, noi pensiamo che non abbia [voluto?] cogliere tutta la verità. David Kertzer, uno dei maggiori accusatori della Chiesa Cattolica compromessa con il nazismo, nel suo libro I Papi Contro gli Ebrei, da credito all'autenticità dell'anti ebraismo di Lutero:



Se in queste pagine sostengo che la versione vaticana delle responsabilità della Chiesa è smentita dai fatti, e che la Chiesa istituzionale ha giocato un ruolo importante nello sviluppo dell'antisemitismo moderno, non intendo suggerire che solo la Chiesa cattolica romana è da biasimare per l'Olocausto. Una simile conclusione sarebbe ridicola. Dopo tutto, in Germania si contavano più protestanti che cattolici e noi sappiamo che tra loro l'antisemitismo era ugualmente diffuso. Ciò non deve sorprendere, dato che l'antisemitismo, sia cattolico sia protestante, ha le sue radici nel cristianesimo pre-Riforma. L'opinione che Martin Lutero aveva degli ebrei non era più lusinghiera di quella delle autorità vaticane a cui si ribellò. Cristo, scrisse Lutero, considerava gli ebrei “velenosi, amari, vendicativi, serpenti ingannatori, assassini, e bambini di Dio che...fanno del male in segreto perché non osano farlo apertamente”. Nel suo saggio del 1543, Degli ebrei e delle loro menzogne, li definì “disgustosa piaga verminosa” che puntava alla dominazione del mondo. E invitava a bruciare i loro libri, le loro scuole, le loro sinagoghe e le loro case.”

pag. 25-26



Noi di nwo-truthresearch reputiamo questo un vero e proprio limite del pensiero protestante. Se, infatti, pensiamo che Lutero abbia avuto molti meriti nell'opporsi al papato [le 95 tesi], pensiamo altresì che abbia avuto anche il limite di portarsi dietro una visione del mondo in cui gli ebrei erano dannati. Di ciò ne abbiamo parlato con avlesbeluskesexposed.blogspot.it, che ha dimostrato grande apertura nell'affrontare questo aspetto spinoso. Egli, in uno dei suoi post sul blog apparentlyenemies, aveva già affermato che:




...c'è un solido legame tra il luteranesimo e il cattolicesimo romano, un fatto che è stato ovviamente sfruttato da Roma al fine di distruggere ciò che era pericoloso del luteranesimo [le 95 tesi] e di esaltare gli elementi a favore di Roma.

A questi contenuti identici che rendono la teologia di Lutero molto vicina al Cattolicesimo Romano si da il nome di:



“Supersessionismo, teologia del compimento, e teologia della sostituzione sono termini per l'interpretazione biblica che la Nuova Alleanza supera o sostituisce l'Alleanza Mosaica, [1],[2], quest'ultima, quindi, è anche indicata come l'Antica Alleanza. I termini non appaiono nel Dizionario Oxford della Chiesa Cristiana, tuttavia, la visione che ricoprono è considerata parte delle opinioni cristiane più tradizionali dell'Antica Alleanza, la visione della Chiesa Cristiana come l'erede delle promesse fatte ai figli di Israele. [3][4] Questo punto di vista contrasta con il punto di vista minoritario di duplice alleanza teologica da un lato e di abrogazione delle leggi dell'Antica Alleanza, dall'altro.

...Il Supersessionismo punitivo è rappresentato da pensatori cristiani come Ippolito, Origene e Lutero. Esso è il punto di vista secondo la quale gli ebrei che rifiutano Gesù come il Messia Ebreo sono quindi condannati da Dio, e perdono quindi le promesse altrimenti dovute loro sotto le alleanze...”


[…]

Il legame tra Lutero e il Cattolicesimo Romano attraverso il Supersessionismo spiega molte cose. Non si deve mai dimenticare che all'inizio Martin Lutero non voleva sopprimere la Chiesa di Roma, ma solo riformarla. Come oggi ha la pretesa di fare il soldato gesuita Bergoglio.

Lutero in seguito affermò che la Chiesa di Roma era impossibile da riformare, ma questo tradisce solo i veri obiettivi originali di Lutero. Non vi sono problemi nell'affermare che egli avrebbe riformato il classico sessionismo Cattolico Romano rendendolo di fatto anche punitivo, quindi peggiore di quello dei ragazzi della Chiesa di Roma/Origine/Alessandrina. Infatti, da questo punto di vista noi possiamo leggere l'anti giudaismo Luterano come un tentativo di sorpassare Roma nel suo tradizionale settore dell'antigiudaismo, dimostrando che il nuovo corso di Lutero era più vicino all'origine [Origine] nella sua totale negazione dell'Alleanza.

L'unica cosa che Roma avrebbe fatto per poter avere il diritto di essere nominata come 'vera' sede della Nuova Alleanza [nuovo imprimatur di 'Dio? Al progetto imperiale di Roma] era semplicemente quello di tornare verso alcuni importanti insegnamenti del Vangelo, in particolare quelli che coinvolgevano i vero significato della salvezza:



...Lutero portò avanti con successo una campagna contro gli ebrei in Sassonia, Brandeburgo e Slesia. Nell'agosto del 1536 il principe di Lutero, Giovanni Federico Elettore di Sassonia, emise un mandato che proibiva agli ebrei di abitare, condurre attività economiche o transitare sul suo regno. Uno shtadlan Alsaziano, Rabbi Josel di Rosheim, chiese al riformatore Wolfang Capito di avvicinare Lutero al fine di ottenere un'udienza con il principe, ma Lutero rifiutò ogni intercessione.[5] In risposta a Josel, Lutero riferiva dei suoi tentativi infruttuosi di convertire gli ebrei:”...Avrei volentieri fatto del mio meglio per il vostro popolo, ma non contribuirò alla vostra ostinazione [ebraica] attraverso simili azioni. Devi trovare un altro intermediario per il mio buon signore.”[6]

Heiko Oberdan rileva questo evento come significativo dell'atteggiamento di Lutero verso gli ebrei:”Ancora oggi questo rifiuto è spesso considerato come il punto di svolta decisivo nella carriera di Lutero, che va dall'amicizia all'ostilità nei confronti degli ebrei”[7]...”

URL: http://en.wikipedia.org/wiki/Martin_Luther_and_antisemitism


Per questa ragione Lutero era pericoloso: perché egli era più in competizione con Roma, piuttosto che opporsi a lei apertamente....”



Queste coraggiose considerazioni di avles hanno sortito un dialogo in cui gli abbiamo proposto la nostra teoria sulla strana alleanza tra chiesa cattolica-chiesa e evangelica/protestante con il nazismo:



“I Luciferini gesuiti conoscevano naturalmente le debolezze dei protestanti, sulle quali fare leva; la propaganda antisemita faceva parte del patrimonio dei protestanti fin dal suo fondatore Martin Lutero; i gesuiti luciferini hanno usato questa propaganda per trovare una base comune "ecumenica" con i protestanti e assoldarli nella loro crociata nazista; ma ciò era anche uno specchietto per le allodole dei diabolici gesuiti, perché oltre agli ebrei, i gesuiti avevano come loro obiettivo proprio i protestanti stessi, che si sono così fatti infinocchiare. Lo stesso concetto "ecumenico" i gesuiti lo stanno portando avanti per infinocchiare adesso non solo i protestanti, ma tutte le religioni mondiali, per portarle tutte sotto la bandiera del papato.
Però di queste debolezze dei protestanti mi sembra che solo tu hai avuto il coraggio di accennarle, cioè di identificare la loro vera natura; molti altri, a partire da Phelps, non hanno il coraggio di affermare che Lutero fosse contro gli ebrei, e preferiscono dare la colpa ad una falsificazione dei suoi scritti; in tal senso si da un'informazione parziale, non si dice tutta la
verità; e dire la verità significa parlare di questa base comune, che non è certo un orgoglio da sbandierare.”



Al che avles, dopo aver fatto un'originale analisi storica, ci ha risposto con un post dal titolo "Jewish Question" and National-Socialism as Big Jesuit Scheme born in XVII century?, che riportiamo interamente:



...Fortemente influenzato dai gesuiti, egli [Leopoldo I del Sacro Romano Impero] era un sostenitore convinto della Controriforma...”.



Dopo uno scambio di pensieri con l'autore del blog nwo-truthresearch, ho riflettuto sulla questione e ho fatto qualche ricerca, alcune mie idee sembrano essere perfettamente confermate – Leopoldo I [Non] Sacro Imperatore, i gesuiti e la “questione ebraica”:



Da: Leopoldo I del Sacro Romano Impero


...Leopoldo I (nome completo: Leopold Ignaz Joseph Balthasar Felician; ungherese: I. Lipót; 9 giugno 1640 – 5 Maggio 1705) fu Sacro Romano Imperatore, Re d'Ungheria e re di Boemia. Secondo figlio della prima moglie di Ferdinando III del Sacro Romano Impero, Maria Anna di Spagna, Leopoldo divenne erede nel 1654 a causa della morte di suo fratello maggiore Ferdinando IV. Eletto Sacro Romano Imperatore nel 1658, Leopoldo avrebbe governato come tale fino alla sua morte nel 1705.

...

Originariamente designato per la Chiesa, Leopoldo aveva ricevuto un'adeguata formazione ecclesiastica. Ma il destino mise in moto un piano diverso per lui quando il vaiolo si portò via il suo fratello maggiore Ferdinando il 9 luglio 1654, facendo sì che Leopoldo diventasse il suo erede.[2] Tuttavia, l'istruzione ecclesiastica di Leopoldo lo aveva chiaramente segnato. Leopoldo rimase influenzato dai gesuiti e dalla loro istruzione nel corso della sua vita, ed era, come monarca, insolitamente ben informato su teologia, metafisica, giurisprudenza e scienze. Egli mantenne anche il suo interesse per l'astrologia e l'alchimia, che aveva coltivato sotto i suoi tutori gesuiti.[2] Persona profondamente religiosa e devota, Leopoldo personificava la pietas austriaca, ovvero l'atteggiamento lealmente cattolico del suo Casato. D'altra parte, la sua pietà e la sua educazione possono aver causato in lui una tensione fatalista che lo rese incline a rifiutare ogni compromesso sulle questioni confessionali, non sempre una caratteristica positiva in un sovrano.


Nel 1690 la Transilvania mise un veto nei confronti di un emendamento costituzionale, proposto da Leopoldo, su alcune questioni religiose.[11] Nel 1692 Pietro il Grande fu un tantino dispiaciuto di aver incontrato solo gesuiti alla corte di Vienna, quando visitò Leopoldo.[12] Nel 1692 il principe Michele di Transilvania fu chiamato a Vienna, a causa di una disputa sul suo recente matrimonio.


Leopoldo era un uomo di operosità ed educazione e, durante i suoi ultimi anni, egli dimostrò un po di capacità politica. Per quanto riguardava se stesso come sovrano assoluto, egli era estremamente tenace nel conservare i suoi diritti. Fortemente influenzato dai gesuiti, era un sostenitore convinto della Controriforma. Come persona egli era basso, ma forte e sano. Anche se non aveva alcuna inclinazione per la vita militare, amava l'esercizio all'aria aperta, come la caccia e l'equitazione, ma ebbe anche gusto per la musica e compose diversi Oratori e Suite di danze.

…”

“...Il ristabilimento della comunità ebraica nel 1671.

La comunità ebraica di oggi risale al 1671, quando diverse famiglie ebraiche vennero a Berlino. Esse erano state espulse nel 1670 da Leopoldo I a Vienna. Poiché Brandeburgo era depressa dopo la Guerra dei Trent'anni, il Grande Elettore Federico Guglielmo ricercò gli immigrati all'interno del suo paese per farli contribuire alla sua ricostruzione. Oltre agli ugonotti, che vennero nel paese dal 1685, e a cui egli concesse tuttavia condizioni di gran lunga peggiori, il 21 maggio del 1671, egli permise a 50 famiglie ebree benestanti di stabilirsi a Brandeburgo. Con il privilegio di Federico Guglielmo di permettere agli ebrei di stabilirsi nell'intero midollo sociale e assegnandoli al settore del commercio, le loro corporazioni rimasero serrate. Oltre alle solite tasse, ogni famiglia ebrea doveva pagare una tassa nominale annua. Solo ad un bambino per famiglia era concesso di stabilirsi nel midollo sociale; al fine di ottenere una licenza di matrimonio, egli doveva pagare un costo aggiuntivo. Alle nascenti comunità ebraiche era permesso di avere un insegnante, un macellaio kosher e di creare un cimitero, ma la costruzione delle sinagoghe fu temporaneamente vietata...”




Bene, così abbiamo il Grande Elettore Federico Guglielmo che accoglie gli ebrei espulsi a Vienna da Leopoldo I controllato dai gesuiti. Ma non è una festa per gli ebrei provenienti da Vienna. Sì, essi possono almeno respirare a Berlino e nella Prussia Protestante, ma essi sono soggetti a pesanti confini e limitazioni.

Perché?

Ma è proprio nella risposta a quel “perché?” che noi possiamo scoprire la perfidia dei gesuiti. Il Grande Elettore Federico Guglielmo fu costretto a limitare la libertà degli immigrati ebrei solo per non toccare il delicato equilibrio tra luterani e calvinisti. Appena sette anni prima egli aveva emesso l'Editto di Tolleranza [altrimenti chiamato Editto di Brandeburgo] e la risposta dei gesuiti non tardò ad arrivare. Devo ricordarvi l'Editto di Tolleranza? [Da non confondere con l'editto di Potsdam, che era la risposta alle persecuzioni dei gesuiti verso gli ugonotti in Francia, emesso nel 1685].



“...L'Editto di Brandeburgo venne emesso nel 1664 dall'Elettore Federico Guglielmo I e disciplinava i rapporti tra i Luterani e le confessioni Riformate nel paese dei Signori.

L'editto proibì a luterani e riformati (calvinisti), in particolare ai teologi, di praticare la loro critica pubblica verso l'insegnamento di ogni altra fede dal pulpito.

Le confessioni della Chiesa Evangelica Luterana vennero limitate nella loro validità concernente le demarcazioni con la dottrina calvinista. In modo così efficace che la validità della Formula di Concordia venne revocata.

L'editto dell'elettore Riformato era visto da una parte dei teologi luterani come svantaggioso per il proprio partito, il che li portò a intraprendere una dura opposizione...

...(...)...

Decisivo qui è il programma dell'Heidelberg Riformata di David Pareus, con l'obiettivo di creare un ponte tra gli antagonismi religiosi riformati e luterani, per creare un fronte comune contro la Chiesa Cattolica.

...”[nel link più sotto la fonte della mia relazione su ciò]

Bene, con fatica il Grande Elettore avrebbe potuto creare un fronte anticattolico comune tra luterani e calvinisti. Ma per Roma questo fronte doveva essere distrutto. Come farlo? Semplice, i gesuiti utilizzarono gli ebrei e con questo stabilirono definitivamente la “questione ebraica” e le basi per l'ideologia ecumenica in arrivo nei secoli futuri, chiamata “Nazional Socialismo”.

I Gesuiti utilizzarono il loro Leopoldo I, probabilmente anche controllato mentalmente dalla Società di “Gesù”. Essi misero in moto il loro grande schema che avrebbe, in seguito, a distanza di secoli, distrutto la Prussia Protestante (formalmente nel 1918, definitivamente nel 1945). Essi scelsero di fare pressione sul tallone d'Achille antiebraico dei luterani. L'immigrazione ebraica avrebbe infiammato l'antisemitismo religioso luterano e lo avrebbe intriso di nuova vita (satanica). Il Calvinismo non condivideva il Super-sessionismo luterano, la dottrina teologica per la quale gli ebrei persero l'Alleanza dopo la morte di Gesù sulla croce. L'atteggiamento più aperto dei calvinisti verso l'immigrazione ebraica avrebbe resuscitato nuovamente l'ostilità luterana verso i fratelli protestanti, soprattutto dopo aver visto che quegli ebrei provenienti dall'Austria erano ben educati e in gran parte istruiti, quindi in grado di aumentare il valore delle proprietà di quelli che collaboravano con loro. Naturalmente, la scelta religiosa e naturale di “coloro con i quali collaborare” del rifugiato ebreo proveniente dalla gesuitica Vienna, era interamente diretta al fronte calvinista, a causa della coscienza circa lo storico antigiudaismo luterano.

Pertanto, furono create, attraverso l'immigrazione, le premesse per una nuova guerra distruttiva all'interno del fronte protestante del più potente nemico continentale di Roma, la Prussia protestante. Leopoldo I non espulse gli ebrei “solo per un hobby teologico”, ma perché obbedì all'influenza dei suoi mandanti, i gesuiti, che usarono cinicamente il popolo di Dio per i loro scopi criminali di persecuzione sia degli ebrei che dei cristiani che rifiutano di sottomettersi all'Anticristo di Roma, il papa! 


link:

 

Giovedì 6 settembre 2012


The author of 1662 and 1664 EDICT OF TOLERANCE among the ancestors of Ulrich von Hassell


http://avles-theamberpath.blogspot.it/2012/09/the-author-of-1662-and-1664-edict-of.html

 


Mercoledì 25 uglio 2012



140 years after: Continuing Jesuitical Großdeutsche Lösung?




http://avles-theamberpath.blogspot.it/2012/07/140-years-after-continuing-jesuitical.html



Napolitano e d'Alema: i "comunisti" aristocratici del Vaticano

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Vi abbiamo già parlato di alcuni uomini della sinistra italiana controllata dal Vaticano, precisamente in questi post:
-La Sinistra dei Gesuiti e del Vaticano: Vendola, Bertinotti, Fassino e Rutelli
-Gli appoggi di Monti, il Leccaculo di Comunione e Liberazione Pier Luigi Bersani e il Modello di Stato Sociale della Caritas

Vi abbiamo anche parlato, in questo post, dei fantocci "rivoluzionari" Grillo, Travaglio e Saviano, tutti ospiti allegri dei Gesuiti; di Grillo abbiamo anche analizzato [quie qui]il suo modo particolare di leccare il culo al Vaticano.
Oggi vi parleremo invece del Nobil Uomo "comunista" Massimo d'Alema e del Cavaliere Giorgio Napolitano, entrambi titolari di onorificenze dell'Ordine Piano della Santa Sede, a dimostrazione della servitù continua degli uomini della exsinistra, e delle nostre istituzioni, nei confronti dell'azienda più ricca del mondo, la Vaticano & Gesuiti S.p.a.
Una piccola introduzione sull'Ordine Piano:



L'Ordine Piano(indicato anche con il nome di Ordine di Pio IX) è attualmente il primo Ordine cavalleresco regolarmente conferito della Santa Sede apostolica: segue per dignità gli ordini Supremo del Cristo e della Milizia Aurata che vengono considerati quiescenti dall'Annuario Pontificio[1].”

[…]

Dopo l'Ordine Supremo del Cristo e dello Speron d'Oro, oggi l'Ordine Piano è il più prestigioso ordine equestre pontificio regolarmente conferito anche ai laici.

Vanta la precedenza nelle cerimonie sull'Ordine di San Gregorio Magno e sull'Ordine di San Silvestro Papa, nonché sull'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme e sull'Ordine di Malta; negli alti ruoli è di conferimento protocollare, viene riconosciuto ai Capi di Stato in visita presso la Santa Sede, ai capi di Governo, ai Ministri ed al Corpo Diplomatico dopo un periodo di permanenza a Roma.

Il titolo di Cavaliereè concesso con parsimonia, i conferimenti vanno a fedeli cattolici di distinta condizione, quasi sempre appartenenti ad antiche Casate nobiliari europee, in seguito a servigi di alto profilo resi alla Santa SedeApostolica o direttamente alla persona del Pontefice.

Viene concesso dopo segnalazione del vescovodiocesano o, assai più frequentemente, per motu proprio del Pontefice. Ovviamente non è possibile candidarsi, essendo la segnalazione e la pratica un atto interno vaticano. L'autosegnalazione è anzi causa di esclusione per ogni onorificenza pontificia.

Tutti i conferimenti, trattandosi di onorificenza statuale di prima classe secondo i manuali diplomatici internazionali, sono redatti sotto la forma solenne del breve pontificio, su pergamena, con il sigillo della Sede Apostolica, le chiavi decussate ed il triregno, e la firma del cardinaleSegretario di Stato.

Privilegi

Come per gli altri Ordini Equestri Pontifici, l'uso dell'uniforme offre al Cavaliere il privilegio di scortare il vescovoall'ingresso ed all'uscita della Cattedrale, a sedersi alla destra dell'altare, ponendo la sciabola a terra e mantenendo la feluca in capo parimenti alla mitria del vescovo. Anche durante le celebrazioni il cavaliere dell'Ordine Piano, dopo l'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, ha la precedenza sugli altri insigniti di cavalierati pontifici di San Gregorio e di San Silvestro, nonché sui cavalieri dell'Ordine di Malta. Dà inoltre diritto al titolo di N.H. (nobiluomo), alla precedenza e passo su tutti gli altri laici nei Palazzi apostolici e negli edifici religiosi ed agli onori militari da parte della Guardia Svizzera e della Gendarmeria Vaticana.

L'insignito può sospendere l'insegna dell'Ordine alle proprie armi di famiglia. Qualora non fosse di nascita nobileo non possedesse un blasone, l'assegnazione del cavalierato dell'Ordine Piano conferisce all'insignito di crearsi uno stemma araldico.

In forza dei trattati bilaterali del 1929rinnovati nel 1984, è onorificenza riconosciuta anche dalla Repubblica Italiana con tutti i suoi privilegi e trattamenti protocollari e diplomatici."


Da un articolo de il Giornale, datato 21 novembre 2006, leggiamo:



Al presidente [Napolitano] , in mattinata, era stata recapitata l'onorificenza dell'«Ordine Piano», concessa ai capi di Stato, che Napolitano indossava durante la visita. Dopo aver incontrato il Papa, il presidente ha salutato il corpo diplomatico accreditato in Vaticano, che gli è stato presentato dal cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone, il quale nel suo discorso ha ricordato come anche i non cristiani guardino al Papa come «al portavoce delle supreme istanze morali».“

In un articolo di Repubblica del 21 novembre 2006, dal titolo E il Presidente in frac e collare veste l' abito eterno del Potere, leggiamo: 


Ex comunisti in frac. Come passa il tempo: anche questa si doveva vedere. Lo prevede il cerimoniale della Santa Sede, non c'è dubbio; né era pensabile che Giorgio Napolitano e Massimo D' Alema potessero varcare il Portone di bronzo con un abituccio qualsiasi.Del resto così è sempre stato, fin dai tempi in cui inginocchiandosi davanti a Pio XII, Giovanni Gronchi lasciò che le code di rondine della sua giacca di droppè sei bottoni con revers in seta accarezzassero il tappeto pontificio. […] Per la verità, sulla camicia di battista in lino bianco con sparato inamidato e collo duro, ieri mattina il presidente Napolitano sfoggiava anche la catenona di Cavaliere di Collare dell'Ordine Piano, oltre a una preziosa placca pettorale.Spiegano i cerimonialisti che il frac è tra i pochissimi abiti di gala su cui è consentito, anzi è auspicabile appuntare onorificenze di grande formato. Fatto sta che in «white tie» l' attuale Capo dello Stato, di cui è noto il portamento britannico, se l' è cavata egregiamente. Idem il ministro degli Esteri: senza collare tipo sommelier, ma con vistosa fascia policroma. E di nuovo: come si consumano rapidamente le stagioni del potere; e quali bizzarre coincidenze può innescare un abito.[...]Ecco, ieri la visione impossibile e perfino straniante è divenuta realtà, per giunta rinforzata dalla marsina che simultaneamente indossava l' ex comunista Napolitano. Inutile, a questo punto, far finta di niente. Nell' immaginario del movimento operaio, quell' abito è stato a lungo considerato il costume di scena e l' uniforme di battaglia dei padroni, così come li raffiguravano George Grosz e Giuseppe Scalarini. Padroni di solito feroci e avidi, grassi e ingordi, in ogni caso spaventosi nella loro grottesca eleganza....”


Il Cavaliere Vaticano Giorgo Napolitano è un noto fan di Comunione e Liberazione; ad agosto del 2011 aveva aperto la trentaduesima edizione Meeting per l’Amicizia fra i Popoli:
Il capo dello Stato Giorgio Napolitano ha aperto oggi la trentaduesima edizione del Meeting per l’Amicizia fra i Popoli, organizzato da Comunione e liberazione. Il presidente della repubblica ha visitato la mostra “150 di sussidiarietà” e ha poi partecipato all’incontro organizzato in collaborazione con l’Intergruppo Parlamentare per la Sussidiarietà, guidato dal ciellino Maurizio Lupi.
Tre giorni fa
Il Fatto Quotidianoaveva preso spunto dall’evento per pubblicare l’articolo Come Comunione e liberazione è entrata (e comanda) nelle Coop rosse, scritto da Enrico Bandini.

Raffaele Carcano"

fonte: UAAR
Qui sotto le foto di Napolitano al Meeting:



fonte:http://www.flickr.com/photos/meetingdirimini/sets/72157627485474186/


Altre dichiarazioni di Napolitano:

Tra le forze che operano per la coesione e per il rinnovamento etico c’è la Chiesa cattolica”, ha affermato, “con tutte le sue associazioni e le sue ramificazioni”. “Voglio rendere omaggio innanzitutto a papa Benedetto XVI”, ha aggiunto, “per il suo contributo che viene per la causa dell’Unità d’Italia”.

Fonte: UAAR


Passiamo a d'Alema; la parabola del nostro aristocratico “comunista” inizia dalla militanza atea giovanile, passando, in seguito, a Genova, negli anni del Liceo, a svolgere attività di volontariato in parrocchia e a partecipare alla redazione del giornalino parrocchiale, oltre che alle lezioni di religione (pur essendo esonerato), discutendo sempre con l'insegnante, un sacerdote.[fonte: wikipedia]; questa parabola di conclude nel 2006, quando il nostro borghese radical chic diventa “Vice-conte” Vaticano. Qui sotto riportiamo due articoli. Il primo è quello a firma di Pino Corrias del 7 settembre 2011, dal titolo Il vice-conte Max alla corte di papa Ratzinger, apparso su il Fatto Quotidiano:


Ammirando la squisita eleganza di Massimo D’Alema, ci chiedevamo da anni da dove gli venisse tutta quella spocchia. La risposta l’abbiamo trovata in Vaticano dove dal 2006 custodiscono con perfidia il segreto di averlo nominato nobile. Non conte, come chiedeva lui, ma vice. Il vice-conte Max. Per l’esattezza: Nobiluomo. In sigla latina NH, tutto maiuscolo. Per le plebi: Eccellenza.

A forza di scalare riservatamente i privilegi del potere, quel lieto evento ce lo aveva tenuto nascosto. É invece il più commovente, il più istruttivo, venendo lui dalla piccola borghesia comunista, e perciò persuaso che l’accuratezza di un paio di scarpe, o l’investimento societario in una barca a vela, fossero indispensabili per frequentarlo. Figuriamoci un titolo nobiliare. Intriso dall’ambitissimo borotalco papale. Al punto – raccontano i maligni – da molestare il cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, per ottenere quella preziosa nomina: telefonate, perorazioni, inchini. Fino a ottenerla. E poi a esibirla il 20 novembre dell’Anno Domini 2006.

La storia si compie durante il secondo governo Prodi. D’Alema è ministro degli Esteri. Sta preparando, per il neo eletto presidente Napolitano, la sua prima visita di Stato in Vaticano. É l’occasione che aspettava per farsi nominare conte, si è incapricciato.




Un titolo per distinguersi


I monsignori gli spiegano che conte è troppo, lo vieta il regolamento che dispensa nobiltà con scala millimetrica e conte può diventarlo solo il titolare del Quirinale, cioè Napolitano. E allora cosa? Gli offrono la qualifica di Nobiluomo, di regola riservata agli ambasciatori. Vada per Nobiluomo. Che poi sarebbe un mezzo conte che è sempre meglio di un doppio nulla.

Quando finalmente arriva il corteo d’auto dello Stato italiano in visita a quello Pontificio, il suo sogno radioso si è compiuto. Il presidente Giorgio Napoletano incede per primo tra le alabarde schierate e tutti i pennacchi pettinati. Lui segue con passo cadenzato, i baffi, l’involucro di un frac da cerimonia con i reverse a punta di lancia, il petto in fuori. E sul petto tre placche, due vecchie, una nuova. La prima dell’Ordine Cileno, ottenuta l’anno prima a Santiago. La seconda della Legion d’Onore concessagli dal governo Francese. E finalmente la terza, lo stellone di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine Piano che emana i santi bagliori della nobiltà pontificia.

L’anno prima il ministro degli Esteri, Gianfranco Fini, che accompagnava l’allora presidente, Carlo Azeglio Ciampi, nella prima visita di Stato a Benedetto XVI non ha ricevuto un bel niente, a parte la benedizione. D’Alema invece ce l’ha fatta. Oro zecchino emana il suo viso nelle molte foto di quel giorno.

È il definitivo addio dal suo passato di giovane pioniere temprato dalle nevicate moscovite, dai tetri Comitati centrali, dal fil di ferro dell’ideologia che gli ha tenuto dritta l’andatura e salda la cornice dello specchio che lo precede. Si è lasciato alle spalle le plebi della politica, i Fassino, i Bersani, il detestato Veltroni che si nutrono di chiacchiere ornamentali e onori in spiccioli.

Lui vola assai più alto. Si è scrollato di dosso le trattorie dei compagni, i pedalò della Romagna, il vino cattivo delle feste popolari, il fiato amaro delle lotte intestine, dai tempi in cui il grande Luigi Pintor veniva radiato e irriso, fino al siluramento di Romano Prodi, rovesciato nel 1998 e rimpiazzato a Palazzo Chigi per finalmente respirare l’ossigeno del potere in compagnia di quei due capolavori di Velardi & Rondolino, scelti con cognizione di causa. Si trattò di un immenso sforzo. Per cosa? Niente di cui andar fieri: il bombardamento alla Serbia, più qualche affaruccio telefonico.

L’avventura naufragò. E in quel naufragio lo stratega raddoppiò la sua impazienza. Che finì per sfigurarlo persino nella sua celebrata intelligenza, nel suo fiuto diventato infallibile a sbagliarle tutte, ma sempre credendo fermamente nel contrario. Convinto della propria intrinseca superiorità. E tuttavia incompreso.


La ricompensa del cardinale

È stato certamente il Cavaliere di Arcore a irretirlo nel vortice, anche psicologico, che gli ha dissolto la vecchia identità del militante intelligente, smagrito dal rigore, per trasformarlo – tempo una dozzina d’anni di rancori, recriminazioni e regate – in questo nobiluomo vaticano, il malinconico vice conte Max.

È da allora che D’Alema cominciò a concedersi in sogno quello che la realtà ostinatamente gli negava. A pretendere un risarcimento al suo narcisismo ferito. A ostentare consumi per non sentirsi consumato. A nutrire quella spocchia tanto necessaria agli insicuri. Perché sempre gli mancava qualcosa. Una corona, un trono, o almeno un pennacchio da esibire. Fino a quella aristocratica intuizione. Si trattava di scegliere il miglior giacimento di placche. Per questo ha chiesto aiuto al cardinale che alla terza risata – come un diavolaccio che gli compra l’anima – l’ha fatto Nobiluomo."


Il secondo articolo, dal titoloD’Alema è un "nobiluomo" del Vaticano Il vice conte Max emblema della sinistra snob, a firma di Stenio Solinas, è apparso il giorno 8 settembre 2011 su il Giornale:
 
Il «conte rosso» per antonomasia è sempre stato Luchino Visconti. L’idea che ora possa esserlo Massimo D’Alema è di sicura impronta marxiana: la storia, ammoniva il gran barbuto di Treviri, quando si ripete è sempre una farsa.

Il Fatto pubblica delle foto del conte Max, allora ministro degli Esteri, infracchettato e superdecorato in un’udienza papale del 2006: più che il diavolo e l’acqua santa è una specie di Miseria e nobiltà: al posto del principe di Casador c’è un N.H. con i baffi, l’Ordine Cileno, la Legion d’Onore di Francia e, fresco di nomina pontificia, lo stellone di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine Piano sul petto. Voleva il titolo più alto, lui. Quello di conte. Ma non sapeva che il Vaticano lo riserva ai capi di Stato.

Così si è dovuto «rassegnare» a essere solo un vice. Ma, a conti fatti, vice conte val bene una messa. Si ignora se avesse ai piedi le famose e costose scarpe di cuoio fatte a mano scoperte qualche anno prima presso un calzolaio calabrese, e se sul «Tevere più largo» dell’intesa fra Stato e Chiesa ci fosse arrivato in barca a vela. Si può escludere, visto il rigido protocollo e l’assenza dello chef Vissani, che ci sia stato il tempo per una risottata catto-comunista nella foresteria vaticana. 


Abbiamo convissuto per anni con l’idea che i «compagni» fossero persone serie, pericolose proprio perché convinte delle loro idee. Eravamo giovani e quindi eravamo ingenui: non avevamo capito che sotto il vestito rosso non c’era niente, bastava invitarli a pranzo o portarli dal sarto e la rivoluzione sarebbe finita lì.

Da anni ormai la sinistra è un susseguirsi di yacht, merchant bank dove non si parla inglese, vigneti e abiti griffati. Ci siamo abituati ai vellutini di Fausto Bertinotti e ai foulard di Achille Occhetto, agli sloop di 60 piedi di SuperMax, alle piccole Atene di Capalbio (o era Cetona? Ah, saperlo), alle tenute agricole nelle Langhe care a Cesare Pavese, o nell’ubertosa Umbria da sempre cuore caldo della sinistra di lotta (ma dai) e di governo (ma sì). Ci siamo anche abituati all’idea di leader del comunismo che fu, pronti a giurare che loro, comunisti, non lo erano mai stati (Veltroni docet). Perché sorprenderci ora se li vediamo inseguire un titolo nobiliare? È vero: già Giovanni Giolitti sosteneva che un sigaro e una croce di cavaliere non si negavano a nessuno, ma quella era l’Italietta liberal-conservatrice, mica il «Paese normale» della retorica progressista...

Diceva Chateaubriand che l’aristocrazia passava per tre età successive: «L’età delle qualità superiori, l’età dei privilegi, l’età delle vanità. Uscita dalla prima, degenera nella seconda e si spegne nell’ultima». La sinistra è divenuta aristocrazia senza averne i meriti e accontentandosi dei difetti: perpetua i privilegi, è superbamente vanitosa. Da tempo non rappresenta più nulla, ma ha imparato a farlo con sussiego e prosopopea: la «diversità», la «questione morale», la «parte sana» eccetera, eccetera.

È una sinistra con la puzza sotto il naso, il mutuo cospicuo in banca e il contratto da rinnovare in Rai, o presso qualche ente, o presso qualche grande editore, sempre indignata e sempre sofferente, per anni convinta di doversene andare, sdegnata, in esilio: il clima si era fatto invivibile, la democrazia non c’era più. Naturalmente è ancora qui.

Si dirà: non c’è niente di male a volere un po’ di ricchezza, a sognare un’ascesa sociale, a inseguire un quarto di nobiltà... Ci mancherebbe: dalla società senza classi alla business class può anche essere un programma politico. Basta saperlo. Male che vada, voli Freccia alata, giri il mondo e bombardi la Serbia. È per questo che fin dall’infanzia ci si iscriveva alla Direzione del Pci."


P.s.: sempre da Wikipedia estraiamo gli:

Insigniti dell'Ordine Piano

L'Ordine Piano è stato in passato conferito ad esponenti del fascismo (Benito Mussolini, Galeazzo Ciano), a personalità non cattoliche come l'Imperatore d'Etiopia Hailé Selassié I e a primi ministri del Regno delle Due Sicilie (Giustino Fortunato, Serracapriola). In anni recenti è stato conferito ai Presidenti della Repubblica Italiana (Francesco Cossiga, Oscar Luigi Scalfaro, Carlo Azeglio Ciampi, Giorgio Napolitano) e ad ufficiali delle Guardie Svizzere
  1. Carlo Azeglio Ciampi
  2. Robert Schuman
  3. Silvio Berlusconi
  4. Galeazzo Ciano
  5. Francesco Cossiga
  6. Juan Carlos I di Spagna
  7. Josef Radetzky
  8. Hailé Selassié I
  9. Ottavio Thaon di Revel
  10. Oscar Luigi Scalfaro
  11. Amha Selassie I
  12. Miles Stapleton-Fitzalan-Howard, XVII duca di Norfolk
  13. Nicola Maresca Donnorso di Serracapriola
  14. Bernardo Quaranta
  15. Giustino Fortunato
  16. Giorgio Napolitano
  17. Alois Estermann
  18. Benito Mussolini
  19. Franz von Papen
  20. Robert Nünlist
  21. Jules Repond
  22. Franco Frattini
  23. Louis-Martin de Courten
  24. Gianfranco Fini[2]
  25. Gianni Letta
  26. Massimo D'Alema
  27. Roberto Maroni[3]


Enrico Letta: Cattolico devoto e membro dei Circoli Mondialisti

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Il curriculum del novello Premier Enrico Letta sembra quasi una fotocopia di quello di Monti. Letta non ha studiato dai gesuiti, ma è un cattolico devoto. Egli è membro del comitato esecutivo dell'Istituto Aspen;



E' membro del Gruppo Europeo della Commissione Trilaterale;


Ha partecipato al meeting statunitense del gruppo Bilderberg che si è svolto dal 31 maggio al 3 giugno 2012 a Chantilly, in Virginia



Suo zio è Gianni Letta (eminenza grigia di Silvio Berlusconi), Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine Piano della Santa Sede, gentiluomo di sua santità (carica conferitagli da Papa Benedetto XVI) e membro del comitato esecutivo dell'Istituto Aspen.


Enrico Letta è un cattolico fedele al Papa; da un articolo del Messaggero, datato 8 settembre 2008, leggiamo:




Onorevole Enrico Letta, è anche una critica quella del Papa che chiede alla nuova generazione di politici cattolici di essere più rigorosi e più bravi?
«Io la prendo come una salutare sferzata per tutti noi, sia per quelli impegnati nel Pd sia per quelli del Pdl sia per quelli dell'Udc. È un richiamo benvenuto, e io l'ho letto con grande contentezza, perché non stiamo facendo abbastanza e perché abbiamo una inadeguatezza di fondo».

Dovreste essere migliori?

«Da tanto tempo non veniva da parte della Chiesa un’esortazione così netta. Che va letta nel suo complesso».

Cioè?
«Non c’è soltanto il richiamo ai cattolici perché s’impegnino in politica e alla politica perché sia talmente laica da accogliere positivamente un nuovo impegno dei cattolici. C’è anche l’insistenza su altri tre concetti, il rigore morale, la competenza e lo sviluppo sostenibile, che descrivono un orizzonte di grande interesse e di grande respiro».

Rigore morale in che senso?

«Rigore morale vuol dire linearità dei comportamenti personali e sguardo agli interessi generali delle persone e del Paese».

La competenza?

«Qui, nelle parole del Papa, c’è un ragionamento profondo. Oggi più che mai, la politica è complicata perché la società e la cosa pubblica sono complicate. E quindi, ormai, non basta nelle questioni politiche andare a naso e muoversi sulla base del vecchio fiuto dei vecchi volponi dei partiti d’un tempo».

Il Papa, insomma, vi chiede di essere dei politici secchioni?

«Dice, giustamente, che serve da parte nostra un nuovo impegno di studio e un maggiore sforzo di approfondimento. Perché oggi, in politica, chi è più competente ne sa di più degli altri e tira fuori soluzioni più avanzate».

Il terzo punto è quello dello sviluppo sostenibile: non crede che la maggiore novità sia qui?
«Anche questo è un concetto bello. Oggi siamo in un tempo nel quale l’operare politico per lo sviluppo difende anzitutto il creato, quindi l’ambiente, e mi sembra che in questo campo l’impegno della Chiesa sia forte. Ma c’è di più».

[...]

Di sicuro, però, ci sarà qualcuno che giudicherà queste parole un’indebita ingerenza clericale.
«Ma figuriamoci. Ce ne fossero d’ingerenze come questa!».



Che la sinistra sia ormai una spada del Vaticano non è la prima volta che lo diciamo [vedi: 1234]; il cattolico Letta è passato al PD perché:



"Per quanto mi riguarda, ho sempre ritenuto che l’ispirazione cristiana in politica non potesse vivere, né certo prosperare, entro il perimetro ristretto di partiti mignon."

[...]

"Pensare di perseguire un obiettivo così ambizioso appellandosi solo alle proprie radici, quali che siano, significa condannarsi al fallimento, oltreché deviare definitivamente dall’intuizione stessa dell’Ulivo e del Pd. Ad entrambi questi progetti la storia del cattolicesimo democratico ha dato un contributo nobilissimo.

Oggi, insieme con tutti i democratici, possiamo continuare a farlo..."

Letta ha partecipato al convegno cattolico di Todinel 2011; egli ha dichiarato:


“Oggi è una bella giornata per l’Italia e per quelli che credono che il Paese possa uscire dalla crisi con un nuovo spirito di coesione. Todi – dichiara Enrico Letta – appare come un momento di svolta che lascerà il segno. Il messaggio che viene rivolto da lì alla politica è chiaro, impegnativo ed esigente. Per tutti. Da parte nostra vogliamo farci interlocutori di questo nuovo protagonismo sociale di cui l’Italia ha profondo bisogno per uscire dalla crisi”.



Letta ha partecipato ad un dibattito insieme ai gesuiti, il cui tema era il contributo cattolico al rinnovo delle istituzioni; dal sito dell'Unione Cattolica Stampa Italiana leggiamo un articolo dal titolo ISTITUZIONI: CONFRONTO GIOVANI CATTOLICI CON RUTELLI,ALFANO E ENRICO LETTA A LA CIVILTA’ CATTOLICA. P.OCCHETTA:” UN INCONTRO PENSATO COME UNA SORTA DI AGORA’”. 
 



È stata soprattutto la legge elettorale al centro del dibattito fra giovani dell'associazionismo cattolico e il leader dell'Api Francesco Rutelli, il segretario del Pdl Angelino Alfano e il vicesegretario del Pd Enrico Letta. Nella cornice della Civiltà cattolica i tre leader hanno risposto alle puntuali domande sulla riforma della Costituzione, sul finanziamento ai partiti, sulla natura giuridica dei partiti stessi e, appunto, sulla legge elettorale.


«L'incontro», ha spiegato il
gesuita padre Francesco Ochetta introducendo i lavori, «è stato pensato come una sorta di agorà. Al termine di un percorso lungo ci siamo resi conto che sono i corpi intermedi, le associazioni, la Chiesa, i sindacati, le famiglie, che aiutano le istituzioni a rinnovarsi. È anche per questo che stanno nascendo tante nuove forme di politica dal basso».


Azione cattolica, Fuci, Agesci, gli studenti delle scuole cattoliche riuniti nella sigla Msc-Fidae, partendo dal Forum nazionale giovani di tre anni fa hanno deciso di studiare le principali riforme istituzionali e costituzionali in corso nel Paese e di consegnare ai tre leader un lungo documento che sintetizza le loro posizioni nell'ottica di fornire un contributo a una «democrazia sostanziale che faccia riforme per il popolo e non soltanto del popolo».”

[...]

Enrico Letta ha aggiunto che «è impossibile cambiare la Costituzione su un punto così delicato come i poteri del presidente della Repubblica e il metodo di elezione. L'unica riforma che si può fare è il cambio del numero di parlamentari e anche la legge elettorale. Il Parlamento, infatti, è ormai delegittimato e quindi trovo impossibile che questo Parlamento possa fare una riforma costituzionale fatta bene. Un nuovo Parlamento, invece, eletto con un nuovo sistema elettorale, può avere funzioni costituenti».
I tre leader si sono trovati d'accordo sulla necessità di trovare comunque un accordo che diminuisca il numero dei parlamentari e dia la possibilità ai cittadini di scegliere le preferenze. «Mandiamo in pensione il porcellum», hanno detto all'unisono Rutelli e Letta. «Qualunque altra legge elettorale è sicuramente migliore di questa». Al dunque, però, le proposte sono tutt'altro che vicine. Si va dal sistema francese a quello tedesco, al ritorno al Mattarellum.”



Nel 2012 lo troviamo in un convegno organizzato dalle cattoliche Acli; da Paese Sera leggiamo una notizia Todi bis, i cattolici romanisi preparano alle elezioni 2013, del 16 luglio 2012:




“L’arte della politica”, organizzata dalle Acli di Roma e che prende il via domani (fino al 22 luglio) al monastero di Santa Scolastica di Civitella San Paolo. Cinque giorni di incontri e dibattiti.

I cattolici e quella voglia di tornare protagonisti. Potrebbe essere letta così la cinque giorni di incontri e dibattiti, “L’arte della politica”, organizzata dalle Acli di Roma e che prende il via domani (fino al 22 luglio) al monastero di Santa Scolastica di Civitella San Paolo. Anche se dall’associazione cristiana giurano che il loro obiettivo non è quello di realizzare un manifesto elettorale.

“Ma offrire un contributo” in vista della prossima elezioni del 2013 (nazionali e capitoline). Partendo dalla formazione, perché, come spiega il presidente romano Cristian Carrara, “c’è bisogno di approfondire il senso stesso della politica e del farlo da cristiani”. Una scuola in cui a vestire i panni dei professori ci saranno, tra gli altri, il senatore Giuseppe Pisanu, il poeta Davide Rondoni, i deputati Enrico Letta e Luigi Bobba.

La scelta del monastero non è casuale, ma simbolica, per ribadire che “non possiamo rinunciare alle nostre radici culturali e spirituali”, sottolinea Carrara."



Letta è un amico di Comunione e Liberazione; dall'articolo
Coop rosse e Compagnia delle Opere, quanto è bello realizzare affari insieme,  pubblicato su Il Fatto Quitidiano, estraiamo:


Bersani al Meeting di Rimini del 2006 aggiunge una clamorosa rivelazione: “Quando nel 1989 Achille Occhetto volle cambiare il nome del Partito comunista italiano, per un po’ pensò di chiamare il nuovo partito Comunità e libertà. Perché tra noi e voi le radici sono le stesse”. Ovazione. Tre anni prima, nel 2003, era nato l’Intergruppo parlamentare sulla sussidiarietà, che ha tra i suoi più assidui ed entusiasti frequentatori da una parte Maurizio Lupi (ciellino di Forza Italia-Pdl), dall’altra Enrico Letta (Ds, poi Pd). L’Intergruppo si propone come “tavolo di discussione bipartisan ideato per creare un dibattito trasversale sul tema della sussidiarietà”, proclama Lupi. [...]
Gli amici di Cl sono tanti, nel Pd. Bersani e Letta, ma anche Matteo Renzi

Un altro articolo del 18 agosto 2011, tratto da il Fatto Quotidiano, afferma:

"Anche Cl alla sua maniera festeggia l’unità d’Italia. Il 21 agosto, giorno di apertura del meeting riminese, è previsto per le ore 17 un incontro dal titolo “150 anni di sussidiarietà”. Alla presenza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano,prenderanno la parola Enrico Letta, vicesegretario del Pd, Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera dei deputati, Giorgio Vittadini, presidente della fondazione per la sussidiarietà che si occupa dell’attività scientifica e di ricerca a supporto dell’intergruppo parlamentare per la sussidiarietà, nato nel 2003 per volontà dello stesso Lupi, di cui fa parte anche il ministro della giustizia Angelino Alfano.
Ai meeting di Rimini e della ciellina Rete Italia l’unico ospite fisso rappresentante l’opposizione è Enrico Letta, membro assieme a Pier Luigi Bersani e a Ermete Realacci dell’intergruppo per la sussidiarietà."
 




 

Qui sotto un altro seminario di Letta con gesuiti e monsignori che si interessano di politica: notizia dell'8 ottobre 1999, tratta del sito officiale della Conferenza Episcopale Italiana:



27 - 29 agosto

Aritzo (NU). Il Centro Studi Sociali "Paolo VI" di Cagliari ha organizzato il VI Seminario estivo di formazione politica sul tema: "Ripensare la politica". Dopo il saluto di Davide Carta, presidente del Centro, sono intervenuti: Domenico Rosati, editorialista di Avvenire, su "Promemoria politico del XXI secolo"; padre Bartolomeo Sorge, direttore di Aggiornamenti Sociali, e Mario Tronti, docente di Filosofia Politica nell´Università di Siena, su "Idee e risorse per la rinascita politica"; Enrico Letta, Ministro delle Politiche Comunitarie, su "Quale politica per quale Europa"; "Monsignor Attilio Nicora, Delegato della CEI per i Problemi Giuridici, su "Se politica vuol dire carità". Il programma ha previsto una tavola rotonda su "I valori nel pluralismo bipolare", cui hanno partecipato padre Bartolomeo Sorge, Arturo Parisi, Mario Segni e Antonello Soro."




Non vi è alcun dubbio: Enrico Letta è l'ennesimo uomo del Vaticano e dei Gesuiti.

Solving 9-11, una Recensione di Barry Chamish

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Di Barry Chamish

traduzione:http://nwo-truthresearch.blogspot.it/



Familiarizzai con l'autore Christopher Bollyn più di un decennio fa, quando egli abusò della mia ricerca sullo scandalo Ginossar. Se vi ricordate, Yasser Arafat rubò più di 300 milioni di dollari al suo popolo e li mise in conti bancari svizzeri, con l'aiuto del collegamento dell'OLP con Israele, Yossi Ginossar. Nel momento in cui Bollyn maltrattava la mia ricerca, Israele faceva rubare i quattrini ad Arafat. Quando, furibondo, lo misi di fronte a questo sfruttamento, lui mi rispose:"Come potrebbe Arafat usare quel tipo di denaro dal suo tugurio a Gaza?" Questi sono i problemi etici che stanno sullo sfondo della mia mente mentre mi appresto a recensire il suo nuovo libro della serie, Solving 9-11.

Bollyn è uno scrittore di riviste profondamente antisemitiche, come l'ormai defunta Spotlight, e la sua discendente American Free Press. I pareri del suo libro, e cioè che i Sionisti sono stati la forza trainante dietro il disastro dell'11-9, si confanno al vangelo divulgato nelle comunità di estrema destra. Fareste meglio a non ignorarli, altrimenti rischierete di trovarvi di fronte ad un futuro orribile per gli ebrei, proprio perché egli non ha del tutto torto.



Si, mi avete capito



Ma egli compie il classico avvitamento mortale, incolpando tutti i sionisti del comportamento discutibile di un solo gruppo: il Sionismo Laburista.

Quello che egli dimentica è che la loro opposizione, l'Irgun, venne espulsa dal movimento sionista negli anni trenta e combatté una guerra civile con i sionisti laburisti fino alla fine degli anni quaranta...o che appena il 10% degli israeliani di oggi sostengono il sionismo laburista e i loro valori...o che il sionismo laburista ha dichiarato una nuova guerra contro il differente sionismo degli ebrei religiosi e ne ha brutalmente espulso migliaia dalle loro case. No, per Bollyn tutti i sionisti sono fatti della stessa stoffa, essendo accomunati insieme in un unico mucchio omicida, e l'11-9, fu così, un crimine giudaico. E così, a dispetto di qualche seria ricerca al suo interno, Solving 9-11è il classico odioso antisemitismo e dovrebbe essere riscritto o seriamente riedito, affinché non sia mai preso sul serio. 
 

E per parti di esso dovrebbe essere così. Bollyn accusa tutti i sionisti di aver fomentato, l'11-9, un evento false-flag al fine di ottenere che i terroristi arabi si prendessero tutte le colpe. E ciò ha immediatamente condotto le truppe americane in Afghanistan, seguito, con un po di ritardo, da un attacco all'Iraq. Questo, secondo l'autore, era il piano dei sionisti, per far sì che l'America e i suoi alleati, combattessero contro i loro nemici per il beneficio di Israele. Per dimostrare questa vecchia tattica sionista, Bollyn inizia con l'attacco alla Liberty:



"Avevo anche studiato l'attacco israeliano alla USS Liberty e avevo visto come il governo degli Stati Uniti aveva coperto la verità dell'attacco militare israeliano contro la nave della marina disarmata al largo delle coste egiziane, nel 1967."



Anche io studiai l'attacco della USS Liberty e raggiunsi una conclusione diversa:



"Durante l'attacco la USS Liberty chiamò in continuazione la Sesta Flotta, che era lì vicino, chiedendo supporto aereo. Due gruppi di aerei da combattimento vennero inviati a difendere la Liberty, ma, incredibilmente, furono richiamati indietro dalla Casa Bianca. L'Ammiraglio in Comando della Sesta Flotta chiamò Washington per la conferma dell'ordine di richiamo. Il Segretario della Difesa (Robert) McNamara (membro del CFR) piombò sulla stessa linea seguita dal Presidente stesso, che disse all'Ammiraglio:"Voglio che__ __ la nave vada a fondo!" Finalmente, dopo tre ore di attacco, apparve una nave spia russa, cosicché gli israeliani si ritirarono perché c'erano dei testimoni, consentendo alla Liberty di andarsene zoppicante verso la salvezza. Ecco cosa realmente avvenne. Il Presidente Johnson aveva il controllo personale della nave, fece un accordo dietro le quinte con Israele per farla attaccare con l'ordine di uccidere tutti a bordo. In seguito l'attacco sarebbe stato attribuito all'Egitto e gli Stati Uniti sarebbero entrati in guerra e avrebbero preso in consegna l'intero Medio Oriente iniziando con il filo-sovietico Nasser."



Per dimostrare ulteriormente che Israele usa il terrore per arrivare ai suoi scopi, Bollyn utilizza l'Operazione Damocle del capo del Mossad Isser Harel degli anni sessanta, che, secondo lui era:"Una campagna di bombardamenti terroristici per minacciare gli scienziati tedeschi e impedire loro di aiutare l'Egitto a sviluppare i suoi sistemi di difesa." No Chris, essa era un'operazione per fermare gli scienziati nazisti nel loro sviluppo di un missile guidato diretto verso Israele. Essa funzionò ed è stata provata come legittima. Ma Bollyn la usa come una dimostrazione di continuità verso la presunta pianificazione dell'11-9 da parte di Harel nel lontano 1980:



"Il 30 settembre 2001, Michael Evans raccontò del suo incontro con Harel nel 1980. Egli gli chiese se il terrorismo avrebbe colpito l'America e lui rispose affermativamente. "E' probabile che colpiranno l'Empire State Building, un simbolo del suo potere."

Christopher Bollyn


E da questo briciolo di speculazione Bollyn costruisce una vasta cospirazione. Harel porta il complotto lontano nel 1980, Netanyahu ne promuove gli scopi con il suo appello a fare la guerra contro i nemici di Israele per tutto il decennio, mentre il progetto arriva a compimento negli anni '90, quando tutti i giocatori si sono riuniti per recitare i loro ruoli. Ora Bollyn sferra pugni in tutte le direzioni, il che vuol dire che colpirà qualcuno. Provate a seguire la sua logica mentre egli nomina il più alto livello dei complici cospiratori:



"Shimon Peres ha le credenziali di un sionista arci-terrorista. Inoltre, egli ne detiene il primato e la visione mondiale, e la capacità di essere un pianificatore a livello architetturale dell'11-9."

"Nel marzo del 2001 Ehud Barak venne in America...Il suo compito era quello di supervisionare la preparazione degli attacchi terroristici dell'11-9...Barak aveva bisogno di organizzare la produzione di una forma avanzata di super-termite. Un esplosivo estremamente potente realizzato grazie alla nanotecnologia."


Shimon Peres

Ora, io sono nel campo di Bollyn, ma per ragioni indipendenti dalla sua ricerca bigotta. Lo dico nel modo più oggettivo possibile. Ho fatto la mia originale ricerca. Non è mai stata smentita ne mai lo sarà, io la sostengo e sempre lo farò. Peres ha organizzato l'assassinio di Rabin, Sharon, Eitan, Zeevi, tutti quei politici di destra che resistevano alla sua via di "pace". Il suo asse di "pace", come primo ordine del giorno negli anni '90, fu quello di finanziare le nanotecnologie. Barak arrivò a Washington per supervisionare l'assassinio di John F. Kennedy Jr., l'editore che stava esponendo il vero assassinio di Rabin all'America. E il co tesoriere del Likud Party di Olmert di fine anni ottanta, Menachem Atzmon, era troppo vicino all'11-9 per trovarsi ad un qualsiasi grado di comfort. A quanto pare egli fu premiato per aver sferrato il colpo secco per conto di Olmert:

Menachem Atzmon

"Menachem Atzmon, condannato in Israele, divenne il fondatore e capo della International Consultants on Targeted Security [OTC:ICTSF], la società madre della Huntleigh USA, la società per la sicurezza degli aeroporti che svolgeva le operazioni di controllo dei passeggeri negli aeroporti di Boston e Newark l'11-9.

Huntleigh USAè una sussidiaria interamente di proprietà di una compagnia israeliana chiamata International Consultants on Targeted Security International, N.V.[OTC:ICTSF], una società di sicurezza aerea e di trasporti con sede in Olanda, guidata da [israeliani] ex comandanti militari e veterani dell'intelligence di governo e delle agenzie di sicurezza.

Menachem Atzmon, condannato in Israele nel 1996 per frode finanziaria, ed il suo socio di affari Ezra Harel, si aggiudicarono la gestione della sicurezza presso gli aeroporti di Boston e Newark, quando la loro compagnia ICTS acquistò la Huntleigh USA nel 1999.

Il volo United Air Lines (UAL) 175 e il volo American Airlines 11, che avrebbero colpito le torri gemelle, erano entrambi originari di Boston, mentre il volo UAL 93, che presumibilmente si schiantò in Pennsylvania, partì dall'aeroporto di Newark."



E io ho avuto un'ulteriore conferma che gli aerei non avrebbero potuto abbattere il World Trade Center (WTC) da uno dei suoi architetti, Aaron Swirki, di Netanya, che mi ha scritto:



"Come può il carburante degli aerei aver causato il crollo? Avevamo un sistema di irrigazione sul tetto per spegnere un incendio causato da un crash di un 707. Inoltre, il fuoco era finito da più di un'ora prima che gli edifici crollassero."



Una volta crollato è iniziato il cover-up con tutti gli usi sionisti di Bollyn, che copre i fianchi alle rimozioni giuridiche e fisiche dell'operazione:



“Peter Goelz, direttore del National Transportation Safety Board (NTSB), l'agenzia federale che indaga gli incidenti aerei...supervisionò personalmente il misterioso incidente aereo del giovane JFK al largo della costa di Cape Cod."

"Maurice Greenberg è a capo del colosso assicurativo American International Group Inc. [NYSE:AIG]. Il primo aereo che colpì il World Trade Center, volò dritto nella stanza dei computer di sicurezza di Marsh, una società gestita da suo figlio Jeffrey."

"Per mediare l'affare dei rottami con le fabbriche asiatiche, Hugo Neu aveva creato una divisione globale di trading, guidata dal commerciante di metalli ferrosi (graziato presidenzialmente) Marc Rich."

"Da Michael Chertoff, il funzionario responsabile delle indagini e dell'azione penale sull'11-9, ai commercianti e proprietari delle discariche del New Jersey controllati dal Mossad, che gestivano la sua distruzione, l'acciaio passò da un agente sionista ad un altro, fino a quando non fu completamente distrutto nei forni delle acciaierie asiatiche."



E i nomi dei congiurati continuano a roteare fuori dal libro di Bollyn. Michael Goff era l'uomo di marketing che vendette il software P-tech alla Federal Aviation Administration (FAA) e truccò gli aerei per farli schiantare contro gli edifici. E' stato attraverso Jeremy Kroll che il Mossad ha guadagnato il controllo della sicurezza al WTC. E Arnon Milchan arrangiò la super termite avanzata usata per abbattere gli edifici. Bollyn scrive di Milchan:



"Autori israeliani che sono vicini a Milchan dicono che lui e Shimon Peres sono partner strategici e titolari di alcuni dei segreti più importanti di Israele."



So che l'11-9 fu un lavoro interno. Gli indizi più evidenti sono le trasparenti rivelazioni. Il locatario del WTC Larry Silverstein firmò il suo cambio di gestione della proprietà nel luglio 2001 con una clausola di doppia indennità che gli avrebbe dato sette miliardi di dollari nel caso gli edifici fossero stati abbattuti dal terrorismo...Fortunato Larry. 
Larry Silverstein
 E quando il volo UAL 93 si abbatteva in Pennsylvania, invece di schiantarsi nell'Edificio Sette, e con la minaccia che i vigili del fuoco scoprissero gli esplosivi al suo interno, alle 17:20, tra le ombre fumanti degli edifici Uno e Due, Larry "rimosse" l'edificio Sette di 47 piani con una perfetta demolizione controllata. Quindi, come fece lui ad architettarla in un pomeriggio?

Io avrei potuto immaginare di rintracciare tutti i protestanti coinvolti nell'attacco, iniziando con il Presidente. Ma Bollyn è determinato a dare la colpa solo a tutti i sionisti. Egli quasi si cala verso un onesto sentiero probatorio ma torna indietro arrivano ad accusare tutti gli ebrei e gli israeliani dell'11-9:


"La strategia fu primariamente articolata dal politico di estrema destra Benjamin Netanyahu del partito Likud nel 1980."



L'ignoranza di Bollyn regna sovrana. Nel 1980 Netanyahu vendeva mobili alla RIM Company e non formulava piani per l'11-9. Entro due anni la sua carriera politica sarebbe stata accuratamente controllata dal Council on Foreign Relations (CFR) americano. La cospirazione onnicomprensiva di Bollyn deve avere a capo la "destra" Likud per adattarsi al suo punto di vista. A tal fine, egli scrive:



"L'audacia criminale dei leader israeliani non è sostenibile a lungo termine, perché la loro criminalità dilagante mette in pericolo lo stato sionista e i suoi cittadini...La mia indagine ha rivelato una complessa rete aziendale e finanziaria nella quale i sionisti di alto livello...hanno operato a lungo negli Stati Uniti. All'interno di questa rete possono essere osservati sia i collegamenti con l'11-9 che quelli con l'attuale crisi finanziaria."



Durante l'ultima Depressione, il Presidente Franklin D. Roosevelt (FDR) aveva una banda simile di sionisti LABURISTI al lavoro, con nomi come Brandeis, Schiff, Astor, e Oppenheimer, facendo sì che gli ebrei d'Europa venissero massacrati senza interferenze da parte dell'America. Allo stesso tempo, fu annullata dai Sionisti Laburisti una vera e propria ribellione dell'Irgun per salvare gli ebrei. Gli ebrei religiosi d'Europa furono spazzati via tutti, affinché i Sionisti Laburisti potessero ricostruire Israele secondo la loro immagine selezionata. Essi sono i "costruttori di pace" dell'Israele di oggi. E, proprio come durante gli anni quaranta, Israele è gestito da questo fronte di truffatori dell'annientamento.

Tutto il libro di Bollyn, a cominciare con la sua premessa incredibilmente disinformata, fino alle citazioni di ebrei voltagabbana come Avraham Burg, Chomsky, Ostrovsky, e Shahak, e la falsa simpatia per gli arabi "oppressi", si legge come se fosse stato scritto per i nazisti. Lui non lo capisce: gli "operatori di pace" del Sionismo Laburista, portano una massiccia morte di innocenti, ma a nessuno la portano tanto quanto a noi "altri" ebrei. Noi li vogliamo fuori dalla nostra vita proprio quanto voi.



Link articolo originale:




nota di nwo-truthresearch: non per niente Bollyn è amico del cattolico neonazista Maurizio Blondet: eccoli insieme all'Hotel Excelsior a Roma nel giugno 2005:







Il cattolico neonazista Blondet è l'autore del libro Osama bin Mossad (un titolo che si commenta da solo), un libro che viene introdotto così:



“...La testa del serpente dov'è? E' dappertutto. I nuovi capi della nuova Al-Qaeda sono in Georgia, sono in Iran, sono in Cecenia, sono nell'Africa Occidentale, dal dicembre 2002 anche nella striscia di Gaza, in Italia...; sono dovunque ci sia un interesse strategico ebraico-americano da proteggere.. "



Naturalmente sappiamo che lo scopo del Vaticano e dei gesuiti è quello di portare avanti i loro piani del Nuovo Ordine Mondiale incolpando nel contempo i loro capri espiatori preferiti: gli americani e gli ebrei, proprio come fa Blondet. Questo avviene anche con il decisivo aiuto dei Sionisti Laburisti analizzati da Chamish. Per quanto riguarda invece gli “americani”, guardate, in questo nostro post, chi sono quelli targati “Jesuit University” che vanno sempre a capo della Cia. Un fatto che nemmeno Gianni Lannes vi ha mai detto. Inoltre c'è da dire che il “protestante” Bush fa parte della società Skull and Bones controllata dai gesuiti.


Sull'infiltrazione gesuitica all'interno della chiese protestanti si veda inoltre questo post dal titolo: L'Agenda dei Gesuiti Per una Religione Mondiale e la Chiesa Evangelica/Protestante



Il blog avlesbeluskesexposed ha recentemente pubblicato un post dal titolo Larry proves it dove scrive:



Nel leggere quelle parole di Barry ho sentito un grande sollievo. Almeno non sono solo nel mio tormento:


Barry Chamish



"Senza l'incarico di Atzmon negli aeroporti di Newark e Logan, l'11-9 non sarebbe potuto accadere. Ripetiamo: senza la supervisione di passaporti, cargo e lo screening da parte di Atzmon agli aeroporti di Logan e Newark, nessun terrorista o chiunque altro sarebbe mai potuto salire a bordo degli aerei.

Per timore che crediate che io stia accusando Israele dell'11-9, pensateci ancora.

L'intera Forza Aerea degli Stati Uniti è stata dismessa, il governo si è fatto avanti, e questo richiedeva una massiccia cooperazione americana. E questo avvenne all'interno di un'amministrazione Bush. Ma l'amministrazione Obama lo sa, e se Ehud Barak non gioca la sua partita, Israele ne pagherà il prezzo. Questo Netanyahu lo sa, e lui sta collaborando. Se non lo fa...(dito indice sotto la gola)."



Grande Barry, l'unico che dice la cosa giusta (considero me tesso come zero). E questo zero cosa sta dicendo da anni? Sto dicendo che essi VOLEVANO che tu vedessi le esplosioni laterali? Sto dicendo che la demolizione controllata e l'intera idea concettuale degli attacchi dell'11-9 è stata pensata per esporre se stessa come un "false flag"? Puoi provare il contrario? No, non puoi. Se voi desiderate nascondere un complotto è necessario che utilizziate un altro complotto. Ma se volete che la gente scopra una cospirazione voi non potete ordinarla con un decreto governativo pubblicato sul Washington Post:"Ehi, c'è una cospirazione Cia/Mossad per blah blah blah. Devi crederci." La gente non lo comprerebbe mai. Ma se si costruisce la farsa al fine di gettare negli occhi (coreografia) la prova di una (scenica) cospirazione SENZA dichiararla nei media ufficiali, otterrete il cuore della gente per sempre. E perché tutte queste contorsioni elaborate? Leggete di nuovo le parole di Barry qui sopra. Il vero prodotto "dell'attacco false flag dell'11-9" è il "Movimento per la Verità dell'11-9" per ricattare Israele. Basta dare uno sguardo alla saliva del Vaticano sulle proposte di sovranità delle Nazioni Unite di Gerusalemme...

Larry Silverstein fu pagato per dire quelle parole circa l'abbattimento del WTC7 perché egli è un "Ebreo". McLuhan aveva ragione, "il Media è il Messaggio" e Larry prova che ciò è giusto. Il WTC7 doveva essere tirato giù davanti alle telecamere di tutto il mondo, perché aveva dipinto su se stesso i graffiti giganti:"l'11-9 è un lavoro ebraico".

[Uh, che ingenuo!...Questo è il motivo per cui hanno lanciato due droni militari nelle Twin Towers, perché non si sentono a proprio agio al 100% con quegli ebrei che potrebbero, all'ultimo momento, pugnalare alle spalle i partner americani che bloccano ogni tentativo di dirottamento negli aeroporti di Newark e Logan. Atzmon, Larry e C. Erano solo degli attori con le pistole di plastica in mano. I Gesuiti non si fidano di nessuno.]



nota finale di nwo-truthresearch: forse l'aspetto scenico era ancor più a prova di errore; il ricercatore Markus Allen ha detto :



“Alex Jones attacca ripetutamente l'idea che siano state utilizzate delle falsità televisive nel 9/11. Per i ricercatori seri sul 9-11 è diventato ovvio che nessun aereo è stato utilizzato durante l'attacco."


P.s.



In questo post, l'autore del blog avlesbeluskesexposed, dopo aver letto il nostro articolo, avanza l'ipotesi che l'11-9 sia stato eseguito con tecnologia di armi Star Wars; questa ipotesi è molto interessante; il nostro blog, come quello di avles, non si era mai interessato alla reale dinamica degli eventi dell'11-9, a parte il ritenere l'ipotesi degli aerei olografici basata su prove abbastanza attendibili; pensavamo che tutte le varie discussioni sul tema fossero un modo per distrarre la gente con i particolari minimi, e impedirgli di osservare la regia generale del NWO; Mazzuco fa proprio così; però, leggendo le "prove" del libro di Bollyn, come riprese da Chamish qui sopra, secondo noi non sarebbe male confrontarle con la reale dinamica degli eventi; perché allora tutta la questione dei passaporti, della gestione degli aeroporti (il ruolo svolto da Atzmon, per intenderci), ecc. in cui Bollyn fa cascare i soliti "sionisti", potrebbe essere tutta una favola dall'inizio alla fine; se l'11-9 è stato fatto con esplosioni atomiche o altre armi a tecnologia Star Wars, usando nel contempo degli aerei olografici, tutto questo può essere stato gestito e supervisionato solamente dalla Cia dei gesuiti, perché solo la Cia poteva fare un lavoro di queste dimensioni, e a prova di errore, negli Stati Uniti, non certo una comunità di sionisti, per quanto potenti potessero essere; e a questi ebrei sionisti è stato affibbiato un ruolo che non hanno mai nemmeno recitato con pistole di plastica.

leggi anche:


Il Generale Gesuita Peter Hans Kolvenbach e i Suoi Legami con l’11 Settembre


Il servo del Vaticano Enrico Letta vuole Più Dittatura Europea

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Il nuovo premier Enrico Letta, portavoce di Vaticano-Comunione e Liberazione-Gesuiti-Bilderberg-Trilaterale-Aspen, dietro le solite promesse fanfaluche sulla "crescita" e sul lavoro per rassicurare noi buoi che il suo governo è dalla nostra parte, si è affrettato a dichiarare che c'è bisogno di PIU' EUROPA e si è impegnato a contrastare l'ANTIEUROPEISMO dei cittadini ridotti in mutande a causa della gesuitica dittatura continentale del MES, del Fiscal Compact e della BCE dell'istruito dai gesuiti Mario Draghi. Da Repubblicaleggiamo:



'Più Europa. Per il premier italiano bisogna fare più Europa. "Nel mondo globalizzato o facciamo insieme più Europa oppure non ce la faremo. In serata avremo una cena, avrò altri incontri. Ne approfitterò per chiedere alla cancelliera Merkel una consulenza su come si guida una grande coalizione". "Lo stesso ragionamento che ho fatto con la cancelliera Merkel oggi, lo farò domani a Parigi e poi a Bruxelles e a Madrid: vogliamo le istituzioni europee protagoniste della crescita".'



Da un articolo del Secolo XIX leggiamo altre considerazioni di Letta:



“Ma il governo, aggiunge, si è anche impegnato a ridare fiducia a chi ha perso il lavoro e chi è in difficoltà. Perciò ha intenzione di usare «tutta la forza politica» datagli dal Parlamento per far sì che l’Europa, finalmente, dia quelle risposte che finora non è stata in grado di dare. A suo avviso infatti «non c’è stata abbastanza Europa» ed ora l’obiettivo è rendere quanto prima possibile operativa l’Unione bancaria, l’unione economica, quella di bilancio e l’unione politica."



E' la solita tecnica del problema-reazione-soluzione che abbiamo già analizzato in passato;le catastrofi sociali, di cui l'Europa gesuitica è l'unica responsabile, sono avvenute però, secondo il nostro Letta fedele al Papa, perché non vi è stata abbastanza Europa. Quindi la soluzione è: Più Europa, quindi, più Nuovo Ordine Mondiale.

Caro portavoce dei gesuiti e del Vaticano Enrico Letta: della vostra Europa gesuitica dissanguatrice dei popoli “Ad Maiorem Dei Gloriam” ne abbiamo già avuto abbastanza; la vostra è solo pura propaganda; nei vostri discorsi sembra di ascoltare un disco incantato; dai tempi del cattolico Romano Prodi sembrate solo degli automi che non fanno altro che ripetere “Europa...Europa...Europa...” per risolvere qualsiasi problema dell'universo conosciuto. E lo sapete benissimo il perché: perché il Vaticano e i Gesuiti vogliono dominare questa “benedetta” Europa!

L'articolo del Secolo XIX continua:



“«Noi non vogliamo un’Europa che consenta di fare debiti», chiarisce Letta, confermando in pieno la linea di Monti nel vertice di giugno. Per questo il governo non intende chiedere modifiche del Fiscal Compact. Ma pretende che l’Europa, con la stessa determinazione con cui ha imposto il rigore, si adoperi sul fronte della crescita."

[...]

"l’antieuropeismo. Le politiche per la crescita, dice, sono necessarie affinché i cittadini non vedano l’Europa come qualcosa di negativo. Altrimenti, «come è successo in Italia e altrove, nasceranno dei movimenti politici contro l’Europa»."



Caro Letta, sai benissimo che se non si risolve il problema della sovranità monetaria e non si abolisce il Fiscal Compact, tutti i discorsi sulla crescita sono delle fanfaluche vere e proprie per intortare i "buoi" che dovete governare. Caro Letta, sai benissimo che se non si abolisce la dittatura BCE dell'istruito dai gesuiti Mario Draghi, la tua crescita sarà solo riguardo alle menzogne che affermi.



A meno che tu non intenda per "crescita" un po di elemosina per tenerci buoni e far sì che da "euroscettici" ci trasformiamo in "euroentusiasti" di un'Europa che ci elargisce con la mano sinistra un centesimo di quello che ci ha tolto con la mano destra.



Per approfondire l'Europa Gesuitica potete leggere questi articoli:















L'Impero Finanziario Vaticano che ci Domina

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Estratto dal libro The Vatican Jesuit Global Conspiracydi Ronald Cooke 
anno di pubblicazione: 1985 

Capitolo A FINANCIAL EMPIRE SECOND TO NONE, pag. 27-32







Ogni volta che qualcuno scrive sulla cospirazione, al denaro è sempre dato un posto di rilievo. Riguardo a ciò il Vaticano certamente non resta dietro a nessuno. La ricchezza del Vaticano, come vedremo, è così vasta che con ogni probabilità non riusciremo mai a conoscerne il suo reale valore.

Ci accingiamo adesso ad esaminare in dettaglio quello che hanno detto i vari scrittori che hanno provato a fare una ricerca sulla ricchezza del Vaticano. Molti di questi autori sono membri della chiesa cattolica romana. E' sicuramente interessante per ogni protestante il sapere che, quando il papa portò il suo entourage da Milano al Vaticano, questo venne soprannominato dagli scrittori cattolici come la Mafia Milanese.[1]

Non è entro i limiti di questo studio che vogliamo esaminare la mafia in dettaglio. Ma Cosa Nostra, la Famiglia, o La Mafia è un gruppo al 100% cattolico romano. Questa ha avuto origine in Sicilia, dove è nato anche Michele Sindona. Essa controlla vasti possedimenti in Italia e in Nord America. Essa è finita in quello che dichiara come “lecito” in molte imprese, e fu capace di chiudere un intero caseificio nel Wisconsin. Lo fece per stabilire un monopolio nel settore della Pizza. Questo avvenimento divenne una notizia nazionale.

Arrivarono gli uomini d'affari e si comprarono il caseificio. Dopo averlo comprato, lo chiusero. Fu solo più tardi che fu scoperto il coinvolgimento della Mafia. Per quanto ne sappiamo, questa fabbrica che occupava la maggior parte della forza lavoro del paese, è ancora chiusa al momento della nostra stesura.

E' interessante notare la tempistica della mossa della mafia per controllare il business del formaggio e della pizza negli Stati Uniti.

Panatella, una società controllata dal Vaticano, che si occupava principalmente di farina e pasta, perse due milioni e mezzo di dollari appena prima del rilevamento da parte della mafia e necessitò di un finanziamento di 4,8 milioni di dollari per essere tenuta a galla.

[Malachi] Martin rivela che alla fine degli anni sessanta, sia l'Istituto per le Opere Religiose (le cui attività sono state prudenzialmente stimate in 3 miliardi di dollari) che l'Amministrazione Speciale delle Proprietà della Santa Sede, stavano investendo in tutti i settori dell'industria e del commercio italiano. Egli aggiunge:”Nei consigli di amministrazione delle società in cui il Vaticano aveva un interesse, c'era sempre seduto un uomo della 'famiglia' Vaticana, uno come Massimo Spada e Luigi Mennini.” [2]


Le note [1] e [2] sono tratte dal libro di Malachi Martin 'THE FINAL CONCLAVE'



Martin sottolinea anche che l'Amministrazione Speciale delle Proprietà della Santa Sede, che era gestita da competenti banchieri laici, fu assistita dalla JP Morgan, dalla Hambros Brothers di Londra e dai Rothschilds di Parigi.

Ostling racconta la storia della Città dei Ragazzi, un ente di beneficenza cattolico romano.

“La Città dei Ragazzi ha ora un valore di oltre 200 milioni di dollari, incluso un portafoglio stimato (molto prudenzialmente) a 157 milioni di dollari. Sebbene l'interesse su tale gruzzolo sia sufficiente a far funzionare la Città, essa spende anche milioni per inviare i tradizionali appelli di finanziamento strappalacrime a 34 milioni di persone, i quali generano quasi 18 milioni di dollari all'anno. Questo significa che la Città dei Ragazzi possiede tre volte la dotazione della Notre Dame University, solleva più soldi che il Greater New York United Fund, e, se essa fosse una società di affari, su Fortune 500 sarebbe classificata al 372esimo posto nei patrimoni. Tutto questo per 700 ragazzi.”[3]

Tutto questo è venuto alla luce dopo un'ampia opera di indagine di un settimanale di Omaha, in Nebraska.

Nino Lo Bello
Secondo Lo Bello, un giornalista cattolico romano, il Vaticano è l'unico stato sovrano che non pubblica un bilancio. Nelle sue stime della ricchezza del Vaticano egli venne accusato di esagerazione, ma questo è sufficiente a farci pensare che la ricchezza del Vaticano debba essere immensa, perché una semplice comunicazione onesta delle sue partecipazioni, se queste non costituissero una grande ricchezza, dovrebbe mettere a tacere tutte le stime “stravaganti” di vari autori, ma una tale divulgazione non sembra essere imminente.

Il disastro di Sindona, che il Vaticano ha cercato di nascondere al grande pubblico, ha provocato una perdita di quasi un miliardo di dollari. Eppure il Vaticano è andato avanti come prima, dimostrando l'entità del suo serbatoio di riserve finanziarie come nient'altro avrebbe potuto fare. Pochissime aziende potrebbero sostenere una tale perdita e andare avanti senza nemmeno un sussurro. (Chrysler Corporation perse mezzo miliardo e sarebbe andata sotto, tranne che il governo degli Stati Uniti.)

I tentacoli finanziari del Vaticano raggiungono numerose banche in diversi paesi. Yallop afferma che i Rothschild di Parigi hanno fatto affari con il Vaticano sin dall'inizio del 19° secolo.[4]

Egli continua sottolineando che: "Credit Suisse, Hambros, Morgan Guaranty, Bankers Trust, Chase Manhattan, e Continental Illinois, tra gli altri, divennero soci del Vaticano.”[5]

Questo impero finanziario che finanzia la cospirazione del Vaticano è pieno di omicidi e devastazioni. Yallop afferma:”L'omicidio di Luciani - Papa Giovanni Paolo I – venne eseguito per impedirgli di rimuovere Marcinkus, che era la base per il sostegno di Calvi, Sindona e Gelli.”[6]

Quando venne eliminata la polvere dalla misteriosa morte di Giovanni Paolo, essa lasciò nella sua scia una serie di omicidi, assassini e “suicidi” che solo la mafia avrebbe potuto eguagliare per il sangue freddo. Di tutti i principali attori sulla scena rimangono ancora, nella gestione, solo Marcinkus e Gelli. Yallop racconta nel dettaglio ognuno degli omicidi e dei “suicidi”, e le sue pagine, che sono molto difficili da confutare, sono una triste lettura. Il suo libro IN GOD'S NAME merita un'attenta lettura per tutti coloro che sono preoccupati per la libertà. 
A causa delle critiche sul fatto che non è mai stata fatta alcuna comunicazione della propria ricchezza, il Vaticano negli anni recenti ha cercato di riformare alcune delle sue politiche monetarie, ma molto resta ancora da fare. Nessuna stima può essere fatta dell'immensa ricchezza del Vaticano, ma possiamo intravedere alcuni barlumi di questa impresa multimiliardaria attraverso le varie opere apparse negli anni recenti.

Ostling, nella sua opera “Secrecy in The Church”, scritta da un punto di vista simpatetico con la Chiesa, fornisce alcuni spunti interessanti sulla ricchezza del papato. Egli racconta che il defunto vescovo James A. Pike (convertito dal Romanesimo alla Dottrina Episcopale) scrisse quello che lui chiama un articolo sensazionale, in cui disse che i gesuiti avevano la maggioranza delle azioni della Bank of America, la più grande della nazione, e che essi guadagnavano 250 milioni di dollari all'anno dai propri investimenti (un quarto di miliardo). Egli continua dicendo che i gesuiti “balbettano, ma essi non hanno mai fatto un resoconto completo delle loro partecipazioni.”[7]



Gollin, uno scrittore freelance che a tentato di fare una ricerca sulla ricchezza papale, ha stimato i titoli e le proprietà commerciali delle Diocesi degli Stati Uniti nell'ammontare di quasi “un miliardo di dollari”.[8]

Nino Lo Bello stima “il reddito annuale dei gesuiti americani a 250 milioni di dollari”. Egli sostiene che tutte le unità cattoliche negli Stati Uniti e in Canada combinate assieme detengono un patrimonio di più di 80 miliardi di dollari e un reddito di circa 12,5 miliardi di dollari.”[9]

Fu nientemeno che il cardinale Vagnozzi che, riguardo alle finanze vaticane, osservò:”Ci vorrebbe una combinazione di Kgb, Cia e Interpol per ottenere solo una vaga idea di quanto e dove sia il denaro”[10]

Secondo questo cardinale, tre delle più potenti agenzie del mondo non potrebbero che avere una vaga idea di quanto vale il Vaticano. Yallop sottolinea che il “Vaticano acquistò all'interno di General Motors, Shell, Gulf Oil, General Electric, Bethlehem Steel, IBM e TWA." Egli prosegue dicendo che “il Vicario di Cristo aveva acquisito un nuovo titolo non ufficiale: Presidente del Consiglio di Amministrazione.”[11]

Il Vaticano ha acquisto anche “partecipazioni di maggioranza in società nel settore assicurativo, dell'acciaio, del finanziamento, della farina e degli spaghetti, dell'industria, del cemento e dei beni immobili.”[12]

Esso possiede parti del centro di Montreal, in Canada, parti di Città del Messico, in Messico, molti dei principali hotel in Italia, isolati di beni immobili nello Champs D'Elysee di Parigi, l'area del Watergate a Washington, D.C., il settore immobiliare nella città di New York e l'intera città satellite di Lomas Verdes in Messico.

Questa è solo la punta dell'iceberg, perché gran parte della ricchezza del Vaticano è nascosta in società finanziarie di modo che sia difficile arrivare vicino ad una stima della sua grande ricchezza. E' interessante osservare, inoltre, che papa Giovanni Paolo, il quale fu assassinato in Vaticano, mirava a riformare le finanze vaticane. Yallop, nel suo lavoro, sostiene che questa potrebbe essere stata una tra la mezza dozzina di ragioni per le quali egli venne assassinato proprio in Vaticano. Un altro fatto interessante è che Papa Giovanni Paolo si confessava a Padre Dezza. Persino il Papa ha un prelato a cui egli si confessa, e il povero Papa Giovanni Paolo, per qualche motivo, scelse il capo dei gesuiti come suo “Padre Confessore”. Se per qualsiasi motivo egli scelse di confidare alcune delle sue proposte di cambiamenti a Dezza, potrebbe aver involontariamente suggellato la sua condanna a morte.

Malachi Martin, ex professore gesuita presso il Pontificio Istituto Biblico di Roma, nel suo nuovo libro "RICH CHURCH POOR CHURCH", stima le ricchezze della “chiesa” a 300 miliardi di dollari. Egli fa notare che il Vaticano è:



“il più grande singolo azionista al mondo con circa 20 miliardi di dollari investiti in modo tracciabile (ma molti di più investiti in modo non tracciabile) con depositi di oro superiori a quelli della maggior parte dei paesi di media grandezza, e con operazioni immobiliari in tutto il mondo.”[13]

In un altro punto egli continua dicendo che:

“l'elenco delle imprese e delle banche in Italia e all'estero, in cui il Vaticano ha acquisito una partecipazione di maggioranza prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, quando viene aggiunto alla lista di quelle in cui esso ha acquisito un interesse minore ma sostanziale, riempirebbe sessanta o settanta pagine di questo libro.”[14]

Anche Martin, che classifica ancora se stesso come cattolico romano, è costernato dall'entità della ricchezza del Vaticano, quando questa si contrappone ai milioni di poveri cattolici di tutto il mondo. L'attuale papa parla molto di giustizia economica. Sebbene molto sia stato scritto sull'attuale papa in termini entusiastici, Yallop non condivide questo riconoscimento dei giornalisti internazionali.

Yallop afferma candidamente:

“Nel pontificato di Giovanni Paolo II è rimasto tutto come prima. Il business ha beneficiato enormemente non solo dall'omicidio di Albino Luciani, ma anche dagli omicidi che hanno fatto seguito a questa strana morte solitaria nel Vaticano.”[15]

Egli continua dicendo:

”Milioni di parole sono state scritte dopo l'elezione di Karol Wojtyla, nel tentativo di analizzare e capire che tipo di uomo fosse. Come si può vedere, egli è il tipo d'uomo che poteva consentire a uomini come Villot, Cody, Marcinkus, Mennini, De Strobel e Poletto di rimanere in carica.”[16]

E aggiunge:

“Si tratta di un papato di due pesi e due misure, una per il Papa e una per il resto dell'umanità”

“Non può esserci difesa sulla base dell'ignoranza, Marcinkus risponde direttamente al Papa.”[17]



Note:


I.Martin, Malachi, THE FINAL CONCLAVE, Stein and Day, New

York, 1978. p. 18

2. Ibid., p. 26

3. Ostling, Richard, SECRECY IN THE CHURCH, Harper and

Row, N.Y. 1974, p. 51

4.Yallop, David, IN GOD'S NAME, Bantam Books, N.Y., N.Y.

1984, p 97

5. loc. cit.

6. Ibid., p. 103

7. Ostling, p. 49

8. loc.cit.

9. Ibid., p. 50 10.Yallop,p. 105

11. Ibid., p. 99

12. Ibid., p. 98

13. Martin, Malachi, RICH CHURCH POOR CHURCH, G. P. Put-

nam's Sons, N.Y., N.Y. 1984, p. 14

14. Ibid., p. 40

15.Yallop, p. 264

16. Ibid, p. 265

17. Ibid., p. 264








leggi anche:



La Connessione Cia-Usa-Vaticano

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Ogni volta che leggerete un post di Gianni Lannes in cui egli vi dirà che noi italiani siamo tutti sotto il dominio americano, venite in questo blog a rileggere questo estratto del libro Controlled Chaosdi Michael S. Londone gli articoli ad esso collegati. Gianni Lannes ha ragione a dire che siamo vittime di una potenza straniera, solo ha sbagliato ad individuarla; la potenza straniera che ha sempre sottomesso l'Italia nei secoli dei secoli si chiama Vaticano; quello che è cambiato nell'ultimo dopoguerra è che la sottomissione, oltre che per via diretta, è avvenuta anche attraverso gli agenti Vaticani impiantati nella Cia “americana”, e ciò ha illuso tutti, compreso Lannes, che fossimo sotto il dominio americano; ma non vi preoccupate, il nostro paese non ha mai cambiato padrone; e il Vaticano ha usato gli USA per continuare a portare avanti i suoi sporchi interessi globali. Agli Stati Uniti, in un futuro più o meno prossimo, molto probabilmente verranno attribuite le colpe dei crimini perpetrati dagli agenti romani all'interno della sua Intelligence; questo paese diventerà perciò il capro espiatorio che sarà additato in tutto il mondo come l'esempio di quanto possano essere corrotte le democrazie degli STATI NAZIONE; e questo spianerà la via alla “soluzione” del Nuovo Ordine del Governo Mondiale già programmato dai gesuiti.




Estratto dal libro Controlled Chaos, pag. 488-492, anno di pubblicazione: 2008

DiMichael S. London



La Chiesa Cattolica Romana


Anche se la Cia ebbe inizio come organizzazione per lo più protestante, i cattolici romani arrivarono rapidamente a dominare la nuova ala delle operazioni segrete. Tutti erano fermamente conservatori, fieramente anticomunisti e appartenenti socialmente all'elite. Proprio all'interno dei molti operativi cattolici erano inclusi i futuri capi della Cia William Colby, William Casey, e John McCone.


Un altro noto personaggio di questo periodo fu William F. Buckley Jr., direttore del National Review e polemico anfitrione di Firing Line della TV. Buckley, a quanto pare, serviva come agente della Cia a Città del Messico, e le sue esperienze servivano lì come foraggio per i suoi romanzi di spionaggio su Blackford Oakes. [un personaggio immaginario funzionario della Cia, protagonista della serie di romanzi di Buckley, ndr]

William F. Buckley Jr.
Vi erano diverse ragioni riguardo a questo afflusso di élite cattoliche. In primo luogo, Wisner (egli stesso un avvocato di Wall Street) aveva un'ampia cerchia glamour di amici da cui reclutare. In secondo luogo, l'Italia fu in costante crisi negli anni '40, sia durante la seconda guerra mondiale che dopo. Durante tutto questo travagliato periodo, in Italia, il più grande alleato della comunità di Intelligence americana fu la Chiesa Cattolica Romana.

Naturalmente, la Chiesa Cattolica Romana è una delle organizzazioni più anticomuniste che ci sia in tutto il mondo[*]. La dottrina marxista dell'ateismo minaccia la teologia cattolica, e la sua eguaglianza minaccia la rigorosa tradizione ecclesiastica fatta di gerarchia e autoritarismo. Quando Hitler invase la Russia comunista, il Vaticano approvò apertamente. Il gesuita Michael Serafian scrisse:”Non possiamo negare che i consiglieri più vicini a [Papa] Pio XII per qualche tempo considerarono le divisioni corazzate di Hitler come la mano destra di Dio.”

Ma Hitler perseguitò pure i cattolici e, in ultima analisi, spinse la Chiesa verso gli americani.[**] Nel 1943 il Vaticano raggiunse un accordo segreto con il capo dell'OSS Donovan – egli stesso un devoto cattolico – per consentire che la Santa Sede diventasse il centro delle operazioni di spionaggio degli alleati in Italia.

Donovan considerava la Chiesa come uno dei suoi gioielli dell'attività di Intelligence, visto il suo potere globale, l'appartenenza e i contatti. Egli coltivò questa alleanza con l'invio dei cattolici più prestigiosi d'America in Vaticano per stabilire rapporti e stringere un'alleanza.

Dopo la guerra la metà dell'Europa era sotto il controllo comunista e il partito comunista italiano minacciò di vincere le elezioni del 1948. La prospettiva di un governo comunista nel cuore del cattolicesimo terrorizzava il Vaticano. Ancora una volta l'Intelligence americana riunì i propri cattolici più prestigiosi per rafforzare i legami con il Vaticano. Siccome questa fu la prima missione della nuova divisione delle azioni segrete, gli agenti cattolici acquisirono posizioni di potere nella fase iniziale, e in seguito avrebbero dominato le operazioni segrete per il resto della guerra fredda.

A livello pubblico, il governo americano investì 350 milioni di dollari di aiuti sociali e militari in Italia al fine di influenzare il voto. A livello segreto, Wisner spese 10 milioni di dollari dei fondi neri di bilancio al fine di rubare le elezioni. Ciò incluse la diffusione di propaganda, il pestaggio dei politici di sinistra, l'intimidazione degli elettori e l'interferenza nei partiti di sinistra. Gli sporchi trucchi funzionarono – i comunisti persero e il successo degli americani cattolici assicurò in modo permanente il loro potere all'interno della Cia.


I Cavalieri di Malta



La Chiesa Cattolica Romana non dimenticò gli agenti americani che l'avevano salvata sia dal nazismo che dal comunismo. E li ricompensò facendoli Cavalieri di Malta, cioè membri del Sovrano Militare Ordine di Malta (SMOM).

Lo SMOM è uno dei più antichi ed elitari ordini religiosi della Chiesa Cattolica.

Fino a poco tempo fa esso limitava la sua adesione agli italiani e ai capi di stato stranieri. Nel 1927, tuttavia, fu fatta un'eccezione per gli Stati Uniti, dato il suo status di potenza mondiale emergente. Lo SMOM aprì una branca americana, assegnando il cavalierato o il titolo di dama a diversi magnati cattolici del business. Questo gruppo era talmente conservatore che uno di loro, John Raskob, il presidente della General Motors, fu effettivamente coinvolto in un complotto militare abortito per rimuovere Franklin Roosevelt dalla Casa Bianca.

Lo SMOM fu anche molto imbarazzato dall'aver concesso riconoscimenti o titoli di cavaliere a innumerevoli persone che in seguito si rivelarono dei criminali di guerra nazisti. Questo è il tipo di cultura che prospera all'interno della leadership dello SMOM.

Ufficialmente i Cavalieri di Malta sono un'organizzazione di carità globale. Ma, a partire dagli anni '40 del novecento, il cavalierato fu concesso a innumerevoli agenti della CIA, e l'organizzazione divenne una copertura per le operazioni di Intelligence. Lo SMOM è ideale per questo tipo di attività, perché esso è riconosciuto come la sola entità sovrana al mondo senza territorio, e i membri godono di immunità diplomatica. Ciò consente ad agenti e rifornimenti di oltrepassare la dogana senza interferenze da parte del paese ospitante. Tali privilegi hanno consentito ai Cavalieri di Malta di diventare un importante fornitore di “aiuti umanitari” ai Contras durante la loro guerra negli anni ottanta del novecento.

Una lista parziale dei Cavalieri e delle Dame di Malta si legge come il Who’s Who del cattolicesimo americano.

  • William Casey - direttore della CIA.

  • John McCone - direttore della CIA.

  • William Colby - direttore della CIA.
     
  • William Donovan – direttore dell'OSS. A Donovan fu conferita una forma particolarmente prestigiosa di cavalierato che fu concessa solo ad un centinaio di altri uomini nella storia.


  • Frank Shakespeare – direttore di organizzazioni di propaganda come la U.S. Information Agency, Radio Free Europe e Radio Liberty. Fu anche vice presidente esecutivo della CBS-TV e vice presidente della RKO General Inc.. Egli attualmente è presidente del consiglio di amministrazione presso la Heritage Foundation, un think tank di destra.
  • William Simon – Segretario del Tesoro sotto il presidente Nixon. Nel settore privato divenne uno dei 400 individui più ricchi d'America lavorando nella finanza internazionale. Oggi egli è il presidente della John M. Olin Foundation, uno dei principali finanziatori dei think tank di destra.
  • William F. Buckley, Jr. - agente della CIA, opinionista conservatore e personaggio mediatico di massa.
  • James Buckley – il fratello di William, capo di Radio Free Europe e Radio Liberty.
  • Clare Boothe Luce - La gran dama della guerra fredda era anche un Dama di Malta. Fu una popolare drammaturga e la moglie del magnate Henry Luce, il cofondatore della rivista Time.
  • Francis X Stankard – amministratore delegato della divisione internazionale della Chase Manhattan Bank, un istituto bancario di Rockefeller. (anche Nelson Rockefeller fu una figura importante della CIA).
  • John Farrell – Presidente della US Steel
  • Lee Iacocca– Presidente della General Motors
  • William S. Schreyer – Presidente di Merrill Lynch.
  • Richard R. Shinn– Presidente della Metropolitan Life Insurance Company.
  • Joseph Kennedy - Fondatore dell'impero Kennedy.
  • Baron Hilton – Proprietario della catena degli Hilton Hotel.
  • Patrick J. Frawley Jr. - Erede della fortuna del rasoio Schick. Frawley è un famoso finanziatore per le cause cattoliche di destra, come i Cristiani Anticomunisti.
  • Ralph Abplanalp - magnate dell'aerosol.
  • Martin F. Shea - Vice presidente esecutivo della Morgan Guaranty Trust.
  • Joseph Brennan - Presidente del comitato esecutivo della Emigrant Savings Bank di New York.
  • J. Peter Grace – Presidente della WR Grace Company. Egli è stato una figura chiave dell'Operazione Paperclip, che ha portato scienziati e spie naziste negli Stati Uniti. Molti erano criminali di guerra le cui atrocità furono perdonate per il loro servizio alla CIA
  • Thomas Bolan– Di Saxe, Bacon and Bolan, lo studio legale di Roy Cohn, l'aiutante defunto del senatore McCarthy.
  • Bowie Kuhn – Commissario del Baseball.
  • Cardinale John O'Connor – leader di estrema destra tra i Cattolici Americani e fervente oppositore all'aborto.
  • Cardinale Francis Spellman - Il "Papa americano" era un tempo il più potente cattolico in America, un arci-conservatore e un anticomunista fanatico.
  • Cardinal Bernard Law - Uno dei conservatori di più alto rango nella Chiesa americana.
  • Alexander Haig - Segretario di Stato sotto il presidente Reagan.
  • Ammiraglio James D. Watkins - capo della linea dura delle operazioni navali sotto il presidente Reagan.
  • Jeremy Denton - Senatore (R-Al).
  • Pete Domenici - Senatore (R-New Mexico).
  • Walter J. Hickel - Governatore dell'Alaska e segretario dell'interno.

Quando questo gruppo si riunisce, ovviamente, gli argomenti sono lo spionaggio, gli affari e la politica. La CIA ha utilizzato anche altre organizzazioni religiose e caritatevoli come facciata. Ad esempio, John F. Kennedy – un altro cattolico romano anticomunista – che ampliò notevolmente le operazioni segrete – creò un Corpo di Pace degli Stati Uniti per servire come copertura degli agenti della CIA. La CIA ha fatto anche ampio uso di missionari, con la benedizione di molte confessioni cristiane anticomuniste di destra.





Note di nwo-truthresearch:



[*] - Questa è la posizione ufficiale del Vaticano, ma Phelps, in un suo articolo su Fidel Castro al servizio dei gesuiti, afferma: “Roma fece finta di opporsi al Comunismo Sovietico in modo da ingannare l'Occidente anti-comunista, mentre le agenzie di intelligence lavoravano insieme segretamente 'su entrambi i lati'.”

Inoltre lo studioso Bobby Limeta afferma: “Gli eroi del Comunismo, Marx ed Engels, che hanno scritto il Manifesto comunista, negli anni ottanta dell'800, furono effettivamente addestrati e diretti da sacerdoti gesuiti. Il Partito Comunista venne formato per distruggere il protettore dell'odiata Chiesa Ortodossa, lo Zar di Russia. Venne fatto per vendetta. Il Partito Comunista venne finanziato in segreto dagli agenti di Roma (gli Illuminati), al fine di creare un altro potere servo del Vaticano."

Dal libro Geography of Hope: Exile, The Enlightenment, Disassimilationdi Pierre Birnbaum, a pagina 50, leggiamo inoltre il seguente passo sulla giovinezza di Marx:"Come studente della scuola superiore statale a Trier fondata dai gesuiti, Karl Marx scrisse una lunga dissertazione nella quale egli proclamava la sua fede cristiana."



[**] - Bobby Limeta ci porta una diversa versione:"Papa Pio XII, dopo aver costruito la macchina da guerra nazista, vide Hitler perdere la sua battaglia contro la Russia, e subito saltò dalla parte degli Alleati vedendo che Hitler stava per perdere la guerra."



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I Cavalieri delle Tenebre: Il Sovrano Militare Ordine di Malta - Parte 2


I Funzionari Di Alto Livello Degli Stati Uniti Sono Solo Dei Vassalli Servili al Vaticano

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Qui sotto trovate un articolo del 2006 di Greg Szymanski che parla del controllo del Vaticano e dei gesuiti sui governi statunitensi di George W. Bush e Ronald Reagan, per arrivare, in seguito, fino alla vera e propria fondazione vaticana degli Stati Uniti.



Di Greg Szymanski

9 novembre 2006




George W. Bush, Skull and Bonesman Luciferino e occupante illegale della Casa Bianca, ha sempre conferito nomine a cattolici romani fedeli al Nuovo Ordine Mondiale diretto dal Vaticano e dai gesuiti. [nota di nwo-truthresearch: sulla Skull and Bones del papa e dei gesuiti si veda questo nostro post.]



Anche se gli americani sperano che le recenti elezioni di medio termine forniscano un barlume di speranza, dobbiamo capire che gli Stati Uniti sono in realtà dei vassalli servitori sotto l'immenso controllo del potere e della stregoneria vaticana.

Ad esempio, cinque degli otto giudici della Corte Suprema degli Stati Uniti sono cattolici con la loro prima fedeltà al Papa e alla sua agenda fascista, non all'America.

Oltre al corrotto potere giudiziario, gli Stati Uniti vengono utilizzati per sottomettere e distruggere il Medio Oriente per conto del Vaticano, perché molti dei principali leader militari americani sono cattolici romani con la loro prima fedeltà rivolta a Roma, non all'America.

Infatti, ognuna delle principali nomine fatta dall'occupante illegale della Casa Bianca e Bonesman Luciferino George W. Bush è stata sempre cattolica romana.

Ascoltiamo un ricercatore del Vaticano, che collega i punti tra gli Illuminati, l'amministrazione Bush e il Vaticano, che insieme cercano silenziosamente di distruggere l'America dal suo interno, con menzogne ed inganni:



"Esempi includono gli Opus Dei John Robertse Samuel Alito, nominati alla Rota Romana dell'Impero USA, la Corte Suprema degli Stati Uniti; il generale Peter Pace(Vice Presidente dei Capi di Stato Maggiore); Michael Peter Jacksonalle SS del Reich americano, il Dipartimento di Sicurezza Nazionale (in inglese è Department of Homeland Security, l'autore fa il gioco di parole Homeland-Romeland); Alberto Gonzalesnella carica di Procuratore Generale e molti, molti altri."

"L'amministrazione dell'ex Presidente Ronald Reagan, membro onorario Shriner e Cavaliere di Malta, fu la più cattolica di tutte, ma credo che l'amministrazione Bush ora detenga il record. L'ex direttore della Cia, il Cavaliere di Malta George J. Tenet, addestrato dai gesuiti alla Walsh School of Foreign Service, per il suo audace atto di tradimento, è stato premiato con una cattedra nella sua università. L'ex direttore della Cia e Bonesman Porter Gossverrà anch'egli premiato per le sue azioni segrete. Non mi stupirò se la Georgetown o la Fordham gli daranno subito una cattedra."[nota dinwo-truthresearch: Porter Goss, capo della Cia dal 24/09/2004 al 21/04/2005, non è stato addestrato dai Gesuiti, ma fa parte di altre due società segrete, la Book and Snakee la Psi Upsilon]

"Il dato che l'amministrazione Bush sia prevalentemente cattolica potrebbe essere un'indicazione del fatto che sia stato firmato segretamente un concordato con la Malvagia Sede durante una delle udienze di Bush con l'Anticristo Papale Giovanni Paolo II. Io non lo so per certo."

"Recentemente il luciferino Imperatore Bush ha detto che suo fratello Jebè diventato un Cavaliere di Colombo di Terzo Grado. [nota di nwo-truthresearch: da wikipedia: Jeb Bushè un Cavaliere di Colombo di Terzo Grado, a detta di un discorso di George W. Bush tenuto alla 122esima Convention dei Cavalieri di Colombo il 3 agosto 2004 a Dallas, in Texas. Di seguito c'è un estratto del discorso:

Sono orgoglioso di affermare che la mia famiglia abbia contribuito alle vostre file. Alcuni anni fa il governatore Jeb diventò un Cavaliere. Ed egli, sì, di recente ha preso il suo Terzo Grado....”[17]]




Anche Al Gore, il massone del 33° grado, Battista del Sud e devoto della dea pagana Gaia, è uno di loro."

[nota di nwo-truthresearch: alla pagina 1632 del libro di Phelps Vatican Assassins III ci sono due foto interessanti con relative didascalie:



#736: L'Arcivescovo di New York, il Cardinale Edward Egan, New York, 2000 – I candidati presidenziali George W. Bush e Al Gore con il proprio padrone.



#737: George W. Bush; il Cardinale Edward Egan e Al Gore, 2000.

Come avvenne nel 1963 con il Cardinale Francis Spellman che controllava entrambi i candidati alla presidenza, John F. Kennedy e Richard M. Nixon, così avviene oggi. Scattata al Waldorf-Astoria Hotel di New York durante l'annuale Cena alla Memoria di Alfred E. Smith (Cavaliere di Colombo), possiamo vedere la reverenza dei candidati del partito democratico e repubblicano verso il loro padrone politico, e il potere assoluto esercitato dall'”Arcivescovo della capitale del mondo”. Questo campione del potere temporale del papa, il Cardinale Edward Egan, fu l'agente di fiducia di Giovanni Paolo II che orchestrò gli eventi terroristici dell'11-9 utilizzando i suoi Cavalieri di Malta nel dirigere ogni dettaglio della “black operation” NSA/CIA/FBI.”]


"Non importa chi sia scelto come Arcivescovo di New York, la stessa agenda degli empi gesuiti sarà servita dal suo burattino alla Casa Bianca, che non è altro che uno schiavo dei gesuiti della Georgetown University; del loro boss locale, il Cardinale Theodore McCarrick, addestrato dai gesuiti alla Fordham e ordinato sacerdote cattolico dal Cardinale Francis Spellman nel 1958, e del loro boss politico nazionale, il Cardinale Edward Egan addestrato dai gesuiti.”

“Naturalmente non avremmo alcun problema con i cattolici impegnati nel governo, se la storia non avesse già dimostrato che le intenzioni del Vaticano e dei gesuiti sono sempre state quelle di distruggere la libertà, non di farla avanzare.“

Qui ascoltiamo ancora un ricercatore dei gesuiti e del Vaticano che collega i punti tra gli alti capi militari, i quali sono stati addestrati presso la gesuita Georgetown e sono connessi ai Cavalieri di Malta, una potente organizzazione che in America è una facciata del potere e del dominio Vaticano sulla politica estera e interna statunitense.

Secondo un discorso del febbraio 2006 del presidente della Georgetown, il Cavaliere di Malta addestrato dai gesuiti e membro del CFR John “Jack” DeGioia, il generale dell'United States Marine CorpsPeter Pace, vice Presidente dei Capi di Stato Maggiore, successore del membro del CFR Richard Meyers, è un alunno della Georgetown, essendo stato “14 anni fa un membro del Seminario di Leadership della School of Foreign Service.”

Peter Pace
Egli è anche ritornato più volte per parlare ai seminari correnti come alunno e ha lodato pubblicamente il programma per il modo in cui esso garantiva agganci e amicizie in tutto il mondo,” ed è stato premiato con la Medaglia di Presidente (gli altri destinatari di questo premio della Georgetown University includono, secondo DeGioia :'Essa è stata donata ai capi di Stato durante le loro visite ai campus, nonchéai tre ospiti di questa sera: il PresidenteAznar, il Segretario Nicholson[SMOM] nel suo precedente ruolo di Ambasciatore presso la Santa Sede, e il senatore Leahy[addestrato dai gesuiti]. Sono molto orgoglioso di aggiungere il GeneralePeter Pace, Presidente dei Capi di Stato Maggiore, a questa lista illustre. Generale Pace, per favore faccia un passo in avanti.')

“Lo SMOM DeGioia disse:
John DeGioia
'Il nostro motto qui alla Georgetown è “Utraque Unum” o “Entrambe e Una”. E' spesso usato per assicurarci di osservare i due lati delle cose, quindi esso a volte può fare riferimento all'arte e alla scienza, a volte all'anima e al corpo, a volte alla mente e allo spirito. Il motto del Corpo dei Marines è “Semper Fidelis” o “Sempre Fedele.”'

'Posso pregarvi tutti di unirvi a me in un augurio in due parti? In primo luogo al Presidente dei Capi di Stato Maggiore, il generale Peter Pace. Il suo servizio, la sua integrità e lealtà “sempre fedele” come ufficiale congiunto e Marine, come studioso e guerriero, e come ufficiale e gentiluomo, sono dappertutto fonte di ispirazione per i leader. E, in secondo luogo, alla sua splendida moglie Lynne; la sua cura e la sua assistenza verso gli altri all'USO, a favore degli Americani con Disabilità, presso gli orfanotrofi all'estero, e in così tanti altri luoghi di bisogno, mostra che i suoi valori fondamentali sono semplicemente alla pari di qualsiasi marine, e di ogni gesuita.'”

Secondo un altro recente articolo, il Generale Pace, nel suo discorso alla John Carroll Society, ha detto:

“Mi rivolgo a voi come a chi apprezza...che questo premio sia veramente in previsione di futuri comportamenti”, ha detto Pace

E, dopo aver sentito questo discorso, il ricercatore Vaticano chiese:

“Potrebbe essere che il vero significato di questa citazione sia che il futuro tradimento delle truppe USA in Medio Oriente venne anticipato dall'addestrato dai gesuiti Pace e dai suoi maestri gesuiti della Georgetown? Penso di si. Egli è stato premiato per la sua obbedienza all'Ordine e per la sua futura complicità nella distruzione delle forze armate statunitensi, la maggior parte delle quali servono inconsapevolmente il Papato.”

“Sinceramente credo che l'istruito dai gesuiti Pace, il comandante supremo della NATO James L. Jones, George Casey Jr., Donald Rumsfeld (che abbandonò la Georgetown) e il membro del CFR John Abizaid, saranno molto presto sotto il comando dei loro padroni gesuiti e del loro Council on Foreign Relations tradendo le truppe statunitensi in Medio Oriente. E' inequivocabile la connessione dei gesuiti a questa guerra di annientamento contro i popoli musulmani e, allo stesso tempo, contro i soldati americani, la maggior parte dei quali sono inconsapevoli di essere carne da cannone di una crociata papale guidata dai gesuiti. Non è una coincidenza che questi siano collegati alla Georgetown University, all'Opus Dei e al Council on Foreign Relations.”

“Ho il sospetto che Pace sia anche un membro dell'Opus Dei, dato il suo collegamento al sacerdote cattolico istruito dai gesuiti Peter Vaghi, della Chiesa di Little Flower e cappellano della John Carroll Society, della quale sono membri Peter Pace, il giudice capo della Corte Suprema John Roberts (che ha legami con la gesuita Georgetown essendo stato un professore aggiunto a Londra) e il giudice della Corte Suprema Antonin Scalia, istruito dai gesuiti e membro dell'Opus Dei.”http://www.johncarrollsociety.org/new_page_7.htm

[nota di nwo-truthresearch: il precedente link non funziona più, in compenso a questo link possiamo trovare Peter Vaghi, Peter Pace e Antonin Scalia nella pagina dedicata ai destinatari della Medaglia della John Carroll Society]



Per illustrare come il Presidente Reagan abbia venduto il suo paese ristabilendo le relazioni diplomatiche con il Vaticano, leggiamo questa parte del capitolo 1- Subliminal Rome, dal libro di Tupper SaussyRuler of Evil:



“Quando un giornalista vincitore del Premio Pulitzer annunciò, nella sua storia di copertina di Time Magazine nel 1992, che una “cospirazione” aveva legato Ronald Reagan e Papa Giovanni Paolo II in una “segreta santa alleanza” che aveva portato alla caduta del comunismo, almeno un lettore vide attraverso il filtro della campagna propagandistica.



Il Professor Carol A. Brown dell'Università del Massachusetts sparò una lettera ai redattori del Time dicendo:

'La settimana scorsa ho insegnato ai miei studenti la separazione di Stato e Chiesa. Questa settimana ho imparato che il Papa gestisce la politica estera degli Stati Uniti. Nessuna meraviglia che i nostri giovani siano così cinici di fronte agli ideali americani.'

Ciò che Brown aveva imparato da Carl Bernstein io l'avevo scoperto da me stesso nell'arco di diversi anni di indagine privata: il papato ha veramente gestito la politica estera degli Stati Uniti, e lo ha sempre fatto.


Sì, Bernstein osservò che i principali attori americani dietro al complotto Reagan/Vaticano, erano, uno per uno, dei “devoti cattolici romani” - vale a dire William Casey (Direttore della CIA), Richard Allen (Consigliere della Sicurezza Nazionale), il giudice William Clark (Consigliere della Sicurezza Nazionale), Alexander Haig (Segretario di Stato), Vernon Walters (Ambasciatore Straordinario), e William Wilson (Ambasciatore dello Stato del Vaticano).

Ma il giornalista trascurò di dire che pure l'intera Commissione per gli Affari Esteri del Senato era governata da cattolici. In particolare i senatori Joseph Biden (Sottocommissione per gli Affari Europei), Paul Sarbanes (Politica Economica Internazionale, Commercio, Oceani e Ambiente), Daniel P. Moynihan(Affari dell'Asia Meridionale e del Vicino Oriente), John Kerry (Terrorismo, Narcotici e Comunicazioni Internazionali ) e

...
Christopher Dodd (Emisfero Occidentale e Affari dei Corpi di Pace).

Bernstein fu lontano dall'indicare la lista dei leader cattolici della politica interna americana, come il leader della maggioranza al Senato George Mitchell e il Presidente della Camera Tom Foley. Infatti, quando la storia della santa alleanza raggiunse il successo, non c'era praticamente alcuna arena dell'attività legislativa federale, secondo L'Almanacco Mondiale 1992 della Politica degli Stati Uniti, che non era direttamente controllata da un senatore o un rappresentante cattolico.

I comitati e i sottocomitati del Senato degli Stati Uniti e della Camera dei Rappresentanti che disciplinano il commercio, le comunicazioni e le telecomunicazioni, l'energia, la medicina, la salute, l'istruzione e il benessere, i servizi alla persona, la tutela dei consumatori, la finanza e le istituzioni finanziarie, i trasporti, il lavoro e la disoccupazione, i materiali pericolosi, la tassazione, la regolamentazione bancaria, la moneta e la politica monetaria, la supervisione del Sistema della Federal Reserve, i prezzi delle materie prime, i servizi di affitto, l'amministrazione delle piccole imprese, gli affari urbani, gli affari europei, gli affari del Vicino Oriente e dell'Asia del Sud, il terrorismo/narcotici/comunicazioni internazionali, l'economia internazionale/commercio/oceani/politica ambientale, le assicurazioni, gli alloggi, lo sviluppo delle comunità, le garanzie sui prestiti federali, le misure economiche di stabilizzazione (compreso il controllo dei prezzi e dei salari), le transazioni in oro e metalli preziosi, l'industria agricola, animale e forestale, le questioni rurali, la nutrizione, il sostegno dei prezzi, Food for Peace, le esportazioni agricole, la conservazione del suolo, l'irrigazione, il flusso di canalizzazione, il controllo delle inondazioni, le imprese minoritarie, l'ambiente e l'inquinamento, gli stanziamenti, la difesa, le operazioni all'estero, i vaccini, l'etichettatura e il confezionamento dei farmaci, le droghe e l'alcol, l'ispezione e la certificazione del pesce e dei prodotti alimentari trasformati, l'uso di vitamine e saccarina, le proposte nazionali di assicurazione sulla malattia, i servizi alla persona, i servizi legali, le relazioni familiari, le arti e gli studi umanistici, i portatori di handicap e l'invecchiamento – in altre parole, praticamente ogni aspetto della vita secolare in America – passò sotto la presidenza di uno di questi cattolici laici:



Frank Annunzio

Joseph Biden

Silvio Conte

Kika De la Garza

John Dingell

Christopher Dodd

Vic Fazio

James Florio

Henry Gonzalez

Thomas Harkin

Edward Kennedy

John Kerry

John LaFalce

Patrick Leahy

Charles Luken

Edward Madigan

Edward Markey

Joseph McDade

Barbara Mikulski

George Miller

Daniel Moynihan

John Murtha

Mary Rose Oakar

David Obey

Claiborne Pell

Charles Rangel

Dan Rostenkowski

o Edward Roybal.



La Costituzione del Concilio Vaticano II sulla Chiesa (1964) istruisce i politici a utilizzare i loro uffici secolari per far progredire la causa del cattolicesimo romano. I laici cattolici, “chiunque essi siano, sono chiamati a spendere tutte le loro energie per la crescita della Chiesa e la sua continua santificazione”, e “per rendere la Chiesa presente e operante in quei luoghi e circostanze in cui solo attraverso di loro può diventare il sale della terra.”(IV, 33).

Il Vaticano II istruisce ulteriormente tutti i cattolici che “attraverso le loro competenze nelle discipline secolari e per mezzo delle loro attività, contribuiscano con vigore, con il loro impegno...a far sì che i beni di questo mondo possano essere distribuiti più equamente tra tutti gli uomini, e il loro modo di essere possa essere favorevole al progresso universale nella libertà umana e cristiana... e [a] porre rimedio alle usanze e alle condizioni del mondo, se queste sono un incentivo al peccato, cosicché tutte queste siano rese conformi alle norme della giustizia e possano favorire la pratica della virtù, anziché ostacolarla.”(IV, 36).

Il Vaticano II afferma che la dottrina cattolica risale al 1302, quando Papa Bonificio VIII affermò che “è assolutamente necessario, per la salvezza di ogni creatura umana, essere soggetti al Romano Pontefice.” Questa fu l'ispirazione del papato per la creazione degli Stati Uniti d'America, che si materializzarono nel 1776 attraverso un processo altrettanto segreto di quello avvenuto con la produzione Reagan-Vaticano dell'Europa dell'Est nel 1989. Cosa? Il Governo Americano era cattolico romano sin dall'inizio?

Considerate questo: la terra conosciuta oggi come il Distretto di Columbia portava il nome di “Roma” nei registri di proprietà del 1663; e il ramo del fiume Potomac che costeggiava “Roma” a sud veniva chiamato “Tevere”. Questa informazione fu riportata nell'edizione del 1902 di un articolo dell'Enciclopedia Cattolica su Daniel Carroll. L'articolo, che nell'edizione del 1902 dichiarava specificamente di essere “di interesse per i cattolici”, venne eliminato dalla Nuova Enciclopedia Cattolica (1967).
Daniel Carroll
Altri fatti vennero segnalati nel 1902 e cancellati nel 1967.

Ad esempio, quando il Congresso si riunì a Washington la prima volta, nel mese di novembre del 1800, “le uniche due case davvero confortevoli e imponenti all'interno dei limiti della città” appartenevano a cattolici romani. Una era quella del primo sindaco di Washington, Robert Brent. L'altra era quella del cognato Notley Young, un sacerdote gesuita.

Daniel Carroll era un cattolico del Maryland membro del Congresso che firmò due fondamentali documenti dell'America, gli articoli della Confederazione e la Costituzione degli Stati Uniti.

Carroll era un diretto discendente dei Calverts, una famiglia cattolica, a cui il Re Carlo I d'Inghilterra aveva concesso il Maryland come baronia feudale. Carroll ricevette la sua formazione presso il collegio dei gesuiti di St. Omer, nelle Fiandre, dove i giovani cattolici di lingua inglese venivano addestrati in una varietà di tecniche di guerriglia al fine di promuovere la causa del cattolicesimo romano tra gli ostili protestanti.

Nel 1790 il presidente George Washington, un protestante, nominò il membro del Congresso Carroll a capo di una commissione di tre uomini al fine di scegliere il terreno per la “città federale” auspicata dalla Costituzione. Tra tutti i luoghi la commissione scelse “Roma”, che all'epoca consisteva di quattro fattorie, una delle quali apparteneva a...Daniel Carroll. Fu nella fattoria di Carroll che il nuovo governo decise di erigere il suo edificio più importante, il Campidoglio.




Il Campidoglio americano abbonda di indizi della sua origine romana.

La libertà”, la dea romana la cui statua corona la cupola, fu creata a Roma presso lo studio dello scultore americano Thomas Crawford.



Nel grande affresco che copre l'interno rotondo della cupola troviamo un intero pantheon di divinità romane: Persefone, Cerere, Libertà, Vulcano, Mercurio, e finanche un George Washington divinizzato.

Queste figure sono state una creazione dell'artista Vaticano Costantino Brumidi.




Il fatto che il Parlamento nazionale si fosse evoluto come un “campidoglio”, rivela l'influenza romana. Nessun edificio può essere giustamente chiamato campidoglio a meno che non sia un tempio di Giove, il grande padre-dio di Roma, che aveva governato il cielo con i suoi fulmini e aveva nutrito la terra con le sue piogge fertilizzanti. Se era un capitolium, apparteneva a Giove e ai suoi sacerdoti.

La mascotte di Giove era l'aquila, che i padri fondatori presero pure come propria mascotte. Un'aquila romana sta sulla cima dell'idolo del governo della Camera dei Rappresentanti, una finissima bacchetta di argento-ebano di 46 pollici chiamata “mazza”.



La mazza è “il simbolo dell'autorità alla Camera”. Quando il funzionario addetto alle cerimonie la mostra ad un membro indisciplinato del Congresso, la mazza ristabilisce l'ordine. La sua posizione sul podio informa se la Camera si trova in forma di “giunta” o “seduta”.

Il motto nazionale americano, “Annuit Coeptis”, proviene da una preghiera a Giove. Esso appare nel IX libro della propaganda epica di Virgilio, l'Eneide, un poema commissionato poco prima della nascita di Cristo da Gaio Mecenate, la potenza multi miliardaria dietro Cesare Augusto. L'obiettivo del poema era quello di foggiare Roma all'interno di una monarchia imperiale, per la quale i cittadini avrebbero volentieri sacrificato la loro vita.

Il fascismo può risultare per molti una brutta parola, ma il suo stemma signorile a quanto pare non offende nessuno. Gli emblemi del fascismo, un paio di questi, dominano la parete al di sopra e dietro la cattedra dell'oratore nell'aula della Camera dei Rappresentanti.



Essi si chiamano fasci littori, e non mi viene in mente nessuna motivazione della loro presenza lì, se non per dichiarare la natura fascista della democrazia repubblicana americana. Il fascio littorio è un apparato romano. In realtà esso ebbe origine con gli antichi Etruschi, dai quali i primi romani derivarono la loro giurisprudenza religiosa quasi tremila anni fa. Esso è una testa d'ascia il cui manico è un fascio di verghe strettamente legate insieme da una rossa rifilatura. Esso simboleggia l'ordinamento delle funzioni sacerdotali in un singolo sovrano infallibile, un autocrate che potrebbe esigere la vita e le membra dei suoi sudditi. Se il fascio littorio si intreccia con l'alloro, come la coppia che si trova sulla parete della Camera, esso significa potere militare cesareo. I Romani chiamarono questo sovrano infallibile Pontifex Maximus,“Supremo Costruttore di Ponti”.

Nessun Romano venne chiamato Pontifex Maximus fino a quando il titolo venne dato a Giulio Cesare nel 48 aC.. Oggi il Pontifex Maximus è Papa Giovanni Paolo II.

Come scopriremo in un prossimo capitolo, Giovanni Paolo non possiede da solo quel titolo. Egli lo condivide con un partner misterioso, un militare, un uomo che detiene un titolo che è noto da più di quattro secoli come “Papa Nero”, Black Pope. Presenterò la prova che il fascio della Camera rappresenta il Papa Nero, il quale, in effetti, governa il mondo. In seguito svilupperò quella che diventerà sicuramente un'ipotesi controversa: che il Papa Nero governa per decreto divino, e per il bene ultimo dell'uomo.










leggi anche:
La Connessione Cia-Usa-Vaticano

L'Influenza dei Cattolici e dei Gesuiti nel 113° Congresso degli Stati Uniti







Il Presidente Abramo Lincoln Ucciso Dai Gesuiti

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Capitolo 4 del libro The Secret Terrorists

di: Bill Hughes




Nel 1856, uno schiavo fuggiasco di nome Dred Scott aveva cercato di ottenere la libertà nello stato libero del Kansas. Il caso fu così importante che andò fino alla Corte Suprema. L'infame decisione su Dred Scott fu presa dal giudice fanatico cattolico Taney, a quel tempo Presidente della Corte Suprema degli Stati Uniti. La decisione di Taney, in poche parole, era quella che il negro non aveva diritti che l'uomo bianco dovesse rispettare. Questa affermava in sostanza che l'uomo nero era inferiore al bianco e non aveva alcun diritto. Abramo Lincoln da bambino aveva assistito alla vendita di giovani uomini e donne di colore in una piccola città dell'Illinois. Mentre lui e un amico oltrepassavano un'asta di schiavi, Lincoln si rivolse al suo amico e gli disse:”Un giorno l'eliminerò completamente!”

Nel novembre del 1855, Charles Chiniquy, un prete cattolico di Kankakee, nell'Illinois, venne attaccato in una serie di casi giudiziari dal vescovo della Diocesi di Chicago. Chiniquy aveva spesso parlato sul tema della temperanza e sui mali degli alcolici. Dal momento che molti dei sacerdoti erano alcolisti, e la maggior parte degli altri erano bevitori sociali, le parole di Chiniquy sulla temperanza non furono apprezzate. Chiniquy citava spesso la Bibbia in difesa delle posizioni che teneva. Questo infiammò notevolmente contro di lui il vescovo cattolico di Chicago. Per farlo tacere, Chiniquy venne incastrato per mezzo dell'accusa di cattiva condotta morale fattagli da una parente femmina di un sacerdote.

Il caso di Charles Chiniquy venne così tanto pubblicizzato nella stampa dell'Illinois che pochissimi avvocati volevano difenderlo. Essi si resero conto che non stavano solo combattendo contro un sacerdote di Chicago, ma stavano combattendo contro la Chiesa Cattolica Romana. Charles Chiniquy apprese di Abe Lincoln, un avvocato molto retto e leale dell'Illinois. Chiniquy inviò a Lincoln un telegramma chiedendogli i suoi servizi, ed entro 20 minuti dal telegramma, Chiniquy ottenne una risposta che diceva: "Sì, io difenderò la vostra vita e il vostro onore al prossimo termine di maggio della Corte a Urbana. Firmato A. Lincoln."

Chiniquy riferisce:

Arrivò l'ora in cui lo Sceriffo di Kankakee dovette trascinarmi ancora a Urbana come un criminale e un prigioniero, e mi consegnarono nelle mani dello sceriffo di quella città. Vi giunsi il 20 ottobre con i miei avvocati, i signori Osgood e Paddock, e una dozzina di testimoni. Il signor Abraham Lincoln mi aveva preceduto solo di pochi minuti da Springfield. — Charles Chiniquy, Fifty Years in the Church of Rome, Chick Publications, p. 273

Leggiamo di quando Charles Chiniquy venne difeso da Abramo Lincoln:


Egli quindi continuò e raffigurò la carriera di Padre Chiniquy, di come egli fosse stato ingiustamente perseguitato, e in conclusione disse:"Fino a quando Dio mi darà un cuore per sentire, un cervello per pensare, o una mano per eseguire la mia volontà, io mi consacrerò contro quel potere che ha tentato di usare la macchina dei tribunali per distruggere i diritti e il carattere di un cittadino americano." E questa promessa fatta da Abramo Lincoln venne anche mantenuta nei suoi anni più maturi. - Burke McCarty, The Suppressed Truth about the Assassination of Abraham Lincoln, Arya Varta Publishing, p. 41

Lincoln si rese conto che Chiniquy era stato ingiustamente accusato. La notte prima che Chiniquy fosse condannato alla prigione per un crimine che non aveva commesso, si fece avanti un testimone oculare che aveva origliato il complotto per distruggere Chiniquy, ed egli fu salvato. Abramo Lincoln si fece un sacco di nemici come risultato del processo Chiniquy. Mentre essi lasciarono l'aula, Charles Chiniquy era in lacrime. Abramo Lincoln gli chiese:


Padre Chiniquy, perché state piangendo? "Caro Signor Lincoln," risposi, "mi permetta di dirle che la gioia che dovrei naturalmente sentire per una tale vittoria è distrutta nella mia mente dalla paura di ciò che può costarvi. In tribunale erano presenti non meno di dieci o dodici gesuiti da Chicago e St. Louis, che erano venuti per ascoltare la sentenza della mia condanna al penitenziario...In che pena è la mia anima, che proprio in questo istante disegna le mie lacrime, è che mi sembra di aver letto la vostra sentenza di morte nei loro occhi diabolici. Quante altre nobili vittime sono già cadute ai loro piedi!"— Charles Chiniquy, Fifty Years in the Church of Rome, p. 280, 281

Abramo Lincoln, nel lontano 1855 e 1856, era già un uomo forte che Roma cercava di distruggere. Quattro anni dopo, nel 1860, Abramo Lincoln fu eletto Presidente degli Stati Uniti. Mentre egli prendeva la sua strada dall'Illinois a Washington DC, dovette passare attraverso la città di Baltimora. Egli in seguito disse a Charles Chiniquy:

"Sono molto contento di incontrarvi nuovamente...si vede che i vostri amici gesuiti non mi hanno ancora ucciso, ma essi lo avrebbero sicuramente fatto al momento del mio passaggio attraverso la loro città più devota, Baltimora, se io non fossi transitato in incognito poche ore prima del momento in cui essi si aspettavano che passassi. Abbiamo le prove che la compagnia che era stata selezionata e attrezzata per uccidermi era guidata da un fanatico cattolico chiamato Byrne; essa era quasi interamente composta da cattolici; di più, c'erano due sacerdoti mascherati tra di loro, a guidarli e incoraggiarli...Ho visto il signor Morse, l'inventore della telegrafia elettrica; egli mi ha detto che quando era a Roma, non molto tempo fa, aveva scoperto le prove della cospirazione più formidabile contro questo paese e tutte le sue istituzioni. E' certo evidente che è in gran parte per via degli intrighi e degli emissari papali che noi abbiamo l'orribile guerra civile, che minaccia di coprire il paese di sangue e rovine.

Mi dispiace che il professor Morse abbia dovuto lasciare Roma prima che potesse sapere di più sui piani segreti dei gesuiti contro la libertà e l'esistenza stessa di questo paese." — Ibid. p. 292.


"A Baltimora erano stati assunti venti uomini per assassinare il Presidente eletto nel suo viaggio verso Washington. Il leader di questa banda era un profugo italiano, un barbiere ben conosciuto a Baltimora. Il loro piano era il seguente: nel momento in cui il signor Lincoln fosse arrivato in città, gli assassini, che sarebbero stati mescolati alla folla, avrebbero fatto in modo di avvicinarsi il più possibile alla sua persona, e gli avrebbero sparato con le loro pistole. Se egli fosse restato in carrozza, erano state preparate delle bombe a mano, riempite con polvere detonante, come quelle che Orsini utilizzò nel tentativo di assassinare Luigi Napoleone. Queste sarebbero state gettate nella carrozza, e per rendere il lavoro di morte doppiamente sicuro, le pistole avrebbero dovuto far fuoco nel veicolo nello stesso istante. Gli assassini avevano una nave in porto pronta a riceverli. Da qui sarebbero stati trasportati a Mobile, nello stato scisso dell'Alabama." —John Smith Dye, The Adder’s Den, p. 113.

"Un barbiere italiano ben conosciuto a Baltimora, un cattolico romano, avrebbe dovuto pugnalarlo mentre egli era seduto nella sua carrozza, quando fosse partito dal deposito." — Burke McCarty, The Suppressed Truth About the Assassination of Abraham Lincoln, Arya Varta Publishing, p. 66.



Dal momento in cui i gesuiti cercarono di togliere la vita a Lincoln prima che raggiungesse la Casa Bianca, fortunatamente questa prima congiura per ucciderlo fallì! Durante la marcia su un treno John Wilkes Booth perse una lettera scritta per lui da Charles Selby. Poco dopo la lettera fu trovata e

spedita al Presidente Lincoln, che, dopo averla letta, scrisse la parola "Assassinio" su di essa, e la depositò nel suo ufficio dove venne trovata dopo la sua morte, e fu posta come elemento di prova in un'esposizione al tribunale - Ibid. p. 131.

Qui c'è un estratto della lettera:

"Abe deve morire, e adesso. Potete scegliere le vostre armi, la coppa, il coltello, il proiettile. La coppa ci ha fatto fallire una volta e potrebbe nuovamente...Sapete dove trovare i vostri amici. I vostri travestimenti sono così perfetti e completi...colpite per la vostra casa; colpite per il vostro paese; aspettate il vostro momento, ma colpite sicuro." - Ibid. p. 132. (enfasi aggiunta).

Questa lettera venne utilizzata per contribuire a condannare la Signora Mary E. Surratt ed alcuni degli altri cospiratori nel processo sull'assassinio di Lincoln.

Loro volevano pugnalarlo. Se ciò non gli fosse riuscito, gli avrebbero sparato e lo avrebbero fatto saltare in aria. Quelli fallirono e quindi cercarono di avvelenarlo. "Loro" erano gli emissari del Papa, i gesuiti. John Smith Dye, che fu un testimone di questi eventi, ci dice:

"Fu un giorno buio nella storia del nostro paese, in cui una guardia armata dovette circondare l'hotel (Willard), dove il magistrato principale aveva preso alloggio temporaneo per evitare il suo assassinio. E il giorno (4 marzo 1861) del suo insediamento, venne scortato fino alla Pennsylvania Avenue in una piazza vuota di cavalleria, e la massima vigilanza era esercitata dal Generale Scott per impedire che fosse assassinato pubblicamente sulla strada per il Campidoglio, luogo dove avrebbe dovuto rilasciare il suo discorso inaugurale dal portico est. Furono tempi terribili... "— John Smith Dye, The Adder’s Den, p. 135.

Quando ricordate il Concilio di Vienna, Metternicht, il Papa e i piani dell'Ordine per distruggere questo paese, per distruggere la sua libertà, per distruggere il protestantesimo e per uccidere i presidenti, cosa vi racconta, tutto questo, del male, del vizio e del carattere maligno dei gesuiti? Quando ricordate i loro attentati alla vita di Andrew Jackson, l'assassinio di William Henry Harrison, l'assassinio di Zachary Taylor, il tentato assassinio di James Buchanan, il tentato assassinio di Abramo Lincoln e, infine, il suo assassinio, cosa vi racconta, tutto ciò, della Chiesa Cattolica? Ciò vi racconta che la sua facciata di presentarsi come un chiesa è proprio questa, una facciata. Essa si nasconde dietro ad una maschera religiosa, di modo da non essere mai sospettata dei tanti abomini che perpetua continuamente in questo paese e in tutto il mondo. Che Dio ci aiuti a non avere a che fare con questa organizzazione satanica.

Abramo Lincoln dichiarò:

"Così tante congiure sono state fatte contro la mia vita, che è un vero e proprio miracolo che tutti abbiano fallito, se consideriamo che la maggior parte di loro erano nelle mani degli abili assassini cattolici, evidentemente addestrati dai gesuiti. Ma possiamo aspettarci che Dio faccia un miracolo perpetuo per salvarmi la vita? Io non credo. I gesuiti sono così esperti in quei fatti di sangue, che Enrico IV disse che era impossibile sfuggire loro, e divenne una loro vittima, anche se aveva fatto tutto ciò che poteva essere fatto per proteggere se stesso. La mia fuga dalle loro mani, atteso che la lettera del Papa a Jeff Davis abbia affinato milioni di pugnali per trafiggere il mio petto, sarebbe più che un miracolo.

Ma, proprio come il Signore non ascoltò alcuna protesta dalle labbra di Mosè quando gli disse che doveva morire, prima di attraversare il Giordano, per i peccati del suo popolo, così io spero e prego che Egli non dovrà ascoltare da me alcuna protesta quando cadrò per l'amore del mio popolo.

Prima che io debba morire per la sacra causa per la quale mi sono impegnato, gli unici due favori che ho chiesto al Signore sono, in primo luogo, di essere l'alfiere dei diritti e delle libertà del mio paese.

Il secondo favore che chiedo a Dio è che il mio caro figlio Robert, quando me ne sarò andato, sia uno di quelli che alzerà la bandiera della libertà che coprirà la mia tomba, portandola con onore e fedeltà, fino alla fine della sua vita, come fece suo padre, circondato da milioni di persone che saranno chiamate a combattere e morire con lui per la difesa e l'onore del nostro paese." - Charles Chiniquy, Fifty Years in the Church of Rome, Chick Publications, pp. 302, 303.

Abramo Lincoln capì che il suo tempo era vicino:

"Nel bel mezzo del successo senza precedenti, mentre tutte le campane del paese suonavano con gioia, una calamità cadde su di noi, la quale sommerse il paese nella costernazione e nello stupore. Venerdì sera del 14 aprile il presidente Lincoln andò al Teatro Ford, a Washington. Era seduto tranquillamente nel suo palchetto ascoltando il dramma, quando un uomo entrò dalla porta dell'entrata che conduce al palchetto, chiudendo la porta dietro di sé. Avvicinandosi al presidente egli trasse dalla tasca una piccola pistola e gli sparò alla nuca. Mentre il presidente cadeva, privo di sensi e ferito a morte, e l'urlo di sua moglie, che era seduta al suo fianco, trafiggeva ogni orecchio, l'assassino saltò dal palchetto, da un'altezza perpendicolare di nove piedi, precipitandosi sul palco, a capo scoperto, brandendo un pugnale ed esclamando ‘Sic siemper tyrannus!’ per scomparire poi dietro le quinte laterali." - Ibid. pp. 307-308.


"Il nobile Abramo, vero discendente del padre dei fedeli, onesto in ogni credenza, umile come un bambino, dal cuore tenero come una donna, che non poteva sopportare di ferire finanche i suoi nemici più avvelenati; che, nell'ora del trionfo, si rattristò per i sentimenti dei suoi avversari che dovevano essere feriti dalla loro sconfitta, con 'carità per tutti e malizia verso nessuno', dotato di buon senso, di intelligenza mai sorpassata, e con il potere dell'intelletto che gli permise di cimentarsi con i più giganteschi avversari nei dibattiti, sviluppando le sue abilità di statista, conquistando la gratitudine del suo paese e l'ammirazione del mondo, e con grazia e simpatia, attirando a sé tutti i cuori generosi, morì per il proiettile dell'assassino!

Ma chi era quell'assassino? Booth non fu altro che lo strumento dei gesuiti. Era Roma che diresse il suo braccio, dopo aver corrotto il suo cuore e dannato la sua anima." - Ibid. p. 308.


"E, dopo 20 anni di continue e difficili ricerche, io vengo oggi senza paura davanti al popolo americano, per dire e dimostrare che il presidente Abramo Lincoln è stato assassinato dai preti e dai gesuiti di Roma.

Nel libro delle testimonianze rese in procura riguardo all'assassinio di Lincoln, pubblicato da Ben Pittman, e nei due volumi del processo di John Surratt, nel 1867, abbiamo la prova legale e inconfutabile che la trama dell'assassinio di Lincoln è stata maturata, se non avviata, nella casa di Mary Surratt, 561 H. Street, Washington, DC. 
 
Mary Surratt

Le testimonianze giurate mostrano che essa era il ritrovo comune dei sacerdoti di Washington. Che cosa rivela al mondo la presenza, in quella casa, di così tanti sacerdoti? Nessun uomo di buon senso, che sa qualcosa circa i sacerdoti di Roma, potrebbe dubitare che questi fossero i consulenti, i consiglieri, l'anima stessa di quella trama infernale.

Quei sacerdoti, che erano gli amici personali e i padri confessori di Booth, di John Surratt, della Signora e della Signorina Surratt, non potevano andare lì costantemente senza sapere che cosa stesse succedendo, soprattutto quando veniamo a sapere che ognuno di quei preti era un rabbioso ribelle nel cuore. Ognuno di quei sacerdoti, sapendo che il suo papa infallibile aveva nominato Jeff Davis come il suo caro figlio, e aveva preso la Confederazione del Sud sotto la sua protezione, era destinato a credere che la cosa più sacra che un uomo potesse fare era quella di combattere per la causa del Sud distruggendo quelli che erano i suoi nemici.

Leggete la storia dell'assassinio di Coligny, Enrico III ed Enrico IV, e di Guglielmo il Taciturno per opera dei sicari dei gesuiti; confrontatela con l'assassinio di Abramo Lincoln e vi accorgerete che l'una rassomiglia all'altra come due gocce d'acqua. Capirete che provengono tutte dalla stessa fonte – Roma! "- Ibid. p. 309.


"Questo arci ribelle [Jeff Davis] poteva ottenere i soldi, ma solo i gesuiti potevano selezionare gli assassini, formarli, e mostrargli una corona di gloria in cielo, se avessero ucciso l'autore del massacro, il famoso rinnegato e apostata – il nemico del Papa e della Chiesa – Lincoln.

Difficile non vedere le lezioni date a Booth dai gesuiti, nel loro rapporto quotidiano nella casa di Mary Surratt, quando leggiamo queste righe scritte da Booth poche ore prima della sua morte:”Non riuscirò mai a pentirmi. Dio mi ha fatto lo strumento della sua punizione.” Confrontate queste parole con le dottrine e i principi insegnati nei concili, nei decreti papali e nelle leggi della Santa Inquisizione, e troverete che i sentimenti e le credenze di Booth fluivano da questi principi, come il fiume scorre dalla sua sorgente.



John Wilkes Booth



E quella pia signorina Surratt, che, il giorno seguente l'assassinio di Lincoln, disse, senza essere rimproverata, alla presenza di numerosi testimoni:”La morte di Abramo Lincoln non è altro che la morte di un qualsiasi negro dell'esercito.” Dove ottenne questa massima, se non dalla sua Chiesa? Non aveva, la Chiesa, recentemente proclamato, attraverso...il devoto cattolico Giudice Taney, nella sua decisione su Dred Scott, che i negri non hanno alcun diritto che il bianco è tenuto a rispettare? Portando il presidente al più basso livello insieme il negro, Roma stava dicendo che egli non aveva diritto neppure alla sua vita.” - Ibid. p. 310.

Subito dopo la morte di Lincoln, John Surratt, che faceva parte del complotto per l'assassinio, fuggì a Montreal. Da Montreal fu portato a Liverpool, in Inghilterra, e quindi a Roma.

John Surratt


Quando un funzionario statunitense finalmente lo raggiunse, egli venne trovato nell'esercito personale del Papa. Un cospiratore nell'assassinio di Abramo Lincoln era un membro dell'esercito personale del Papa!

“Tre o quattro ore prima che Lincoln venisse assassinato a Washington, il 14 aprile 1865, quell'assassinio non era conosciuto solamente da qualcuno, ma venne diffuso e se ne parlò nelle strade e nelle case della città sacerdotale e romana di St. Joseph, in Minnesota. Il fatto è innegabile: le testimonianze sono insindacabili, e non c'erano né una ferrovia né alcuna comunicazione telegrafica più vicina di quaranta o ottanta miglia da St. Joseph...

Mr. Linneman, che era un cattolico, ci dice che, anche se lo aveva sentito da molti nel suo negozio, e per le strade, non si ricorda il nome di uno solo che glielo disse...Ma se la memoria del signor Linneman è così carente su questo argomento, noi possiamo aiutarlo raccontandogli ciò che è stato detto con esattezza matematica...I sacerdoti di St. Joseph erano spesso in visita a Washington, e alloggiavano, probabilmente, presso la signora Surratt...Quei sacerdoti di Washington erano in comunicazione quotidiana con i loro sacerdoti co-ribelli di St. Joseph; essi erano i loro amici intimi. Non vi erano segreti tra di loro...I dettagli del delitto, come il giorno scelto per il suo compimento, erano parimenti ben noti tra i sacerdoti di St. Joseph come lo erano fra quelli di Washington...Come potevano, i sacerdoti, nascondere un evento così gioioso al loro amico del cuore, il signor Linneman? Lui era il loro uomo di fiducia. Egli era il loro procacciatore; era il loro braccio destro tra i fedeli di St. Joseph...I sacerdoti di Roma sapevano e diffusero la notizia della morte di Lincoln nella loro città cattolica di St. Joseph, in Minnesota, quattro ore prima del suo verificarsi." - Ibid. pp. 316, 317.
C'è ancora più materiale:

“Nel processo di John Surratt, un ministro francese di nome Rufus King dichiarò questo:”Io credo che lui [John Surratt] sia protetto dal clero e che l'omicidio sia il risultato di una congiura accuratamente preparata, non solo contro la vita del presidente Lincoln, ma contro l'esistenza di questa repubblica, perché siamo consapevoli del fatto che i sacerdoti e le famiglie reali sono, e sempre sono state, contrarie alla libertà.” - Burke McCarty, The Suppressed Truth About the Assassination of Abraham Lincoln, Arya Varta Publishing, p. 185.
"Per l'assassinio di Abramo Lincoln quattro persone vennero processate, condannate e giustiziate per impiccagione.I loro nomi erano Davy Harold, Lewis Payne, George Atzerodt, e Mary E. Surratt. Erano tutti cattolici. Tale informazione è nel Teatro Ford, in diverse cassette di vetro, che mostrano diverse cose su Lincoln, la guerra civile, e il suo assassinio. Mentre veniva assassinato Abramo Lincoln, venne anche fatto un tentativo per assassinare William Seward, il Segretario di Stato. Era in programma anche un attentato alla vita di Ulysses S. Grant, ma Grant avrebbe dovuto fare un viaggio di emergenza verso il New Jersey per essere al capezzale di un parente morente. Anche Andrew Johnson, il vice presidente degli Stati Uniti, doveva essere assassinato in questo stesso momento. L'uomo che doveva ucciderlo si spaventò e corse via per il paese in groppa ad un cavallo, e non eseguì la sua parte del piano.Lewis Payne, conosciuto come il ragazzo della Florida, un giovane gigante atletico, che alcuni mesi prima aveva aderito alla congiura, si presentò davanti alla residenza del Segretario di Stato William Seward.William Seward era malato da tre settimane, soffrendo a causa di una mascella fratturata, il risultato della fuga della sua squadra, e era sotto la cura costante degli infermieri.Payne suonò il campanello e gli fu risposto dal maggiordomo di colore. Egli disse a quest'ultimo che era stato mandato con una medicina che doveva portare alla stanza del malato. Il maggiordomo si rifiutò di permettergli di entrare, dicendo che aveva ricevuto l'ordine di non permettere a nessuno di raggiungere la stanza del signor Seward. L'estraneo [Lewis Payne], dopo una breve lotta, lo stramazzò a terra, e andò saltando su per le scale. Si precipitò nella camera del malato; dopo aver abbattuto ciascun figlio del segretario, saltò quindi sul malato e lo pugnalò gravemente per tre volte. Con un grande sforzo umano, quest'ultimo si dibatté fuori dal letto con il suo aggressore, che lo lasciò ammucchiato nel pavimento, sanguinante per le ferite che gli aveva inflitto. Dopo il suo assalto omicida a Seward, il furfante si precipitò giù per le scale, urlando a squarciagola:”Io sono pazzo! Io sono pazzo!”, e molto probabilmente lo era. Lui era completamente sotto il controllo delle influenze ipnotiche delle persone malvagie sotto il cui potere si era concesso di essere.” - Ibid, pp. 121, 122.


“Esso fu parte del piano che Michael O’Laughlin, uno dei cospiratori di Baltimora, doveva portare a termine per uccidere il Generale Grant quella notte. Questo non fu possibile, a causa del cambiamento di piani del generale.

Per quanto riguarda Atzerodt, si precipitò per assassinare il vice presidente Johnson, ma si spaventò e passò la giornata a cavallo all'interno del paese...fu trovato alcuni giorni dopo con i suoi parenti a valle di Washington. Egli, prima della sua esecuzione, fece una confessione scritta, confermando come dato di fatto la presenza di Surratt a Washington quel giorno fatale, sulla quale avevano giurato nove testimoni affidabili .”- Ibid p. 122.

Così noi abbiamo una cospirazione non solo per uccidere il presidente, ma per portare il governo degli Stati Uniti completamente nel caos. Non vediamo qui l'adempimento del Concilio di Vienna e di Verona al lavoro nel 1865? Non vediamo la mano dell'Ordine dei gesuiti e della Chiesa Cattolica romana per distruggere questo grande paese? Fu un periodo terribile nella storia degli Stati Uniti.

Abbiamo già visto come la Chiesa Cattolica Romana abbia piantato il seme della divisione tra le due grandi porzioni di questo paese, dividendo il Nord dal Sud sulla questione scottante della schiavitù.

“Quella divisione fu la sua occasione d'oro per schiacciare l'una contro l'altra, e regnare sopra le sanguinose rovine di entrambe, una politica privilegiata di lunga data. Essa confidava che fosse arrivato il suo trionfo supremo sopra questo continente. Essa ordinò all'imperatore di Francia di stare pronto con il suo esercito in Messico, pronto a sostenere il Sud, e disse a tutti i cattolici romani di arruolarsi sotto le bandiere della schiavitù, unendosi al partito democratico.” - Charles Chiniquy, Fifty Years in the Church of Rome, Chick Publications, p. 291.

Abramo Lincoln disse a Charles Chiniquy:
Charles Chiniquy

“Vi sarò sempre grato per le parole di avvertimento che mi avete rivolto circa i futuri rischi alla mia vita provenienti da Roma. So che no sono dei pericoli immaginari. Se stessi combattendo contro un Sud in quanto nazione protestante, non vi sarebbe alcun pericolo di assassinio. Le nazioni che hanno letto la Bibbia lottano con coraggio sul campo di battaglia, ma non assassinano i loro nemici. Il papa e i gesuiti, con la loro infernale Inquisizione, sono gli unici poteri organizzati in tutto il mondo che si avvalgono del pugnale del sicario per uccidere coloro che non riescono a convincere con le loro argomentazioni o conquistare con la spada.

Purtroppo, sento ogni giorno sempre di più, che non è solo contro gli americani del Sud che io sto combattendo, ma è maggiormente contro il papa di Roma, i suoi perfidi gesuiti e i loro ciechi schiavi assetati di sangue. Finché mireranno a conquistare il Nord, essi mi risparmieranno; ma il giorno che noi dirigeremo i loro eserciti, prenderemo le loro città e li costringeremo a sottomettersi, allora, è mia impressione che i gesuiti, che sono i principali governanti del Sud, faranno quello che hanno quasi sempre fatto in passato. Il pugnale o la pistola compiranno quello che non riusciranno a compiere le mani forti dei guerrieri.

Per quelli che non vedono, come le vedo io, le molle segrete di questo terribile dramma, questa guerra civile sembra non essere altro che un affare politico. Ma essa è più una guerra religiosa che politica. E' Roma che vuole governare e degradare il Nord, come ha governato e degradato il Sud, dal giorno della sua scoperta. Ci sono solo pochissimi leader del Sud che non sono in maggior o minor grado sotto l'influenza dei gesuiti, attraverso le loro mogli, i rapporti familiari e i loro amici. Diversi membri della famiglia di Jeff Davis appartengono alla Chiesa di Roma...

Ma è quasi sicuro che se gli americani potessero imparare quello che io so dell'odio feroce dei sacerdoti di Roma contro le nostre istituzioni, le nostre scuole, i nostri diritti più sacri e le nostre libertà così faticosamente acquisite, essi li caccerebbero via da noi a partire da domani, o gli sparerebbero per il loro tradimento.

Ma voi siete l'unico a cui ho rivelato i miei tristi segreti, perché so che li avete imparati prima di me. La storia di questi ultimi mille anni ci dice che ovunque la Chiesa non sia un pugnale che perfora il petto di una nazione libera, essa è una pietra al suo collo, che la paralizza, e le impedisce di avanzare nel mondo della civiltà, della scienza, dell'intelligenza, della felicità e della libertà.” - Ibid. pp. 294, 295.

Lincoln disse:

Questa guerra non sarebbe mai stata possibile senza la sinistra influenza dei gesuiti. Lo dobbiamo al papato se ora vediamo la nostra terra arrossata dal sangue dei suoi figli più nobili...Avrò pietà per i sacerdoti, i vescovi e i monaci di Roma negli Stati Uniti, quando la gente si renderà conto che essi sono, in gran parte, responsabili per le lacrime e il sangue versato in questa guerra." - Ibid. pp. 296,297.

"Avete perfettamente ragione quando dite che fu per distaccarsi dai cattolici romani che si iscrivevano al nostro esercito. Dalla pubblicazione di quella lettera [del Papa], un gran numero di loro disertarono le loro bandiere e si trasformarono in traditori...E' anche vero che Meade è rimasto con noi e ha vinto la sanguinosa battaglia diGettysburg. Ma come avrebbe potuto perderla, se egli fu circondato da eroi come Howard, Reynolds, Buford, Wadsworth, Cutler, Slocum, Sickles, Hancock, Barnes, ecc. Ma è evidente che, dopo la battaglia, il suo romanesimo soppiantò il suo patriottismo.

Egli lasciò fuggire l'esercito di Lee, mentre avrebbe potuto facilmente tagliare la sua ritirata costringendolo ad arrendersi, dal momento che esso perse quasi la metà dei suoi soldati negli ultimi tre giorni di carneficina.


George G. Meade



Quando Meade doveva ordinare l'inseguimento dopo la battaglia, uno sconosciuto arrivò in fretta al quartier generale, e questo sconosciuto era un gesuita travestito. Dopo tre minuti di conversazione con lui, Meade fece questi accordi riguardo all'inseguimento del nemico, che fecero sì che esso potesse scappare quasi intatto, con la perdita di sole due pistole!” - Ibid. p. 298.

Lincoln disse:

"La gente comune vede e sente le grandi e rumorose ruote delle macchine della Confederazione del Sud: le chiama coi nomi di Jeff Davis, Lee, Toombs, Beauregard, Semmes, ecc, e pensa onestamente che essi siano la forza motrice e la prima causa dei nostri problemi. Ma questo è un errore. La vera forza motrice rimane segreta dietro le spesse mura del Vaticano, i collegi e le scuole dei gesuiti, i conventi delle monache e i confessionali di Roma.” — Ibid. p. 305.

Nel compimento dei Concili di Vienna, Verona e Chieri, la Chiesa Cattolica ha diviso il Nord dal Sud attraverso il loro agente John C. Calhoun. Essa cercò di distruggere l'economia attraverso Nicholas Biddle, e in seguito usò la coppa del veleno e la pallottola del sicario per assassinare e tentare di assassinare un totale di cinque presidenti in un arco di 25 anni. Essa arrossò il suolo americano con il sangue di migliaia di giovani americani nella terribile guerra civile. Oh, quanto abbiamo potuto vedere di persona che Roma non cambia mai! Quello che essa ha fatto e sta ancora facendo oggi. Che Dio ci aiuti a comprendere il male del papato, allora e adesso.








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Operazione Odessa: la Fuga dei Nazisti con l'aiuto del Vaticano

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Qui di seguito trovate del materiale di studio riguardo all'aiuto concesso dal Vaticano ai criminali nazisti in fuga dopo la seconda guerra mondiale.






Goñi Uki Operazione Odessa

Collezione Storica
Traduzione di Sergio Minucci.
480 pagine
ISBN 881169405-1



«Un'analisi impressionante e convincente». («The Times Literary Supplement»)

«Uno straordinario esempio di giornalismo investigativo. Un importante passo avanti nella ricerca storica… Goñi rivela con precisione chirurgica le complicità del Vaticano e delle gerarchie ecclesiastiche argentine nel proteggere migliaia di fascisti croati ricercati per genocidio. Dimostra anche che le autorità svizzere hanno collaborato con un ufficio segreto aperto dagli agenti segreti di Perón a Zurigo per far fuggire i nazisti dalla Germania». («Time»)

«Una ricostruzione notevole, anche se è un boccone amaro… L'unico punto luminoso è Goñi, che ha avuto il coraggio di mettere a nudo alcune squallide verità sul suo paese. Mentre racconta uno degli episodi più criminali della storia dell'Europa (e dell'America Latina), spicca l'onestà della sua ricostruzione storica». («The Sunday Telegraph»)

«Dopo 50 anni, Goñi è riuscito a mettere a nudo inganni e connivenze, ed è riuscito a rompere quello che chiama "il muro del silenzio"». («The Sunday Times»)

Dopo la sconfitta di Hitler, numerosi gerarchi nazisti trovarono rifugio in Argentina: criminali di guerra come Eichmann, Barbie e Mengele, passati per Genova tra il 1949 e il 1951, ma anche Friedrich Rauch, l'ufficiale che aveva svuotato per conto del Fuhrer la Banca centrale tedesca. Lungo «la rotta dei topi» fuggirono anche ustascia croati, collaborazionisti belgi e filo-nazisti francesi. A organizzare la fuga era la misteriosa ed efficiente Organisation der ehemaligen SS-Angehöringen, nome in codice Odessa.


In molti hanno cercato i segreti di Odessa, ma mancavano ancora diversi tasselli importanti. Per la prima volta, dopo una serie di indagini in Sud America e utilizzando materiali inediti dei servizi segreti americani ed europei, ma anche attraverso una serie di interviste, Uki Goñi ricostruisce l'intera filiera, con una serie di rivelazioni che riguardano gli accordi tra il governo del presidente argentino Juan Carlo Perón e la chiesa cattolica argentina, le complicità delle autorità elvetiche, le basi italiane, le azioni degli agenti segreti di Himmler a Buenos Aires e in Europa, il trasferimento del tesoro di stato della Croazia (frutto della spogliazione di 600.000 ebrei e serbi) in Argentina.


Con il piglio del grande giornalista e l'attenzione dello storico, Uki Goñi porta alla luce molti segreti inconfessati e inconfessabili: il suo libro ha rotto il muro del silenzio costruito intorno a una delle pagine più oscure e controverse della storia recente.



Lo storico UKI GOÑI ricostruisce l'operazione Odessa di fuga dei gerarchi nazisti



LA FUGA DEI CRIMINALI NAZISTI VERSO L’ARGENTINA DI PERÓN: UNA METICOLOSA E DOCUMENTATA RICOSTRUZIONE DELLO STORICO UKI GOÑI
OPERAZIONE ODESSA


Lo chiamavano il «Mengele danese», Carl Vaernet era un medico delle SS che sosteneva di aver scoperto una «cura» per l’omosessualità; nel 1944 Himmler mise a disposizione delle sue folli ricerche la popolazione del «triangolo rosa», gli omosessuali internati a Buchenwald.
I malcapitati furono castrati e gli fu impiantato un «glande sessuale artificiale», un tubo metallico che rilasciava testosterone nell’inguine. Secondo i racconti dei sopravvissuti, i medici delle SS a Buchenwald raccontavano barzellette raccapriccianti su quel tipo di esperimenti. Vaernet era un pazzo sadico; inserito nella lista dei criminali di guerra, alla fine del conflitto riuscì a scappare sano e salvo in Argentina. E come lui migliaia di aguzzini nazisti tedeschi, fascisti italiani, ustascia croati, rexisti belgi, collaborazionisti francesi ecc.; tutti se la cavarono grazie a una rete di complicità mostruosamente efficiente e all’aperta connivenza del governo di Juan Domingo Perón. Un romanzo (Dossier Odessa) di Frederick Forsyth, raccontava di un gruppo di membri delle SS che dopo la sconfitta si erano raccolti in un’organizzazione segreta (Odessa, acronimo di Organisation der Hemallgen SS-Angehorigen) che aveva il duplice scopo di salvare i commilitoni dalle forche degli Alleati e creare un Quarto Reich che completasse l’opera di Hitler. Per quanto romanzesca fosse la trama «inventata» da Forsyth, il suo racconto si avvicinava in modo inquietante alla realtà. Odessa esisteva davvero. Solo era difficilissimo ricostruirne la storia: i fascicoli del suo archivio erano stati distrutti in gran parte nel 1955, nel marasma degli ultimi giorni del governo di Perón; quelli che rimasero furono definitivamente buttati via nel 1996. Ma le tracce della sua attività erano troppo evidenti per essere cancellate del tutto. Così ora, finalmente, grazie alla pazienza e all’abilità dello storico e giornalista argentino Uki Goñi (Operazione Odessa. La fuga dei gerarchi nazisti verso l’Argentina di Perón, Garzanti, pp. 480, e 24) e lunghe ricerche in Belgio, Svizzera, Londra, Stati Uniti, Argentina, disponiamo di una storia completa della più incredibile operazione di salvataggio di migliaia di criminali mai progettata e mai realizzata in tutto il Novecento. 

Uki Goñi
Diciamolo subito. Se l’Argentina di Perón era la «terra promessa», l’asilo già generosamente predisposto ancor prima che la guerra finisse, il cuore e il cervello dell’intera operazione Odessa era a Roma (dove Perón soggiornò dal 1939 al 1941), nel cuore del Vaticano. In quel turbinoso dopoguerra italiano era veramente difficile distinguere tra vincitori e vinti. Nazisti e fascisti avevano perso la guerra; eppure mai ai vinti mancò il soccorso dei vincitori, il sostegno di quelle istituzioni che sarebbero dovute nascere all’insegna dell’antifascismo e della democrazia e che invece erano ricostruite nel segno della più rigorosa continuità con i vecchi apparati del regime fascista. Fu l’anticomunismo, furono le prime avvisaglie della «guerra fredda» a spingere i vincitori a salvare i vinti. Il Vaticano fu il motore di questa scelta. Ma veramente monsignor Montini fu il protagonista di questo intervento che garantì l’incolumità a criminali come Erich Priebke, Josef Mengele, Adolf Eichmann ecc.? E veramente il Vaticano fu il crocevia di tutta una serie di iniziative che puntavano a rimettere in piedi il movimento ustascia di Ante Pavelic per organizzare una guerriglia anticomunista contro la Jugoslavia di Tito? Sì, veramente. Già nel 1947 i servizi segreti americani avevano stabilito che «una disamina dei registri di Ginevra inerenti tutti i passaporti concessi dalla Croce Rossa internazionale rivelerebbe fatti sorprendenti e incredibili». Oggi la disamina di quei registri è possibile e Goñi l’ha fatta. E le sue conclusioni sono nette: la Chiesa cattolica non fu solo un complice dell’«operazione Odessa» ma la sua protagonista indiscussa: oltre a monsignor Montini i suoi vertici furono i cardinali Eugène Tisserant e Antonio Caggiano(quest’ultimo, argentino, nel 1960 espresse pubblicamente - «bisogna perdonarlo» - il suo rincrescimento per la cattura di Eichmann da parte degli israeliani), mentre la dimensione operativa fu curata da una pattuglia di alti prelati, il futuro cardinale genovese Siri, il vescovo austriaco Alois Hudal, parroco della chiesa di Santa Maria dell’Anima in via della Pace a Roma e guida spirituale della comunità tedesca in Italia, il sacerdote croato Krunoslav Draganovic, il vescovo argentino Augustín Barrère. I documenti citati da Goñi sono molti e molto convincenti, da una lettera del 31 agosto 1946 del vescovo Hudal a Perón che chiedeva di consentire l’ingresso in Argentina a «5 mila combattenti anticomunisti» (la richiesta numericamente più imponente emersa dagli archivi) all’intervento di Montini per esprimere all’ambasciatore argentino presso la Santa Sede l’interesse di Pio XII all’emigrazione «non solo di italiani» (giugno 1946). Non si tratta di iniziative estemporanee e certamente la loro rilevanza storiografica non può esaurirsi in una lettura puramente «spionistica». Un versante della seconda guerra mondiale trascurato dagli storici è quello che vede gli Stati latini, cattolici e neutrali, europei e sudamericani, protagonisti di vicende diplomatiche segnate però da un particolare contesto culturale e ideologico: nella cattolicissima Argentina (la Vergine Maria fu nominata generale dell’esercito nel 1943, dopo il golpe dei militari) ci si cullò nell’illusione di poter formare insieme con la Spagna e il Vaticano una sorta di «triangolo della pace», per preservare «i valori spirituali della civiltà» fino a quando la guerra in Europa continuava. Un progetto più ambizioso puntava a unire, con la leadership del Vaticano, i paesi dell’Europa cattolica, Ungheria, Romania, Slovenia, Italia, Spagna, Portogallo e Francia di Vichy per integrarli nel «nuovo ordine europeo» voluto dai nazisti; in quel periodo (1942-1943), in Sud America governi filonazisti esistevano già in Argentina, Cile, Bolivia e Paraguay: il disegno era di conquistare a un’alleanza in chiave antiamericana anche il piccolo e democratico Uruguay e il grande e cattolico Brasile. Questi disegni naufragarono tutti sotto il peso delle rovinose sconfitte militari dell’Asse ma furono l’humus ideologica da cui nacque nel dopoguerra la rete di «Odessa». La centrale italiana operò soprattutto per il salvataggio degli ustascia di Ante Pavelic. Alla fine della guerra ce n’erano migliaia, sparsi nei vari campi a Jesi, Fermo, Eboli, Salerno, Trani, Barletta, Riccione, Rimini ecc. Una poderosa ricerca ora avviata dal giovane storico Costantino Di Sante sta facendo luce su una delle pagine più oscure di quel periodo. Si trattava di criminali macchiatisi di delitti che avevano suscitato orrore perfino nei loro alleati nazisti (che biasimarono «gli istinti animaleschi» dei croati): fucilazioni di massa, bastonature a morte, decapitazioni, per conseguire il risultato di uno Stato (la Croazia) razzialmente puro e cattolico al 100%. Alla fine della guerra circa 700 mila persone erano morte nei campi di sterminio ustascia a Jasenovac e altrove: le vittime appartenevano soprattutto alla popolazione serba ortodossa ma nell’elenco figuravano anche moltissimi ebrei e zingari. Il principale teorico del regime croato, Ivo Gubernina, era un sacerdote cattolico romano che coniugava le nozioni di «purificazione» religiosa e «igiene razziale» con un appello affinché la Croazia «fosse ripulita da elementi estranei».Gran parte di questi criminali si salvò passando da Roma verso l’Argentina: la via di fuga portava a San Girolamo, un monastero croato sito in via Tomacelli 132. Parlando del loro capo, Ante Pavelic, un rapporto dei servizi segreti americani concludeva: «Oggi, agli occhi del Vaticano, Pavelic è un cattolico militante, un uomo che ha sbagliato, ma che ha sbagliato lottando per il cattolicesimo. È per questo motivo che il Soggetto gode ora della protezione del Vaticano». Alla fine, tra il 1947 e il 1951, secondo i dati raccolti da Di Sante, furono 13 mila gli ustascia che riuscirono a salvarsi usando il canale italoargentino.


La Stampa, 3-11-2003







Il medico del lager di Auschwitz partì per il Sudamerica da Genova



L'Argentina apre gli archivi sulla fuga dei nazisti



La decisione di Kirchner su richiesta del Centro Wiesenthal. Trovate la scheda di Mengele e carte sui criminali ustascia

MILANO - La fuga in Sudamerica Josef Mengele comincia a prepararla nell’aprile 1948: il Terzo Reich è caduto e per il medico del campo di sterminio di Auschwitz l’Europa tornata alla democrazia non è più un luogo sicuro. Dopo i primi tempi di clandestinità, il dottore dei Lager si decide a lasciare il vecchio continente. E si procura ciò che gli serve. Un nuovo nome: diventa l’altoatesino Helmut Gregor. Un nuovo documento: carta d’identità numero 114 con il timbro del comune di Termeno, Bolzano. Un aiuto per imbarcarsi destinazione Buenos Aires: glielo darà l’ufficio di Genova della Delegazione argentina di Immigrazione in Europa. Uno dei punti d’appoggio della rete creata dal presidente Juan Domingo Perón per accogliere sulle rive del Río de la Plata migliaia di criminali di guerra.

PARTENZA DALL'ITALIA - Il 25 maggio 1949 il dottor Mengele sale a Genova sulla «North King», il 22 giugno 1949 è al sicuro, dall’altra parte dell’Oceano. Di questo arrivo oggi esiste una nuova testimonianza: una scheda di immigrazione a nome Helmut Gregor conservata negli archivi argentini e riemersa tra polvere e armadi sigillati grazie a un ordine del ministro degli Interni di Buenos Aires, Anibal Fernández. A impegnarsi per l’apertura dei registri che quasi sessant’anni fa annotarono l’ingresso di Adolf Eichmann, Klaus Barbie, Martin Bormann, Erich Priebke e altre migliaia di nazisti più o meno noti in Argentina è stato il presidente Néstor Kirchner. Una promessa fatta al Centro Simon Wiesenthal (insieme all’assicurazione che il governo si occuperà anche dell’estradizione dell’italiano Bruno Caneva, 91 anni, accusato dell’eccidio di 82 partigiani a Pedescale). Di qui, l’ordine di Fernández alla Direzione nazionale delle migrazioni (che dipende dal ministero degli Interni) e la scoperta dei nuovi documenti, con un lunghissimo elenco di nomi tedeschi, croati, austriaci, belgi, francesi e anche molti italiani.


SCOOP - Tutti nuovi tasselli da inserire in una storia che in Argentina ha in gran parte ricostruito il giornalista Uki Goñi (è stato proprio il suo La auténtica Odessa , pubblicato nel dicembre 2002, a spingere il centro Simon Wiesenthal a chiedere l’apertura degli archivi). Nel libro Goñi racconta di alcune riunioni alla Casa Rosada - in particolare ce n’è una ben documentata del dicembre ’47 - tra Perón e nazisti tedeschi, francesi e belgi per la creazione di una rete di assistenza ai criminali in fuga, con basi in sei Paesi europei tra cui l’Italia. L’organizzazione poteva contare sul sostegno di alcuni settori della Chiesa cattolica.

PERCHE' L'ARGENTINA - Ma perché questo impegno del presidente argentino? Goñi lo spiega in un’intervista al quotidiano Página 12 : «Perón faceva un favore ai nazisti che portava in Argentina. Faceva un piacere a se stesso, nell’idea che questa gente avrebbe potuto essergli utile come agenti anticomunisti. Faceva un favore agli Alleati eliminando i collaborazionisti che non potevano portare davanti alla giustizia. Infine rendeva un servizio alla Chiesa. Uno dei documenti che ho trovato mostrano che il cardinale argentino Caggiano andò in Vaticano nel ’46 offrendo a nome del governo di Buenos Aires il proprio Paese come rifugio ai criminali di guerra francesi nascosti a Roma».


LA «CIRCOLARE 11» - Al tempo stesso in Argentina continuava ad essere applicata la «Circolare 11» del ’38 - precedente all’arrivo al potere di Perón - che indicava alle ambasciate di Buenos Aires in Europa di negare i visti agli ebrei che tentavano di sfuggire alla repressione nazista. Numerose testimonianze riferiscono che i sopravvissuti che provarono a lasciare l’Europa anche dopo la caduta del regime di Hitler incontrarono molte resistenze, e furono costretti a pagare quote anche alte per rendere benevoli i funzionari dei consolati. Negli archivi della Direzione migrazioni molti documenti sono stati bruciati, anche in anni recenti. Ma ne restano molti altri di grande interesse. Página 12 ha pubblicato alcune anticipazioni. La scheda di Mengele, innanzitutto. Ma anche un voluminoso dossier che testimonia l’ingresso in Argentina di 7.250 croati, fra cui i peggiori criminali di guerra nazisti dell’epoca.


«PROFUGHI CROATI» - L’operazione di espatrio comincia con una lettera a Perón di due frati francescani che chiedono al presidente di farsi carico della sorte di 30 mila «profughi croati» in Italia e Austria, e di accoglierli come lavoratori nelle proprie terre.
Firma in calce del cardinale Copello, primate della Chiesa argentina. I documenti per arrivare in Sudamerica saranno in molti casi passaporti della Croce Rossa emessi dal Vaticano.I nomi degli aspiranti contadini sono del calibro di Ivo Heinrich, consigliere finanziario del leader ustascia Ante Pavelic; Friedrich Rauch, che portò via per ordine di Hitler l’oro della banca centrale di Berlino; e Eugen Kvaternik che riuscì a scandalizzare lo stesso Himmler proponendo ai nazisti lo sterminio di due milioni di serbi.


Alessandra Coppola

29 luglio 2003






Le complicità della chiesa genovese nella fuga dei criminali di guerra

da ADISTA, Agenzia d'informazione sul mondo cattolico e le realtà religiose


N°65 del 20 settembre 2003

Aiuto, sostegno logistico, documenti falsi. La Curia genovese, terminale periferico di un sostegno ecclesiastico che partiva direttamente da Roma, spianò ai criminali di guerra nazisti, ustascia e fascisti la strada verso la libertà. Chi avrebbe dovuto contribuire alla loro cattura, favorì invece la loro impunità: la denuncia viene dal quotidiano genovese "Il secolo XIX", che in una lunga inchiesta, partita il 31 luglio e durata più di un mese, ricostruisce l'intricata vicenda di quella che è stata definita la "ratline", la "via dei topi" organizzata in Europa nel dopoguerra per consentire la fuga, prevalentemente in Argentina ed in altri Paesi latinoamericani, di criminali di guerra ricercati.

L'antefatto

L'inchiesta del "Secolo XIX" prende avvio dalle notizie contenute nei documenti degli archivi della Direzione nazionale delle migrazioni, in Argentina, resi pubblici lo scorso luglio per decisione del presidente Néstor Kirchner. Con questa decisione, Kirchner aveva dato seguito ad un impegno preciso preso con il Centro Simon Wiesenthal, specializzato nella ricerca dei criminali di guerra, che voleva chiarezza in merito alle precise denunce delle collusioni tra governo argentino e reduci del Reich contenute in un libro, intitolato "La auténtica Odessa", pubblicato dal giornalista Uki Goñi nel dicembre 2002. Lo scrittore aveva passato un anno negli archivi dell'Hotel de Inmigrantes, un vecchio albergo che custodisce i fascicoli del Centro di Immigrazione di Buenos Aires, cercando le tracce del passaggio di alcuni immigrati "eccellenti" in Argentina nel dopoguerra. Rovistando tra centinaia di migliaia di cartoline di sbarco aveva trovato anche quelle relative a molti gerarchi nazisti, fascisti e ustascia, rintracciando i numeri dei relativi dossier custoditi nell'archivio riservato dell'hotel. Il quotidiano argentino "Página 12" nei mesi scorsi ha seguito con interesse le rivelazioni del libro di Goñi, rilanciandole e facendole divenire un caso nazionale: per tutte queste ragioni, a luglio, i dossier sono stati messi a disposizione degli studiosi, anche se, per ora, secondo quanto scrive "Panorama" del 29 agosto, sono saltati fuori solo due dei 49 fascicoli richiesti dal centro Wiesenthal, contenenti informazioni su appena 17 dei 68 criminali di guerra segnalati.



Le complicità della Chiesa nella "ratline"

In una intervista rilasciata a "Página 12" e ripresa il 29 luglio dal "Corriere della Sera", Goñi racconta i motivi che spinsero l'allora presidente argentino Juan Domingo Perón a stringere un legame coi nazisti: "Perón faceva un favore ai nazisti che portava in Argentina. Faceva un piacere a se stesso, nell'idea che questa gente avrebbe potuto essergli utile come agenti anticomunisti. Faceva un favore agli Alleati eliminando i collaborazionisti che non avrebbero potuto portare davanti alla giustizia. Infine rendeva un servizio alla Chiesa. Uno dei documenti che ho trovato mostrano che il cardinale argentino Caggiano andò in Vaticano nel '46 offrendo a nome del governo di Buenos Aires il proprio Paese come rifugio ai criminali di guerra francesi nascosti a Roma".


Insomma, Peron collaborò a creare una sorta di rete internazionale che doveva favorire l'ingresso di criminali di guerra nel proprio Paese. Con il sostegno anche di una parte delle gerarchie ecclesiastiche.
A Buenos Aires agivano i cardinali Antonio Caggiano e Santiago Copello.Dalla seconda metà del 1947 ai primi anni Cinquanta il terminale europeo della "rotta dei topi" fu a Genova in via Albaro, al numero 38 presso Villa Bombrini, ora sede del Conservatorio e all'epoca sede della Daie, Dirección Argentina de Immigración Europea. L'ufficio era retto da un ex capitano delle Ss, Carlos Fuldner, amico di Peron.


"Era l'ufficio della Daie in Genova - spiega Uki Goñi - che si occupava di far pervenire a Buenos Aires l'elenco dei criminali nazisti da mettere in salvo. A Buenos Aires la pratica veniva evasa dalla Sociedad Argentina de Recepción de Europeos fondata nel maggio del '47 da Pierre Daye, un criminale di guerra belga in stretti rapporti con Peron e con l'arcivescovado argentino. Tanto stretti che le prime riunioni della Sociedad si tennero alla Casa Rosada e che la prima sede della Sare si trovava in via Canning 1358, un vecchio palazzone di proprietà della curia di Buenos Aires".


Fuldner redigeva a via Albaro gli elenchi dei nazisti da far fuggire, li spediva in Argentina e da lì, in poche settimane, giungevano i visti di ingresso, completi delle foto dei criminali ma intestate a nomi fittizi. Da Genova, la pratica passava a Roma, dove la Sede della Croce Rossa rilasciava i passaporti relativi ai nomi falsi, rispedendoli a Genova. Fatto ciò, bastava trovare posto per i fuggitivi sulla prima nave che salpasse per l'Argentina. È ormai certo che, in quegli anni, passarono per Genova, e di lì fuggirono in Sudamerica, criminali del calibro di Klaus Barbie ("il boia di Lione"), Adolf Eichmann (il pianificatore dello sterminio degli ebrei, rapito dal Mossad nel '61 e impiccato in Israele l'anno dopo), Josef Mengele (il "dottor morte"), Erich Priebke, il dittatore croato Ante Pavelic.


Il ruolo della Curia genovese


Goñi sostiene il diretto coinvolgimento del card. Giuseppe Siri (eletto vescovo ausiliare di Genova l'11 marzo 1944, e arcivescovo della stessa città il 14 maggio 1946) nel sostegno alla rete di fuga per i criminali di guerra, tramite le due associazioni, entrambe da lui fondate, che la Curia genovese possedeva per l'assistenza dei profughi[una tesi contenuta già nelle risultanze della Ceana (Comisión para el Esclarecimiento de las Actividades del Nazismo en la Argentina, costituita da Menem nel '97) e raccontata nel libro "La via dei demoni", del giornalista di "Repubblica" Giovanni Maria Pace]. Una di queste associazioni si chiamava Auxiliumed era nata nel '31, come ente di assistenza e beneficenza.
 
Giuseppe Siri
 La seconda, chiamata "Comitato Nazionale Emigrazione in Argentina", nacque invece nel '46. Racconta Goñi nel suo libro che il nome di Siri comparirebbe negli archivi del Nara (National Archives and Records Administration) del Maryland, Stati Uniti. In una nota del Central Intelligence Group (Cig, creata da Truman nel '46 e sostituita alla fine del '47 dalla Cia), datata 21 gennaio 1947 e recuperata da Goñi nel corso delle ricerche per il suo libro, si afferma che Siri dirigeva "una organizzazione internazionale il cui scopo era favorire l'emigrazione di europei anticomunisti in Sudamerica (...). Questa classificazione di anticomunista deve estendersi a tutte le persone politicamente impegnati contro i comunisti, ovvero fascisti, ustascia, e altri gruppi simili".


Operativamente sarebbero stati tre sacerdoti ad impegnarsi in prima persona per preparare la fuga dei criminali. Uno era un prete croato, Karl Petranovic: dai primi mesi del 1946 ai primi mesi del '52 avrebbe gestito direttamente i rapporti tra Vaticano, Croce Rossa, Auxilium e Comitato nazionale emigrazione in Argentina. In Croazia era stato parroco di Ogulin e cappellano di un reggimento ustascia. Fuggito nel '45, passò prima a Trieste e poi a Milano, presso il cardinale Shuster, che lo avrebbe inviato a Genova, raccomandandolo a Siri con questo biglietto, il cui contenuto è stato rivelato il 2 agosto dal "Secolo XIX": "Eccellenza reverendissima, don Carlo ha conoscenza, in lingua e in cultura, della situazione dei rifugiati e dei profughi di guerra dell'Est e della Germania. Per questo è persona che può sostenere l'opera di carità dell'Auxilium". A Genova Petranovic, racconta "Il Secolo XIX" (4/8), "dipendeva direttamente dalla Curia genovese" e si occupava di fare "la spola tra Auxilium e Comitato nazionale per l'emigrazione in Argentina. Ha il diritto di usare la Mercedes nera, con targa diplomatica della Città del Vaticano, di Siri; viaggia spesso, di notte, tra Genova e Roma, e ritorna, sempre di notte, portando una 'valigia diplomatica'. Contiene i passaporti per una nuova vita dei nazisti in fuga" (2/8). Petranovic, che si allontanò da Genova nella primavera del '52, oggi ha 83 anni e vive in Canada, in una zona al confine con gli Stati Uniti, ospite di una comunità di suore.


A Genova operava un altro sacerdote. Era don Edoardo Dömöter, francescano di origine ungherese, divenuto, alla fine degli anni '50, parroco della chiesa di Sant'Antonio di Pegli. Secondo quanto riportato dal "Secolo", Goñi ha rintracciato negli archivi del Comitato Internazionale della Croce Rossa di Ginevra una richiesta, la numero 100940, sottoscritta e inoltrata da padre Dömöter alla sede genovese della Croce Rossa di passaporto per tale Riccardo Klement, in realtà Adolf Eichmann.
A fare da spola tra Genova e Roma, tra un ufficio aperto in Albaro dalla delegazione argentina e gli uffici romani della Croce Rossa per procurare documenti falsi, c'era, infine, don Krunoslav Stjepan Draganovic, che per Giovanni Maria Pace era un "ex colonnello ustascia" ("Repubblica", 24/2/2000), e che fu fondatore della Confraternita Croata del Collegio di San Girolamo degli Illirici


È lui che ha firmato il passaporto rilasciato dalla sede genovese della Croce Rossa il 16 marzo del 1951 intestato a Klaus Altmann, meccanico di origine tedesca in procinto di imbarcarsi sul piroscafo "Corrientes" alla volta di Buenos Aires, sotto la cui falsa identità si nascondeva Klaus Barbie. Il documento originale, racconta il 27 agosto "Il Secolo XIX", fu trovato da Uki Goñi nella sede ginevrina del comitato internazionale della Croce Rossa.
Sull'attività di Draganovic a favore dei criminali di guerra il 28/8 "Il Secolo XIX" ha pubblicato il testo di un rapporto del Foreign Office inglese nel quale si dice che il prete, definito "la mente che sta dietro l'organizzazione ustascia in Italia", interveniva "ripetutamente e vigorosamente al quartier generale della Croce Rossa Internazionale di Roma" nel tentativo "di influenzare la graduatoria di profughi croati che si stanno prendendo in considerazione per l'assistenza". "L'influenza della Confraternita di San Girolamo sui campi profughi - dice il rapporto (che cita anche Petranovic come "persona che con ogni probabilità coincide con il collaborazionista croato ricercato P. 993") - sta aumentando sempre più e pare che al dottor Draganovic siano stati accordati strumenti e mezzi di natura ufficiosa che gli consentono di recarsi di persona ai campi per consultare i vari leader ustascia".


La rete di ecclesiastici impegnati nel facilitare la fuga di nazisti e fascisti secondo le ricostruzioni fatte dal Goñi e riferite dal "Secolo XIX" facevano capo, a Roma, a mons. Alois Hudal, rettore fino al '52 del Collegio tedesco di S. Maria dell'Anima, e vescovo con manifeste simpatie naziste che da Roma inviava le richieste di visti.Racconta "Il Secolo XIX": "Nella relazione conclusiva presentata dal Ceana nel 1999 si fa riferimento in particolare a una lettera del 31 agosto 1948 in cui il vescovo Hudal spiega a Peron che i visti richiesti non sono per profughi ma 'per combattenti anticomunisti il sacrificio dei quali durante la guerra ha salvato l'Europa dalla dominazione sovietica'".


Su tutto quanto denunciato dal quotidiano genovese, ad agosto sia il vicepresidente della Camera Alfredo Biondi che il senatore diessino Aleandro Longhi hanno chiesto la creazione di una commissione parlamentare di inchiesta.






Dal sito storian.net



La fuga dei criminali nazisti e ustascia in Sudamerica fu agevolata da organizzazioni cattoliche. Con la Guerra Fredda i nemici di ieri diventavano gli alleati di oggi.



"Ratline", il patto con il demonio



di RENZO PATERNOSTER



Questa è una storia sporca con un'altrettanto sporca morale. Una storia in cui le vittime sono state uccise due volte, perdendo ancora. Mentre molti carnefici hanno vinto ancora, ottenendo la possibilità di una nuova vita. Con la scusa di combattere il comunismo molti criminali sono stati "perdonati", passando da nemici di ieri ad amici di oggi.


Un romanzo di Frederick Forsyth, Dossier Odessa, racconta di un gruppo di membri delle SS che, in previsione della sconfitta, si erano raccolti in un'organizzazione segreta chiamata O.D.E.SS.A., acronimo di Organisation der Ehemaligen SS-Angehorigen ("Organizzazione degli ex-membri delle SS").


Questo organismo aveva il triplice scopo di salvare i camerati dalle forche degli Alleati, esportare gli ingenti capitali che molti ufficiali tedeschi avevano accumulato negli anni del nazismo (soprattutto quelli proveniente dalla confisca di beni, preziosi e quant'altro ai deportati nei campi di sterminio) e creare un Quarto Reich che completasse l'opera di Hitler.
Per quanto romanzesca sia la trama inventata da Forsyth, il suo racconto però si avvicina in modo inquietante alla realtà. Infatti, già a due mesi dalla fine della guerra, furono approntati i primi piani di fuga per i dirigenti nazisti: il ministro dell'Interno del Reich e comandante delle Schutzstaffel (le famigerate SS) Heinrich Luitpold Himmler, quando vide che tutto era perduto, diede vita all'operazione Außenweg, affidandone la direzione al giovane capitano delle SS Carlos Fuldner.
Alöis Hudal
Non solo Odessa è quindi esistita davvero, ma il cuore e il cervello dell'intera operazione era a Roma nel cuore del Vaticano. Attraverso la cosiddetta "Via dei Monasteri" (detta anche ratline o Rattenlinienovvero la "via dei ratti"), la Chiesa cattolica non fu solo complice dell'operazione, ma protagonista indiscussa a vari livelli: i suoi vertici furono i cardinali Eugène Tisserant e Antonio Caggiano (francese il primo e argentino il secondo), mentre la dimensione operativa fu curata da una pattuglia di alti prelati, tra cui il futuro cardinale genovese Giuseppe Siri, il vescovo austriaco Alöis Hudal, parroco della chiesa di Santa Maria dell'Anima in via della Pace a Roma e guida spirituale della comunità tedesca in Italia, il vescovo argentino Augustín Barrère, il sacerdote croato Krunoslav Draganovic, il francescano ungherese della parrocchia di Sant'Antonio di Pegli a Genova, Edoardo Dömoter, padre Carlo Petranovic, il sacerdote pallottino Antonio Weber e molti uomini che facevano parte dell' "Entità", il servizio segreto del Vaticano. Monsignor Montini (il futuro papa Paolo VI) era a conoscenza della cosiddetta "Via dei Monasteri" (secondo alcuni storici il futuro Paolo VI fu, assieme a Tisserant e Caggiano, uno dei "progettisti" della via di fuga dei criminali nazisti).

La fuga verso "porti sicuri", non riguardò unicamente i criminali di guerra tedeschi, ma anche molti ustascia (termine che in croato significa "insorgere", "risvegliare" e che è utilizzato per designare gli appartenenti al movimento cattolico-nazionalista croato di estrema destra che si opponeva a un regno di Jugoslavia federativo) e gerarchi italiani.
Questi ultimi, come Cesare Maria De Vecchi e Luigi Federzoni, espatriarono quando ancora erano ricercati dalla giustizia, grazie ai documenti falsi e alla protezione dei salesiani.
Più eclatanti sono invece le protezioni garantite agli ustascia. Si trattava di criminali che, per conseguire il risultato di uno Stato (la Croazia) razzialmente puro e cattolico al 100%, non avevano esitato a compiere fucilazioni di massa, decapitazioni, bastonature a morte, suscitando orrore perfino negli alleati nazisti.

Alla fine della guerra circa settecentomila persone erano morte nei campi di sterminio ustascia a Jasenovac e altrove: le vittime appartenevano soprattutto alla popolazione serba ortodossa, ma nell'elenco figuravano anche moltissimi ebrei e zingari.
Il principale teorico del regime croato, Ivo Gubernina, era un sacerdote cattolico romano che predicava la "purificazione religiosa" e l'"igiene razziale" per fare della Croazia una "terra ripulita da elementi considerati estranei".


Molti ustascia, a iniziare dal dittatore fantoccio Ante Pavelic, beneficiarono dell'aiuto della Chiesa di Roma. Pavelic fu nascosto fino a maggio del 1946 nel Collegio Pio Pontificio, quindi trasferito in un edificio del complesso di Castelgandolfo, residenza estiva dei pontefici, dove quasi ogni settimana si riuniva con il cardinale Montini. Nel dicembre del 1946, il leader degli ustascia si rifugiò nel convento di San Girolamo, per poi trasferirsi a Genova. Qui, mentre si stava imbarcando per l'Argentina fu intercettato dai servizi segreti statunitensi e riuscì a nascondersi nel monastero di Santa Sabina. L'11 ottobre 1948 il criminale ustascia riuscì ad imbarcarsi per l'Argentina sulla nave Sestriere, in cabina di prima classe: aveva con se il passaporto della Croce Rossa numero 74369 a nome di Pal Aranyos, un ingegnere ungherese. Lo scortarono due agenti dell'Entità, restando con lui come guardie del corpo per ben due anni.

San Girolamo degli Illirici a Roma

Tra i più noti criminali di guerra fuggiti in Sud America attraverso la Ratline, ricordiamo anche Adolf Eichmann (l'organizzatore della soluzione finale degli ebrei), Josef Mengele (medico autore di efferati esperimenti nel campo di Auschwitz), Heinrich Müller (capo della Gestapo), Richard Glücks (ispettore dei campi di concentramento), Klaus Barbie (comandante della Gestapo a Lione), Erich Priebke (coinvolto nell'eccidio delle Fosse Ardeatine a Roma), Gerhard Bohne (responsabile del programma di eutanasia per lo sterminio degli handicappati fisici e mentali), Bilanovic Sakic (responsabile del campo di concentramento croato di Jasenovac), Franz Stangl (comandante del campo di concentramento di Treblinka), Walter Rauff (l'inventore dei camion-camera a gas), Edward Roschmann (l'ex comandante del ghetto di Riga), Josef Schwammberger (comandante altoatesino del ghetto di Przemsy), Herman von Alvensleben (responsabile in Polonia della morte di almeno ottantamila persone), Carl Vaernet (medico danese inventore, a suo dire, della "inversione della polarità ormonale", che poteva dare una soluzione al problema dell'omosessualità). A loro si aggiunsero anche criminali di guerra o collaborazionisti francesi del rango di Marcel Boucher, Fernand de Menou, Robert Pincemin ed Emile Dewoitine.
Il dottor Menghele
Molti beneficiarono dell'esilio in Sudamerica. Si trattò nella maggior parte di "manovali" dell'Olocausto e della guerra sporca di Hitler. Tutti iniziarono nella nuova patria una vita tranquilla, col beneplacito dei regimi di destra latinoamericani, soprattutto dell'esordiente regime peronista, ma anche col viatico di Washington.

Molti sono gli studi su questa vicenda, come molti sono i documenti che comprovano le solidarietà e le complicità nella fuga dei criminali di guerra. Come il rapporto finale della Comisiòn para el Esclarecimiento de las Actividades del Nazismo en la Argentina(Ceana), costituita a suo tempo presso il Ministero degli Affari Esteri dal presidente argentino Menem e di cui è stato coordinatore scientifico lo storico Ignacio Klich dell'università di Westminster in Gran Bretagna.

L'organizzazione Odessa progettò minuziosi piani di fuga, tracciando tre itinerari principali: il primo partiva da Monaco di Baviera e si collegava a Salisburgo per approdare a Madrid; gli altri due percorsi partivano da Monaco e, via Strasburgo o attraverso il Tirolo, giungevano a Genova (il terminale ove operava l'arcivescovo Giuseppe Siri), dove i gerarchi potevano imbarcarsi verso l'Egitto, il Libano, la Siria, il Sudamerica.


Le vie di fuga convergevano sempre verso Memmingen, un'antica cittadina tra la Baviera e il Württemberg, per poi dirigere su Innsbruck ed entrare in Italia attraverso il valico del Brennero. Gli spostamenti tra Germania meridionale, Austria, Tirolo e Italia settentrionale si svolgevano in grande sicurezza a tappe di circa cinquanta chilometri, a ognuna delle quali corrispondeva una "stazione" gestita da tre-cinque persone che conoscevano solo la stazione precedente e quella successiva.


Il corridoio vaticano comprendeva due vie di fuga: Svizzera-Francia-Spagna-Gibilterra-Marocco-Sudamerica; Svizzera-San Girolamo-Genova-Sudamerica. Il primo fu praticato specialmente dai nazisti e da tutti i collaborazionisti del regime di Hitler, il secondo principalmente dagli ustascia che, prima di fuggire, trovarono sicuro alloggio presso il convento di San Girolamo, un monastero croato in via Tomacelli a Roma.
Come abbiamo visto, il capitano delle SS Carlos Fuldner fu scelto dal Reichsführerdelle Schutzstaffel Himmler per coordinare la fuga dei nazisti dalla Germania. L'attività di Fuldner fu frenetica. Egli stabilì contatti a tutto campo per portare a conclusione gli ordini del suo superiore. Il primo contatto permise a Fuldner di ottenere il sostegno dell'allora ministro svizzero di giustizia, Eduard von Steiger, e del capo della polizia Heinrich Rothmund. In questo modo fu allestita alla Markgasse 49 di Berna la "filiale" svizzera di Odessa.
L'altro contatto Fuldner lo ebbe con il vescovo argentino Antonio Caggiano, che portò alla nascita della cosiddetta "Via dei Monasteri". Il capitano nazista incontrò per la prima volta l'alto prelato a Madrid, nel ristorante Horcher in via Alfonso XIII. Caggiano era accompagnato da due uomini dell'Entità (il servizio segreto vaticano), di cui solo di uno si conosce il nome, Stefan Guisan.

Nel 1946 il cardinale Caggiano si recò in Vaticano offrendo alla Segreteria di Stato, a nome del governo di Buenos Aires, la disponibilità del Paese sudamericano a ricevere ex nazisti "perseguitati" dagli Alleati.

Nel frattempo il capitano Carlos Fuldner, che aveva passaporto argentino, divenne direttore della Daie, la "Dirección Argentina de Immigración Europea", con sede a Genova in via Albaro. La Daie divenne il terminale europeo della "via dei topi".
L'ufficio genovese della Daie faceva pervenire a Buenos Aires l'elenco delle persone da ospitare. A Buenos Aires le pratiche erano sbrigate dalla "Sociedad Argentina de Recepción de Europeos" (Sare), fondata nel maggio del 1947 da Pierre Daye, un criminale di guerra belga in stretti rapporti con Peron e con l'arcivescovado argentino.


L'interessamento di Peron e della Chiesa argentina era così alto, che le primissime riunioni della Sociedad si tennero alla "Casa Rosada", mentre la prima sede della Sare si trovava in un vecchio palazzo di proprietà della curia di Buenos Aires, in via Canning.
Ottenuti da Fuldner gli elenchi dei nazisti da far fuggire, la Sare spediva a Genova i visti d'ingresso, completi delle foto dei criminali ma intestate a nomi fittizi. Da Genova, la pratica passava a Roma, dove la sede della Croce Rossa rilasciava i passaporti relativi ai nomi falsi, rispedendoli a Genova. Fatto ciò, bastava trovare posto per i fuggitivi sulla prima nave per l'America Latina.

Il cardinale Giuseppe Siri (eletto vescovo ausiliare di Genova l'11 marzo 1944, e arcivescovo della stessa città il 14 maggio 1946) fu coinvolto direttamente in questi progetti di fuga. Fu tramite due associazioni, entrambe da lui fondate, che la Curia genovese possedeva per l'assistenza ai profughi, che l'arcivescovado di Genova diede assistenza alla rete di fuga.

Il diretto coinvolgimento di monsignor Siri trova conferma non solo nelle risultanze della "Comisión para el Esclarecimiento de las Actividades del Nazismo en la Argentina", costituita dal presidente argentino Menem nel 1997, ma anche in una nota del "Counter Intelligence Corps" (servizio segreto militare statunitense), dove si afferma che Siri dirigeva "una organizzazione internazionale il cui scopo era favorire l'emigrazione di europei anticomunisti in Sudamerica [.]. Questa classificazione di anticomunista deve estendersi a tutte le persone politicamente impegnati contro i comunisti, ovvero fascisti, ustascia, e altri gruppi simili".

Le due associazioni che facevano capo all'arcivescovado di Genova erano la "Auxilium", fondata nel 1931 come ente di assistenza e beneficenza, e il "Comitato Nazionale Emigrazione in Argentina", impiantato invece nel 1946. Anche la Pontificia Commissione di Assistenza aveva un ufficio nella stazione ferroviaria della città (Porta Principe).
Un importante centro di accoglienza della struttura gestita da Siri fu la chiesa genovese di San Teodoro, ove molti fuggiaschi sostarono e ricevettero cibo, assistenza, documenti per imbarcarsi sulle navi della salvezza. Il parroco di San Teodoro, Bruno Venturelli, fu ringraziato per il suo operato da William Guyedan, ex ministro francese del governo di Vichy condannato per collaborazionismo.

Importante pedina del canale genovese per la fuga degli ustascia fu padre Karl Petranovic: dai primi mesi del 1946 fino all'inizio del 1952 avrebbe gestito direttamente i rapporti tra Vaticano, Croce Rossa, Auxilium e "Comitato Nazionale Emigrazione in Argentina". Petranovic, già cappellano ustascia, fuggì nel 1945 rifugiandosi a Milano. Da questa città passò a Genova, con tanto di "raccomandazione scritta" da parte del cardinale Shuster: "Eccellenza reverendissima - si legge nel biglietto rivelato il 2 agosto 2003 dal "Secolo XIX" - don Carlo ha conoscenza, in lingua e in cultura, della situazione dei rifugiati e dei profughi di guerra dell'Est e della Germania. Per questo è persona che può sostenere l'opera di carità dell'Auxilium". Petranovic si occupò di prelevare da Roma i passaporti per una nuova vita dei nazisti in fuga. Egli stesso, a sua volta, fuggì in Canada, a Niagara Falls, ospite di una comunità di suore. L'8 giugno 1988, padre Petranovic ottenne anche il titolo di monsignore.
A Genova operava anche un altro sacerdote: don Edoardo Dömöter, francescano di origine ungherese, divenuto, alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso, parroco della chiesa di Sant'Antonio di Pegli. Negli archivi del Comitato Internazionale della Croce Rossa di Ginevra esiste una richiesta, la numero 100940, sottoscritta e inoltrata da padre Dömöter alla sede genovese della Croce Rossa per un passaporto intestato a tale Riccardo Klement, in realtà Adolf Eichmann.
Adolf Eichmann

A tenere i collegamenti tra nazisti e Vaticano furono Fuldner e padre Krunoslav Draganovic. Quest'ultimo, oltre ad essere segretario della Confraternita romana di San Girolamo, era anche "Visitator apostolico" per l'assistenza pontificia ai croati, cioè un funzionario della segreteria di Stato del Vaticano che dipendeva direttamente da monsignor Montini. Draganovic visitava ufficialmente i campi dei prigionieri di guerra e come Visitator apostolico era riconosciuto come rappresentante della Santa Sede dalle autorità alleate.

Fuldner e Draganovic, si servirono a loro volta di Reinhard Kops, da parte tedesca, e di Gino Monti di Valsassina (nobile italiano di origine croata), da parte vaticana. Reinhard Kops usava il nome fittizio di Hans Raschenbach e un passaporto falso fornito dall'Entità vaticana.
Fu proprio don Krunoslav Stjepan Draganovic ha firmare il passaporto, rilasciato il 16 marzo del 1951 dalla sede genovese della Croce Rossa, a Klaus Altmann, meccanico d'origine tedesca in procinto di imbarcarsi sul piroscafo Corrientesalla volta di Buenos Aires; dietro questa identità si nascondeva Klaus Barbie.

Tra le altre persone "difese" da Draganovic figurano gli ex-ministri del governo ustascia Dragutin Toth, Vjekoslav Vrancic, Mile Starcevic e Stjiepo Peric, così come l'ex-capo dell'aviazione Vladimir Kren. Alcuni di loro si nascondevano all'interno dell'Istituto di San Girolamo o in Vaticano.

Il terminale austriaco di Draganovic fu padre Vilim Cecelja, già collaboratore del regime di Ante Pavelic durante la guerra e schedato dal governo di Tito come criminale di guerra numero 7103. Cecelja fu il sacerdote che officiò la cerimonia del giuramento di Pavelic, impartendo così la benedizione della Chiesa al regime fantoccio dei nazisti. Provvisto di documenti americani e della Croce Rossa, Cecelja potè svolgere il suo compito viaggiando liberamente nella zona di occupazione statunitense.


La rete di ecclesiastici impegnati nel facilitare la fuga di nazisti e fascisti faceva capo, a Roma, a monsignor Alois Hudal, rettore fino al 1952 del Pontificio Collegio di Santa Maria dell'Anima.


Nella relazione conclusiva presentata dalla Comisiòn para el Esclarecimiento de las Actividades del Nazismo en la Argentinanel 1999, le responsabilità di padre Hudal sono lampanti. In una lettera del 31 agosto 1948 il vescovo Hudal spiega a Peron che i visti richiesti non sono per profughi ma "per combattenti anticomunisti il sacrificio dei quali durante la guerra ha salvato l'Europa dalla dominazione sovietica".


A Roma il vescovo Alois Hudal si servì di monsignor Heinemann e del sacerdote Karl Bayer: il primo era incaricato di esaudire le richieste dei nazisti rifugiati a Santa Maria dell'Anima, l'altro proteggeva e assisteva i criminali nazifascisti in fuga. Quest'ultimo era stato un paracadutista dell'esercito hitleriano, poi imprigionato nel campo di Ghedi, vicino Brescia, e fatto fuggire grazie all'aiuto di Draganovic. Divenuto membro del clero cattolico, fu inserito all'interno dell'organizzazione ecclesiastica che assisteva i criminali nazifascisti in fuga, procurando loro falsi documenti, denaro, cibo, lettere, alloggi.
Karl Bayer ammise (nel libro di Gitta Sereny, In quelle tenebre, Adelphi, Milano, 2005) che papa Pio XII forniva denaro per aiutare i nazisti in fuga, "a volte col contagocce, ma comunque arrivava".

Un altro piccolo pezzo dell'ingranaggio che permise la fuga dei nazisti fu la ricca ereditiera Margherite d'Andurain, che aveva stretti contatti in Vaticano attraverso il nunzio a Parigi e con il vescovo austriaco Alois Hudal. Proprietaria di uno yatch, il Djeilan, la d'Andurain attraversava regolarmente lo stretto di Gibilterra sino a Tangeri. Il 5 novembre 1948 il suo corpo senza vita fu ritrovato nella baia di Tangeri.

Nel Catechismo della Chiesa cattolica (Parte Terza - Sezione Prima - Capitolo Primo - Articolo 8 - V. La proliferazione del peccato - 1868) si dichiara: "Il peccato è un atto personale. Inoltre, abbiamo una responsabilità nei peccati commessi dagli altri, quando 'vi cooperiamo': prendendovi parte direttamente e volontariamente; comandandoli, consigliandoli, lodandoli o approvandoli; non denunciandoli o non impedendoli, quando si è tenuti a farlo; proteggendo coloro che commettono il male".
Aiutare criminali a sottrarsi alla giustizia è dunque per la Chiesa un crimine altrettanto grave, che prevede la colpa di chi vi è coinvolto in prima persona e la responsabilità morale di chi lo approva.


L'autodifesa della Chiesa cattolica è sempre consistita nel negare di conoscere l'identità di tali criminali e di voler in ogni caso assicurare assistenza a chiunque. Ma questo, come abbiamo visto, non è proprio vero. Infatti, se non mancarono nella Chiesa "complici" solo per malinteso spirito di carità cristiana (come traspare da diari e testimonianze di alcuni rettori di conventi che, pur conoscendo le "gesta" di alcuni criminali, diedero loro ugualmente rifugio), altri furono favoreggiatori veri e propri, diventando correi per i crimini contro l'umanità.


Anche se molti uomini della Chiesa di Roma, attraverso atteggiamenti ambigui, complicità e vere e proprie attività di copertura e aiuto si sono macchiati di complicità coi nazisti, questo non vuol dire che tutta la Chiesa è criminale [ma i vertici sì, ndr]. Certamente queste complicità sono responsabilità che, oltre ad essere meritevoli della punizione divina (e su questo non ho dubbi!), conseguirebbero anche quella degli uomini. Ma quest'ultima, purtroppo, non c'è stata!



BIBLIOGRAFIA

  • Ratlines, di M. Aarons M. e J. Loftus - Newton & Compton, Roma, 1993
  • Organizzazione ODESSA, di J. Camarasa - Mursia, Milano, 1998
  • Giustizia, non vendetta, di S. Wiesenthal - Mondadori, Milano, 1989
  • La via dei demoni, di G. M. Pace - Sperling & Kupfer, Milano 2000
  • La chiesa cattolica e l'olocausto, di M. Phayer - Newton & Compton, Roma 2001
  • "Dio è con noi!", di M. A. Rivelli - Kaos, Milano, 2002
  • Una questione morale. La chiesa cattolica e l'olocausto, di D. J. Goldhagen - Mondadori, Milano, 2003
  • Operazione Odessa. La fuga dei gerarchi nazisti verso l'Argentina di Perón, di U. Goñi Uki - Garzanti, Milano, 2003
  • I nazisti che hanno vinto. Le brillanti carriere delle SS nel dopoguerra, di F. Calvi - Piemme, Casale Monferrato, 2007
  • La fuga dei nazisti. Mengele, Eichmann, Priebke, Pavelic da Genova all'impunità, di A. Casazza - Il Nuovo Melangolo, Genova, 2007
  • Oltremare sud. La fuga in sommergibile di più di 50 gerarchi nazisti, di J. Salinas J. e C. De Napoli - Tropea, Milano, 2007
  • The Vatican Files, - sito web: http://www.vaticanfiles.net/default_eng.htm



leggi anche:

Ratlines: I Criminali Nazisti Salvati dal Vaticano



Il Gotha? I Cavalieri di Malta, Il Distinto Ordine Cattolico Plurisecolare che Combina Carità e Politica di Destra

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Il seguente è uno stralcio, leggermente annotato [nella lingua originale con la sigla JP, più un nostro piccolo inserto], tratto da People of God: The Struggle for World Catholicism[Viking], di Penny Lernoux.




National Catholic Reporter

5 maggio 1989




Uno degli ordini laici più antichi del cattolicesimo, il Sovrano Militare Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme di Rodi e di Malta, conosciuto come Cavalieri di Malta o SMOM, è unico per diverse ragioni. Sebbene non abbia un territorio al di fuori della sua sede in un palazzo romano, esso gode dello status di Stato sovrano, mantenendo rapporti con 49 paesi ed emettendo propri passaporti e francobolli. I suoi 13.000 membri includono alcune delle figure più potenti del mondo, tra cui i capi di Stato.

Mentre promette fedeltà al Papa, né lui né il Gran Maestro dell'Ordine a Roma dispongono di un reale controllo sulle varie associazioni nazionali dello SMOM, diversi membri delle quali sono stati coinvolti in trame fasciste e nelle guerre della Cia sotto copertura. E mentre si dedica ad opere di carità, come il finanziamento dei lebbrosari e la donazione di contributi, per mezzo di forniture mediche, al Terzo Mondo, esso funge anche come un club di vecchi compari per l'aristocrazia europea e la destra politica negli Stati Uniti e nell'America Latina.

Lo SMOM è stato fondato nell' XI secolo per fornire assistenza medica e protezione militare per i pellegrini alla città santa di Gerusalemme. I Cavalieri parteciparono a diverse importanti crociate, ed i regali che ricevettero ben presto gli diedero il controllo su vasti possedimenti in tutta Europa.

La ricchezza dei Gran Priorati dei Cavalieri aumentò notevolmente nel XIV Secolo, quando questi assorbirono i possedimenti appartenenti ai Cavalieri Templari, che contribuirono a distruggere; e, per un certo tempo essi mantennero il controllo dell'isola di Rodi.

Costretti a lasciare Rodi dal sultano Maometto II nel XV Secolo, alla fine si stabilirono sull'isola di Malta, che diede il suo nome all'Ordine. 
 

I Cavalieri rimasero un'importante presenza militare nel Mediterraneo fino al 1789, quando Napoleone occupò Malta. Dopo un breve soggiorno in Russia, nel 1834 l'ordine stabilì la sua sede a Roma, sotto la protezione papale. Alla fine del secolo diventò un'organizzazione caritatevole dell'aristocrazia dedicata alla cura dei malati e dei feriti. Essa ha mantenuto la sua esclusività, rifiutando di accettare membri dall'Europa e dall'America Latina che non facessero parte della nobiltà o dei capi di stato. Per l'America Latina negli ultimi anni la pregiudiziale è stata attenuata, però, nei tardi anni quaranta del novecento l'ordine rifiutò di ammettere Eva Peron come Dama per via del suo background proletario.

Per gli Stati Uniti venne fatta un'eccezione a causa del suo crescente potere politico, economico e militare, e, nel 1927, venne stabilito un ramo dello SMOM sull'East Coast. La maggior parte dei membri fondatori erano magnati dell'industria e della finanza che si sarebbero fortemente opposti al New Deal di Roosevelt [uno di loro, John J. Raskob, il presidente del consiglio di amministrazione di General Motors, sarebbe anche stato coinvolto in un complotto per impadronirsi della Casa Bianca].

Ad essi si unirono presto titani del calibro di John Farrell, presidente della US Steel; Joseph P. Grace, della W.R. Grace & Co.; Joseph Kennedy, un imprenditore di Boston e padre di un futuro presidente degli Stati Uniti; e George MacDonald della Pennsylvania, che fece una fortuna nel settore del petrolio e delle utilities.

MacDonald fu il personaggio tipico di coloro che aderirono allo SMOM per il puro gusto di farlo. Come riconoscimento del generoso contributo alla Chiesa, egli fu nominato marchese papale, nonché un Gran Maestro dei Cavalieri di Malta. MacDonald amava indossare il vistoso costume dei Cavalieri, con il suo cappello di piume di struzzo, gli speroni d'oro e una divisa con le spalline dorate, le fusciacche e la medaglia con la croce maltese a otto punte dei Cavalieri.

Molti dei circa 1500 americani che successivamente aderirono al cavalierato beneficiarono anche dei rituali di induzione alla cattedrale locale e delle cerimonie in onore del patrono dell'Ordine, San Giovanni. Ma, per altri, lo SMOM era di più che una pompa magna, esso era una fonte di denaro e potere.

Tra questi ultimi ci fu il Cardinale Francis Spellman di New York, un tempo il più potente uomo della chiesa cattolica negli Stati Uniti. Egli divenne coinvolto con il ramo americano dello SMOM quasi dalla sua fondazione e, quando fu vescovo ausiliare di Boston, divenne il patrono ecclesiastico ufficiale dell'Ordine negli Stati Uniti. Dopo che divenne arcivescovo di New York nel 1939, egli cambiò il suo titolo in “Gran Protettore” [evidentemente per distinguerlo da quello del Re Leopoldo e della Regina Guglielmina, che erano semplici “protettori” dei rami belga e olandese dei Cavalieri].
Francis Spellman

Spellman godeva del sostegno dell'ala destra della curia, in particolare del Cardinale Nicola Canali, che dominava le finanze vaticane; e Canali autorizzò il suo monopolio sulle nomine dei Cavalieri negli Stati Uniti. La contropartita era quella che, invece di inviare i contributi dei Cavalieri americani alla sede dello SMOM a Roma, Spellman avrebbe incanalato il denaro nelle casse di Canali. Quando il Gran Maestro dello SMOM richiedeva una contabilizzazione a Spellman, non otteneva alcuna risposta.

Tuttavia non venne intrapresa alcuna azione contro Spellman, perché all'epoca l'ordine era in lotta per la vita contro Canali, che voleva ottenere il controllo della sua ricchezza.

I contributi finanziari di Spellman al Vaticano, la sua amicizia con Pio XII e il suo accesso ai membri dell'élite economica e politica degli Stati Uniti, diversi appartenenti ai Cavalieri, gli diedero un potere immenso, e dalla seconda guerra mondiale divenne l'intermediario del Vaticano con la Casa Bianca e il suo proconsole in America Latina.



[Il Cardinale Spellman fece più di qualsiasi altra persona per ottenere che gli Stati Uniti supportassero la classe dirigente cattolica del Vietnam...JP]



Quando Spruille Braden, ambasciatore statunitense in Colombia durante i primi anni quaranta del novecento, si lamentò per il tono antiamericano di una lettera pastorale emessa dall'Arcivescovo colombiano Ismael Perdomo, Spellman inviò un personale emissario a Bogotà a dare una lezione a Perdomo sulla necessità di una cooperazione nello sforzo bellico. In questa riunione, che si svolse alla presenza di Braden, all'arcivescovo venne spiegato di mostrare a Braden tutto quello che scriveva sugli Stati Uniti prima di distribuirlo. Braden rimase colpito. “Fu un bel teatrino”, egli disse.

Spellman svolse anche un ruolo importante come emissario tra la Casa Bianca e Roma, per esempio, nel trasmettere la preoccupazione del papa circa i bombardamenti dell'Italia da parte degli Alleati. Egli incoraggiò la cooperazione del Vaticano con l'Office of Strategic Services (OSS), l'antesignano della Cia durante la guerra, che era presieduta dal suo vecchio amico Generale William (“Wild Bill”) Donovan.

[Il primo capo della Cia sotto Ronald Reagan, William Casey, approvvigionatore dei Contras del Cardinale Bravo, lavorò per l'OSS/Donovan ....... JP ]

Gran parte dell'aristocrazia europea che diede la sua adesione allo SMOM era alleata con i gruppi falangisti in Spagna, i cattolici integralisti francesi di Vichy, i fascisti italiani e i supporter di Hitler austriaci-tedeschi.

Mentre essa si opponeva al tentativo di Hitler di creare un sistema nordico di credenza in concorrenza con gli insegnamenti della Chiesa cattolica, diversi concordavano con i nazisti sulla “questione ebraica”.

Ad esempio, Franz von Papen, un aristocratico Cattolico [romano] della nobiltà della Westfalia e Cavaliere di Gran Croce Magistrale, spianò la strada per l'assunzione del potere da parte di Hitler, dopo che von Papen divenne cancelliere con il supporto dei nazisti.

[Tutti o quasi i primi nazisti di alto livello erano cattolici romani, come lo erano i capi di stato alleati con Hitler, come Franco e Pétain ... JP].

Durante la guerra la posizione del Vaticano fu ambivalente, non perchè Pio XII approvasse il nazismo, al contrario, lo aborriva, ma perchè temeva il comunismo più del fascismo e aveva paura di rischiare la perdita di potere della Chiesa nel mantenere una posizione intransigente contro gli auto dichiarati padroni dell'Europa. Oppure, come esposto dal British Foreign Office, "per ragioni mondane piuttosto che spirituali, egli permise a se stesso, come altri, di lasciarsi intimorire".



Anche se il Vaticano intraprese molte iniziative private [di mera immagine, ndt] per aiutare gli ebrei ed altri rifugiati, Pio rimase in silenzio per gran parte della guerra. Egli si rifiutò di condannare l'invasione tedesca della Polonia, nella convinzione che i polacchi avessero torto e, nonostante le ripetute suppliche da parte del governo polacco in esilio, non riuscì a condannare il genocidio nazista.

“Non possiamo dimenticare che ci sono 40 milioni di cattolici nel Reich,” disse al momento dell'invasione della Polonia. “Quanti risulterebbero esposti dopo un tale atto della Santa Sede?”



Quando parlò apertamente, come nel suo messaggio di Natale del 1942, della morte di “centinaia di migliaia di persone...semplicemente a causa della loro razza e della loro discendenza”, l'appello si perse a causa dell'opacità della lingua Vaticanese.



[nota di nwo-truthresearch: quelle di Pio XII erano per lo più operazioni di immagine per comprarsi il giudizio futuro della storia: sappiamo benissimo che PioXII sostenne il nazismo sia prima che dopo (con le ratlines) queste magre parole e interventi. Se Pio XII e la sua Chiesa satanica non avessero contribuito in modo decisivo all'ascesa dei nazisti al potere, questo regime totalitario non avrebbe certo avuto la possibilità di uccidere alcun ebreo, ed egli, quindi, non avrebbe certo avuto bisogno di salvarne alcuno. Si veda: 123456 7.]




Il Cavaliere di Malta Franz von Papen (il primo a sinistra) e il Segretario di Stato S.E. Eugenio Pacelli (al centro), firmano il Concordato tra Santa Sede e Reich tedesco



Allo stesso modo il Vaticano non disse nulla circa il massacro di centinaia di migliaia di serbi appartenenti alla Chiesa serba-ortodossa, durante la dittatura fantoccio cattolica della Croazia, apparentemente perché il suo leader Ante Pavelic e i suoi teppisti ustascia avevano il sostegno del clero cattolico locale. La sola voce cattolica importante che parlò contro la strage fu quella del cardinale francese Eugène Tisserant, che affermò che erano state uccise almeno 350.000 persone dalle forze di Pavelic. La Santa Sede, disse Tisserant, si è accomodata “per il proprio esclusivo vantaggio, e poco altro.”
Ante Pavelic
Si sarebbe potuto dire più o meno lo stesso di diversi membri americani dei Cavalieri di Malta. W.R. Grace & Co. fu nella "Watch list"governativa delle aziende note o sospettate di fare affari col nemico durante la seconda guerra mondiale. Documenti del Dipartimento di Stato hanno mostrato che diversi membri del personale di Grace in America Latina erano tenuti sotto sorveglianza a causa dei loro legami con agenti nazisti, in particolare quelli nelle compagnie marittime e nella compagnia aerea del Panama, che Grace possedeva congiuntamente alla Pan American Airways.(J. Peter Grace, che rilevò la società alla fine della guerra e divenne leader dei Cavalieri americani dello SMOM, in seguito ingaggiò un chimico criminale di guerra nazista, aiutandolo ad entrare negli Stati Uniti nell'ambito del programma di reclutamento degli scienziati nazisti da parte del governo statunitense, conosciuto come “Progetto Paperclip”.) Joseph Kennedy, un altro importante cavaliere americano, fu costretto nel 1940 a lasciare il suo posto di ambasciatore degli Stati Uniti a Londra a causa della sua posizione non interventista.

Dopo la guerra, il Vaticano, l'OSS, le SS (Schutzstaffel, le guardie d'elite dell'intelligence nazista) e le varie branche dello SMOM si unirono per combattere il comune nemico sovietico e per aiutare i criminali di guerra nazisti in fuga. Nel 1945, quando non si poteva più dubitare dell'esito della guerra, l'OSS avvicinò Reinhard Gehlen, che era a capo dei servizi segreti di Hitler sul fronte orientale. L'obiettivo era quello di rinnovare l'Organizzazione Gehlen in un'operazione controllata dall'OSS. Il piano fu un tale successo che “Gehlen Org” venne trasformata in un'agenzia d'intelligence postbellica della Germania Occidentale, la BND, con l'aiuto e il denaro dell'erede dell'OSS, la Cia.

Parallelamente il piano OSS-Gehlen fu il “Progetto Paperclip”, che esportò clandestinamente più di 900 scienziati tedeschi negli Stati Uniti. Il fratello di Gehlen fu il segretario di uno dei principali funzionari della Sede dello SMOM a Roma e i Cavalieri furono attivi come tramite. Il Barone Luigi Parrilli, un aristocratico italiano che fu anche Cavaliere di Malta, ciambellano papale e simpatizzante fascista, partecipò ai negoziati tra i leader delle SS e il futuro direttore della Cia, Allen Dulles.

[Allen Dulles è noto adesso come una creatura dei gesuiti...JP]

Nel frattempo James Jesus Angleton, che in seguito sarebbe diventato il controverso direttore del controspionaggio della Cia, fu inviato dall'ammiraglio Ellery Stone, proconsole statunitense nell'Italia occupata, a salvare il principe Valerio Borghese dal possibile arresto da parte della resistenza italiana, che lo aveva condannato a morte per crimini di guerra.

Valerio Borghese

Borghese, che sopravvisse per essere in seguito un leader nella politica fascista del dopoguerra in Italia, era un Balì di Gran Croco di Onore e Devozione dello SMOM e, in segno di gratitudine ai servizi statunitensi verso di lui e ad altri Cavalieri, lo SMOM diede a Stone, ad Angleton e al vice di Angleton i loro riconoscimenti di Gran Croce. Altri destinatari dell'ambito premio furono Reinhard Gehlen e l'inviato vaticano di Truman, Myron C. Taylor.


"Wild Bill" Donovan

[Anche “Wild Bill” Donovan, il capo dell'OSS in tempo di guerra, un vecchio amico del cardinale Spellman, fu premiato dal papato:”Il Generale William "Wild Bill" Donovan è stato decorato nel 1944 da Papa Pio XII con la Gran Croce dell'Ordine di San Silvestro, il più antico e prestigioso ordine cavalleresco pontificio. Questo premio è stato dato solo ad un centinaio di altri uomini nella storia, che “con prodezze d'armi o di scrittura o azioni notevoli hanno diffuso la fede e hanno salvaguardato la Chiesa [Cattolica Romana]”...JP]

Lo SMOM distribuiva più di semplici medaglie. Uno dei suoi direttori organizzò la stampa di 2000 passaporti SMOM per i rifugiati politici, molti dei quali nazisti. Un ramo dei Cavalieri nel sud della Germania gestiva un campo profughi di grandi dimensioni, e venne riferito che il leader dei Cavalieri di Malta Bavaresi organizzava viaggi “per un numero non piccolo di ex nazisti.” Che il Vaticano, l'OSS e il Counter Intelligence Corps dell'esercito americano (CIC) siano stati parte di tali accordi è dimostrato dai file del Dipartimento di Giustizia che vennero scoperti dagli investigatori negli anni '80.

I monasteri e i conventi cattolici furono utilizzati come case-rifugio per i criminali di guerra nel loro cammino verso l'America Latina. Talvolta il CIC forniva documenti falsi, mentre le organizzazioni della Chiesa fornivano i mezzi per scappare; un caso famoso fu il volo per la Bolivia di Klaus Barbie, il “macellaio di Lione.”

Un contatto chiave in questo binario sotterraneo, conosciuto come la “Via dei Ratti”, era il sacerdote croato Krunoslav Draganovic, che era stato il consigliere di Ante Pavelic e un membro dei suoi terroristi ustascia; e colui che gestiva il Comitato Croato per l'Assistenza Pontificia, un'agenzia di aiuti e di reinserimento della Santa Sede.

Draganovic fece passare fino a 30000 croati, tra cui la maggior parte del governo di Pavelic e lo stesso Pavelic, che scappò in Argentina. Il sacerdote aiutò anche le SS a scappare, secondo quanto riferito da Barbie, il quale disse che Draganovic descriveva il suo lavoro come “puramente umanitario.”

[vedere BLOWBACKdi Christopher Simpson, pubblicato da Weidendfeld & Nicolson 1988 .... JP ]

I rapporti del CIC a Washington fornivano descrizioni dettagliate del soggiorno di Pavelic a Roma, sotto la protezione della Chiesa “travestito da prete all'interno della Città del Vaticano”, e predissero la sua fuga in Argentina, all'epoca governata dal dittatore Juan Peron, un Balì di Gran Croce di Onore e Devozione dei Cavalieri di Malta.

Essi riferivano inoltre i contatti di Pavelic con Monsignor Giovanni Battista Montini, Sottosegretario di Stato Vaticano e futuro papa Paolo VI.
Paolo VI
Montini, un caro amico dello SMOM e il principale contatto dell'OSS in Vaticano durante la guerra, supervisionò l'ufficio vaticano che rilasciava i documenti di viaggio dei rifugiati.

I rapporti del CIC e altra documentazione mostrano che egli era al corrente delle attività del Comitato Croato per l'Assistenza Pontificia.

Egli a quanto pare condivideva la posizione di Pio XII che Pavelic e le sue truppe ustascia avrebbero potuto rovesciare il governo del maresciallo Tito e ristabilire un stato cattolico in Jugoslavia.

[la creazione di un puro “stato cattolico in Jugoslavia” fu ritardata di 45 anni; in seguito, con l'America che aveva preso il posto della Germania nazista, il desiderio di “Sua Santità” Pio XII, di Ante Pavelic e degli USTASCIAvenne soddisfatto...JP]

Ivo Omrcanin, un caro amico di Draganovic che lavorava in Vaticano quando il sacerdote stava facendo fuggire i croati all'estero, disse che “il papa non avrebbe mai considerato criminali di guerra coloro che stavano combattendo contro il comunismo.”

[tutti i nazisti e gli ustascia furono considerati combattenti anti-comunisti...JP]

Il rapporto tra Vaticano, SMOM e OSS/CIA fu importante anche per le cruciali elezioni italiane del 1948. Il Barone Parrilli serviva ancora come uomo da tramite, questa volta con la Cia, nella pianificazione della strategia vaticana per impedire una vittoria comunista, attraverso il sostegno della Democrazia Cristiana. Una figura chiave nel piano era Luigi Gedda, un medico di Torino, Cavaliere di Malta e cattolico integralista, che voleva riportare l'Europa ad un'epoca prima del protestantesimo e della Rivoluzione francese.
Luigi Gedda

In Italia Gedda era il capo di Azione Cattolica, un movimento militante laico di giovani che prestavano servizio come truppe d'assalto papali. C.L. Sulzberger, del New York Times, ha riferito da Roma che l'Azione Cattolica è "armata, attiva e tenace." Gedda organizzò una rete di 18.000 "comitati civici" per conquistare il voto.

James Angleton, a quel tempo la connessione vaticana alla Cia, raccomandò fortemente il finanziamento da parte della Cia della macchina politica di Gedda. Come risulta dalle audizioni della Camera dei Rappresentanti, tra il 1946 e il 1972 la Cia pompò 65 milioni di dollari nei movimenti italiani centristi e di destra.

Altri importanti giocatori furono Montini e Spellman; quest'ultimo convogliò enormi quantità di denaro newyorchese nelle attività clandestine della chiesa in Italia. Spellman incoraggiò un campagna di lettere scritte in cui gli italo americani esortavano i loro parenti a votare contro i comunisti italiani; a questa campagna si unirono americani famosi come Frank Sinatra, Bing Crosby e Gary Cooper in un bliz radiofonico in Italia in tempo di elezioni.

Nel frattempo, le truppe papali di Azione Cattolica si preparavano per la battaglia con Jeep, pistole ed altre forniture statunitensi.

La Democrazia Cristiana vinse le elezioni e Washington, sotto la pressione di Spellman, accettò di rimborsare le spese elettorali del Vaticano attraverso il mercato nero valutario.

Nei decenni successivi i Cavalieri di Malta di alto rango furono coinvolti nella politica italiana, e in due occasioni, nel 1964 e nel 1970, tentarono senza successo dei colpi di stato di destra. Il secondo tentativo venne condotto dal Principe Borghese di Angleton e dal protegé neonazista del principe, Stefano delle Chiaie, uno dei terroristi più pericolosi del periodo. Borghese e delle Chiaie erano connessi alla famigerata loggia massonica P2, un'organizzazione che aveva legami con la mafia e il Vaticano, che tramò per conquistare lo Stato italianoe che fu responsabile di una serie di atti terroristici.






nota finale biografica su Penny Lernoux:



La biografia della Lernoux pone dei sospetti sulla sua morte, avvenuta appena dopo la pubblicazione del libro da cui avete letto l'estratto; da wikipedia leggiamo:



“Appena dopo la pubblicazione di People of God, la Lernoux lasciò Bogotà per lavorare ad un quarto libro. Questo si sarebbe focalizzato sulle suore di Maryknoll. Nello stesso anno le fu diagnosticato un cancro terminale ai polmoni. La Lernoux morì il 9 ottobre 1989, a 49 anni, un mese dopo essere stata ricoverata in ospedale, lasciando il marito Denis Nahum (poi ucciso in un incidente stradale) e la loro figlia Angela.”

Questa storia ci ricorda molto da vicino quella di Alberto Rivera, l'ex gesuita morto di cancro al colon dopo che aveva deciso di denunciare i crimini dell'ordine a cui era appartenuto.

La Lernoux era una giornalista americana nata in una famiglia cattolica.

Si iscrisse all'University of Southern California nei tardi anni '50 e, dopo essera stata nominata Phi Beta Kappa, si qualificò come giornalista della United States Information Agency (USIA), un braccio del governo dedicato alla promozione della politica degli Stati Uniti all'estero. La Lernoux iniziò a lavorare in America Latina nel 1961, poco prima del Concilio Vaticano II. Lavorò a Rio de Janeiro e a Bogotà per la USIA fino al 1964 e poi si trasferì a Caracas per scrivere per Copley News Service, a cui rimase legata per contratto fino al 1967.

A questo punto nella Lernoux crebbe la consapevolezza dei contrasti estremi tra la ricchezza di politici, imprenditori e proprietari terrieri dell'America Latina, da un lato, e la povertà delle masse della regione, dall'altro. Ella adottò una visione radicale di Gesù Cristo e cercò di mettere i suoi insegnamenti in relazione alle lotte dell'America Latina contro lo sfruttamento economico e la dittatura militare."

Nella biografia di wikipedia veniamo a sapere che ella non abbandonò la Chiesa Romana, come fece Rivera, ma aderì a forme di cattolicesimo che pensava fossero migliori di altre, come la teologia della liberazione (una teologia controllata comunque dai gesuiti). Nonostante la sua scelta di non abbandonare cattolicesimo, la Lernoux ci sembra sia stata una giornalista onesta nella sua denuncia della corruzione della Chiesa, ed è forse per questo che la fecero sparire subitaneamente dopo la pubblicazione di People of God. Da wikipedia leggiamo inoltre che:

"Nei primi anni '80 la Lernoux ampliò i suoi orizzonti per concentrarsi sulla corruzione bancaria internazinale. L'argomento fu il tema di articoli come "The Miami Connection" (The Nation, February 18, 1984). Il suo secondo libro, dal titolo In Banks We Trust: Bankers and Their Close Associates: The CIA, the Mafia, Drug Traders, Dictators, Politicians and the Vatican, fu anch'esso pubblicato nel 1984. Il libro esponeva i legami delle banche internazionali con i governi, la Chiesa Cattolica e la criminalità organizzata, e di come la loro corruzione alimentò la crisi debitoria del terzo mondo. Il libro ottenne meno consensi rispetto a Cry of the People.

Per il resto della sua vita la Lernoux si concentrò in gran parte sulla repressione del dissenso portata avanti da Giovanni Paolo II e dal cardinale Joseph Ratzinger (Benedetto XVI). Questo fu il tema del suo terzo libro, People of God :The Struggle for World Catholicism,pubblicato nel 1989, dopo anni di ricerca in America Latina e negli Stati Uniti. A differenza della maggior parte dei critici di Giovanni Paolo II, la Lernoux descrisse il tentativo del papa di fortificare un modello autoritario della chiesa come il tentativo di ripristinare un Cattolicesimo Romano preconciliare (pre Vaticano II). Il libro documenta l'espulsione dalla chiesa di studiosi che si interrogavano sul pontificato di Giovanni Paolo II. Esso disseziona anche i vari gruppi che lottano per il controllo della Chiesa, ed esamina la popolarità di Opus Dei, Comunione e Liberazione, Cavalieri di Malta e di Tradizione, Famiglia e Proprietà."




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